Via Turonensis
Parigi – Tours – Camino del Norte
Capitoli:
- Copertina diario
- Perchè “Pellegrino” oggi?
- Dedica
- Al Pellegrino che si pone in cammino…
- Diario
- Cartina e tappe
- Fotografie
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“Al Pellegrino che si pone in cammino da Parigi sulla Via Turonensis e nel Camino del Norte in Spagna verso Santiago di Compostela”
- Considera che migliaia di pellegrini di ogni classe e condizione hanno percorso il tuo stesso cammino durante secoli. Anche tu calpesterai le loro orme, e dopo di te altri faranno lo stesso cammino, fai parte di una lunga Storia!
- Cammina con un bagaglio leggero, uno zaino ed una borraccia bastano, così nella vita, poche cose sono necessarie e solamente alcune sono imprescindibili.
- Passa da ostello a ostello senza pregiudizi né preconcetti, ricevi con umiltà l’ospitalità, lasciati accogliere senza esigenze e pratica la nobile virtù della riconoscenza ed il saluto cordiale, il rispetto, porta con gioia la tua precarietà.
- Sperimenta con tutta la tua anima ed in tutto il tuo corpo come, andando, si fa cammino. Che la stanchezza di ogni giorno non ti privi della gioia intima di sentirti pellegrino, il cammino ti affatica, però il tuo spirito si rinvigorisce.
- E così scopri come, facendo il cammino, il cammino ti forma, perché mai si cammina invano. Tu sei anche il cammino che fai!
- Ricorda che è durante il cammino che avviene l’insolito ed il salvifico! “Gesù andava ad un paese chiamato Nain…” “Scese a Cafarnao” “Attraversava alcuni campi seminati” “Di ritorno dal fiume Giordano entrò in un villaggio” “Scendendo dal monte si fermò in un posto piano” “Gesù in persona si avvicinò e si mise a camminare con loro…” Per questo ha potuto dire con verità: “Io sono il Cammino.”
- Sai che il pellegrino non è un turista né un vacanziere, sai che essere pellegrino è simboleggiare la tua uscita di casa, guarda che non si ritorna come si è usciti! E’ la tua propria anima che cammina.
- Cammina con gli occhi ben aperti pronti alla sorpresa ed alla ammirazione del mondo che percorri, allora non avere fretta, gioisci con il camminare, non affrettare i tuoi passi, non agitarti, tranquillizzati e prega.
- Se fate il cammino assieme, fatelo tollerabile, canta e rendi felici i passi dei tuoi compagni, rendi facile il camminare insieme, forse puoi fare nuove amicizie, consolidare quelle iniziate, rafforza i legami di amicizia.
- Visita con devozione i santuari del Cammino di Santiago indicati durante il percorso, cerca le vestigia del percorso, avvicinati al cimitero, al mercato ed alla piazza del paese, osserva gli usi locali, i monumenti, conosci la sua storia, le sue leggende, le sue tradizioni, prova la sua acqua, il suo vino ed il suo pane, conversa con la gente del posto, il pellegrinaggio è anche culturale, letterario, artistico, musicale, folclorico e gastronomico.
- Cerca per quanto possibile di seguire i vecchi cammini del pellegrinaggio: Attraversare quel vecchio ponte, riposare ai piedi di quella croce, bere a quella fontana, scendere al fiume, ascendere a quella chiesetta… e praticare i riti propri del pellegrino.
- Pensa infine, se tutto quello che stai sperimentando nel cammino non è in fondo se non una chiamata di Dio che ti invita a seguirlo per il “Gran Cammino”, quello della Vita…
ed ogni mattina recita al cominciare il cammino:
HERRU SANCTIAGU
GOT SANCTIAGU
ULTREYA E SUSEYA
DEUS ADIUVA NOS
ALLELUYA
Diario
Da Parigi a Santiago di Compostella camminando sulla Via di San Martino di Tours – 25 maggio / 27 luglio 2005
“Ma perché partire proprio da Parigi?” era una delle domande più frequenti che mi era rivolta: Sarebbe stato comodo e semplice rispondere: “Beh, Parigi era là, un poco più a Est di Chartres da dove, come prima intenzione, avrei voluto partire diretto a Tours, dove inizia la “Via Turonensis” verso Santiago di Compostela, ma non sarebbe stata una risposta veritiera; la decisione è stata leggermente più articolata, poiché il primo impulso fu di prendere il cammino dalla Cattedrale di Chartres, che, dedicata a Maria, ha sempre esercitato su di me una attrazione speciale. Durante la preparazione del pellegrinaggio, consultando libri, guide e tomi più o meno antichi come fa ogni pellegrino durante la stagione inclemente, una piccola frase che stava quasi per scivolarmi sotto gli occhi affaticati, mi colpì come un fulmine a ciel sereno.
“Se non ci fosse stata Maria, non sarebbe nato Gesù, e di conseguenza, tantomeno il Cristianesimo!”.
Orbene, il punto di inizio del pellegrinaggio che stavo pianificando mi apparve sotto una luce nuova e ne fui felice, poiché la cattedrale di Chartres da sempre è dedicata a Maria. Con le due guglie che si innalzano verso il cielo come braccia tese, velata dalla foschia e dal calore emanato dagli estesi campi di grano nella immensa pianura che si estende ai suoi lati, essa, passo dopo passo spunta all’orizzonte mentre si risale la bassa collina, riportando alla mente maestosi velieri che lentamente compaiono lontanissimi dagli orizzonti marini; mi attirava sopratutto come esempio di arte gotica con le sue meravigliose vetrate, eccelse opere d’arte che, quando sono inondate dalla luce del sole, fanno ammutolire dallo stupore qualsiasi persona
li ammiri, turista, pellegrino o studioso che sia. Ma la sensazione di un qualcosa di imperfetto, di non finito, restava, non mi dava tregua; mancava l’importante “Pietra Angolare” su cui ogni solida costruzione, di pensiero o di materia deve poggiare fiduciosa. Chartres era una città sul Cammino verso Santiago, ma non era il brulicante crocevia verso cui folte schiere di pellegrini si dirigevano per immettersi poi nei Cammini che li avrebbero portati agli innumerevoli Santuari che punteggiavano la Francia, dirigendosi poi a Santiago di Compostella, Roma o Gerusalemme! Notre-Dame di Parigi era il vero nodo viario dei pellegrini che provenivano dalle località della Lega Anseatica, da Bruges (ai tempi mercato mondiale dell’Occidente!), e dalla Niederstrasse proveniente da Colonia e Aquisgrana. Vie che sono indicate nei famosi “Itinerari di Bruges”, oppure nella “Carta Itineraria Europae”! Da Nord le rue St-Denis e St-Martin convergono alla Cattedrale da cui diparte poi la lunghissima rue St-Jacques che indirizzava a Sud-Ovest i pellegrini verso Chartres. Ecco ciò che mi mancava! Il grande ed importante luogo di aggregazione delle schiere di pellegrini diretti alla Via di San Martino di Tours era la Cattedrale di Notre-Dame di Parigi! Il senso di incompletezza svanì in un attimo e la decisione presa all’istante: Sarei partito dalla Cattedrale di Notre-Dame di Parigi il 25 del mese di Maggio, il mese dedicato a Maria incamminandomi sulla rue di Saint-Jacques verso Tours!!!
Notre-Dame de Paris |
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Santiago de Compostela |
Lunedi 23 Maggio 2005. Parigi Foyer Saint-Jean-Eudes. Rue Jean Dolent. 14ème. Tel: 01 44 08 70 00.
Acquistare il biglietto del TGV due mesi prima della data di partenza è stato quasi un atto di fede, ma controllando tutte le opzioni per raggiungere Parigi ed il Foyer (a 50m dalla rue St-Jacques, ed a 2,5 Km da Notre-Dame), è stata una soluzione lungimirante, ottimale e poco dispendiosa; solo 35 Euro, e 2 km a piedi dalla Gare de Lyon! Così è stato anche per ciò che è contenuto nello zaino, fatto e disfatto per settimane poiché non sono mai sicuro di portare solo lo stretto necessario. Con forbici e colla avevo perfino ridotto le necessarie cartine e guide ai minimi termini fin quasi ad eguagliare il peso delle calzature che avevo deciso di utilizzare: solo un paio di sandali e di trainers (neanche in Gore-Tex), per risparmiare peso. Partire da Parigi val bene qualche sacrificio (parafrasando un antico detto…), in termini di comfort, visto che mi dovrò portare il tutto per più di 1800 Km. In Francia il cammino sarà abbastanza pianeggiante, ma in Spagna nel montagnoso Camino del Norte, le dure salite e le conseguenti infide discese saranno cose di tutti i giorni, visti i profili e le altimetrie delle tappe, e se pioverà, camminerò con i sandali ai piedi all’aria aperta! Accompagnato da Alice, mi avvio lungo il marciapiedi della Stazione Centrale di Milano a prendere il TGV, filante e moderno mezzo di locomozione che mi porterà, con un iperbolico slancio di immaginazione, fin quasi nel cuore della antica Gallica Lutetia… Con trenta minuti di ritardo vengo depositato nella Gare de Lyon, e, poco dopo, risorgendo alla luce del sole, eccomi alle prese con una città trafficatissima e rombante! … Mese di Maggio, ma fa un bel caldo qui fuori mentre mi dirigo, cartina alla mano, al Pont d’Austerlitz per attraversare la Senna. Lo zaino pesa circa dieci kg e già lo sento come una pena; «colpa del caldo umido» mi dico mentre prendo il Boulevard de l’Hôpital; ecco a destra il bd Saint-Marcel e il bd Arago, ed a sinistra la rue de la Santé che costeggia la Maison d’Arret (Casa circondariale), e giusto a destra, voilà la rue Jean Dolent con all’angolo il Foyer. Proprio a tempo, mi dico mentre entro nella piccola hall, poiché fuori, con il sole a picco, fa un caldo opprimente. L’addetto alla reception cerca con impegno la mia prenotazione che non riesce a trovare; probabilmente si sono dimenticati di registrarla visto che sono in parecchi che si alternano ai vari turni. Attimi di ansiosa attesa mentre si scorrono le pagine del registro, ma del mio nome non vi è traccia. «Nessun problema», mi dice una giovane suora giunta a dar manforte al ragazzo, «Questa camera si è liberata ieri ed è quella che fa al caso suo». Mi porge le chiavi sorridendo, e sparisce come è comparsa. Le chiavi sono di tipo magnetico mentre per rientrare dalla porta principale vi è un codice di accesso, per cui ho ampia libertà negli orari per uscire e rientrare anche a tarda ora nella bella cameretta, con servizi e doccia all’interno, che dà sulla via e sulla Maison d’Arret. In un attimo sono sotto al getto tiepido che mi tonifica quindi, messomi un poco più in libertà, cartina alla mano esco per dirigermi una prima volta alla Cattedrale di Notre-Dame, risalendo la rue Saint-Jacques. Giusto a metà strada, ecco a sinistra la Chiesa di Saint-Jacques du Haut-Pas! (la Chiesa di San Giacomo di Altopascio). Proseguo verso Notre-Dame, ed ecco passati i due ponti, il grande “Parvis”, da dove, simbolicamente, hanno inizio tutte le strade di Francia, almeno cosi recita una targa in bronzo…. Il sole ora gioca a rimpiattino con nubi nerastre, così mentre entro nella grande Cattedrale, l’ambiente si oscura non poco. Mi reco subito alla Sacristia dove un sacerdote mi pone il timbro sulla Credenziale, ricevendo i suoi fervidi auguri di buon cammino, ed eccomi, pellegrino, a gironzolare con il naso per aria nella grande navata gremita di turisti che rischiarano con i loro flash le alte volte. Finalmente posso fare una foto a Nostra Signora di Parigi, la statua della Vergine con il Bambino. Da qui, inizio ora il mio pellegrinaggio verso la lontanissima Santiago! Dopo la visita alla sala del Tesoro, mi attardo nella grande piazza del Parvis scattando parecchie foto; il tempo si sta guastando e non vorrei che domani si mettesse a piovere vietandomi la necessaria luce per poter fotografare l’imponente facciata con il Portale della Vergine e la Galleria dei Re. Ritorno alla chiesa di Saint-Jacques du Haut-Pas per farmi apporre il suo timbro sulla Credenziale da un chierico di origine uruguayana. A destra vicino all’altare vi è una bella Pala in legno di noce scolpito raffigurante San Giacomo che si rivolge alla Vergine col Bambino, con degli angeli che gli pongono una corona sulla testa, mentre sulla sinistra vi è una antica statua in pietra di San Giacomo. Nella chiesa vi è anche l’organo meccanico più antico e bello di tutta Parigi. Accanto alla chiesa, vi è il sito dell’Institut National des Jeunes Sourds, che occupa quello un tempo era un antico Ospedale dei pellegrini tenuto dai Frati di San Jacopo di Altopascio, motivo che spiega la dedicazione della chiesa. Ricordandomi di cose più prosaiche, e giusto pochi minuti prima della sua chiusura, mi infilo in un piccolo supermercato dove compero il necessario per la cena e per la colazione dell’indomani (pane e formaggio con un litro di birra per annaffiare il tutto a cena, ed un litro di latte con del pane al cioccolato per colazione). Alle 21 dopo un’altra doccia, sono sotto le coltri, mentre dalle piccole finestrelle della Maison d’Arret, i detenuti inviano, a voce, saluti e notizie a familiari ed amici in attesa nella via sotto le mura.
Martedi 24 Maggio 2005. Parigi.
Se il buon giorno si vede dal mattino, oggi sarà decisamente bello e splendente; il cielo è rosato e limpido, mentre il sole, che ancora non vedo, è sorto da parecchio tempo, e ancora non scalda l’aria frizzante che entra dalla finestra. Sono le 07 di martedì 24 maggio ed è il giorno dedicato alla visita dei luoghi più emblematici di Parigi… o almeno cosi spero. Dopo la frugale colazione mi dirigo alla rue Saint-Jacques risalendola verso Notre-Dame, fino ad arrivare ad una casa dove abita un amico; Alain Pillepich, uno studioso della vita di Napoleone Bonaparte. Valente scrittore, ha da poco dato alle stampe un volume dedicato all’Imperatore dal titolo “Napoleone e gli Italiani”, edito in italiano ad opera de “Il Mulino”, mentre un primo volume riguardante Milano (città dove ha trascorso molti anni della sua giovinezza in quel di Greco), dal titolo “Milan capitale Napoleonienne”, risale al 2001. Sono le 09 quando, spinto dal poco tempo a disposizione, suono alla sua porta. Ho alcuni documenti da consegnarli datemi dai Podisti di Greco, così quando mi accoglie nella sua casa è felice di avere notizie dai lontani amici, ed io di rivederlo dopo alcuni anni. Il tempo è tiranno, cosi mi trattengo solo una ventina di minuti nella sua bellissima casa letteralmente tappezzata da libri e foto, tra le quali alcune in cui è ritratto, ragazzino, a Greco! Salutandomi, mi augura buon cammino mentre prendo la direzione della Tour Eiffel distante 3,5 Km. Ho deciso di fare il tour interamente a piedi e quando arrivo davanti all’Esplanade des Invalides, il cielo si popola di nubi lattiginose; la mia meta, non è il Dôme dove nella cripta vi sono i resti di Napoleone, ma è la Tour Eiffel, cosi raggiungo il Campo di Marte, scorgendola da lontano, altissimo ago puntato al cielo. Si alza anche una brezza fresca e maligna, e quando dopo una coda di 45 minuti prendo l’ascensore per il terzo piano, è con una certa apprensione che mi dico; «Farà un freddo cane lassù a 274 m di altezza, ed io ho lasciato il micropile al Foyer!». Velocemente vengo portato in alto, da un silenziosissimo ascensore, pressato come una sardina in scatola tra giapponesi, spagnoli, inglesi, ed americani panciuti. La terrazza panoramica del terzo piano è riscaldata per mia fortuna, così mi dilungo a fotografare da tutti i punti cardinali l’immensa città ai miei piedi. È una spettacolo grandioso, e solo il cielo lattiginoso toglie spettacolarità alla scena. Delle raffiche di vento fanno dondolare la Torre, ma è poca cosa, e me ne accorgo solo quando uso il teleobiettivo. Discendo dopo circa mezz’ora, assieme ad una scolaresca dove un ragazzo colto dal panico da vertigine, viene affettuosamente incoraggiato da tutti i suoi compagni, specialmente da numerose ragazzine che lo sbaciucchiano, così, mi resta il dubbio sul panico…Passo il Pont d’Iena sulla Senna dirigendomi ai Jardins du Trocadéro, e da qui, altra robusta scarpinata alla Place Charles de Gaulle dove sorge l’Arc de Triomphe e si dipartono dodici grandi viali come la grande Avenue des Champs Élysèes verso Place de la Concorde. Anche qui mi dilungo un poco sotto il grande Arco, ma non mi è possibile salire alla piattaforma panoramica essendoci dei lavori di manutenzione in corso. Mi avvio verso il lontanissimo Obelisco di Luxor la cui punta dorata brilla, illuminata dal sole, alla fine dei 2 km di rombante arteria quale è oggi l’Avenue des Champs Élysées! Sono le 16 quando mi siedo su una panchina delle Tuilieries avendo di fronte la piramide di vetro del Museo del Louvre; il vento spira a raffiche, ma la temperatura è resa tollerabile dal sole che splende. Volgo i passi verso la Sainte-Chapelle per la doverosa visita, venendo dissuaso ad entrare da una lunghissima coda che inizia quasi al Pont au Change!! Dato che ieri non ho avuto abbastanza tempo, e vorrei vedere la Corona di Spine custodita nella Sainte-Chapelle, entro di nuovo nella Cattedrale per informarmi all’addetto alla biglietteria del Tesoro. Gentilissimo, mi dice che è possibile vederla solo il 1° venerdì del mese, tutti i venerdì di quaresima ed il Venerdì Santo! A malincuore, mi avvedo che per visitare Parigi, o almeno alcune importati chiese o monumenti inerenti al pellegrinaggio, avrei dovuto pianificare almeno due giorni di permanenza… Mi attardo ancora un poco nel grande Parvis, poi riprendo la rue Saint-Jacques poiché alle 18,30, vi è la S.Messa nella chiesa di Haut-Pas. La temperatura è decisamente fresca, cosi faccio una piccola deviazione per acquistare un Kway da indossare, come oggi, con il vento freddo, ed una sosta in un supermarket per le necessarie cibarie per cena, colazione e per la prima tappa di domani. Entro nella chiesa di Saint-Jacques du Haut-Pas alle 18,20 con delle ingombranti borse della spesa da dove spuntano le immancabili “baguette”, ma nessuno ci bada troppo, ed alle 19,30 rientro al Foyer sentendomi pronto, anche in spirito, per intraprendere il lungo cammino dell’indomani.
Mercoledi 25-05-05. 1ª Tappa: Parigi – Abbaye de Limon (Vauhallan). Km 23. Abbaye de Limon St-Louis de Temple. Sœur Mireille. Tel: 01 69 85 21 00.
La sveglia è impietosa ed alle 06 suona, tagliando il giusto finale ad un bel sogno; primo sguardo al cielo (come farò per ogni mattina a venire), traendone ottimi auspici. É ancora abbastanza buio, ma vi è un bel color rosa tenue, nessuna nube e la temperatura è frizzante. Colazione con latte a temperatura ambiente e pane al cioccolato, ed alle 7,30 sono in strada diretto alla rue St-Jacques con gioia mista a grande curiosità per il nuovo cammino che sto intraprendendo! Risalgo la rue Jean Dolent, ma quando arrivo alla Place Denfert-Rochereau, devo indossare il Kway essendo la temperatura troppo fresca. L’orario è proprio quello delle ore di punta, ed alla Porte de Châtillon, il grande Boulevard periferico mi sembra un termitaio di vetture, al quale non vedo l’ora di scampare, ed appena posso, svicolo in una piccola avenue parallela, dirigendomi verso il grande anello della N 385 che cinge la città, per entrare nell’immenso polmone verde della Forêt de Verrières, al Carrefour de l’Obélisque. Lo zaino è molto pesante dato che ora indosso solo maglietta e pantaloncini e per di più, vi sono i viveri ed un litro e mezzo di CocaCola. Cammino con i sandali con i quali ho percorso già più di 400 Km, e qui sull’asfalto sono ideali, lasciandomi i piedi perfettamente asciutti e ventilati. Le cartine di cui sono dotato mi sono di enorme aiuto, specialmente quelle della periferia Sud-Ovest di Parigi, acquistata usata tramite Internet e praticamente introvabile da nuova. Quando raggiungo il Carrefour des 4 Arpents, dopo aver percorso un pezzo di sentiero malagevole attraverso un bosco per arrivare al ponte che supera l’autostrada, sento il classico pizzicore al fianco della pianta del piede destro; il sandalo, lasciato troppo lasco per camminare in piano sull’asfalto, qui sugli scoscendimenti, mi ha provocato una piccolissima, ma maligna vescica. Sosta immediata presso una provvidenziale panchina ed a fatica data la posizione, la dreno con ago, filo e Betadine, riparandola con un cerotto di carta. Operazione perfettamente riuscita, così riprendo il cammino lungo l’infinita arteria verde diretto verso Igny e Vauhallan. Vi è parecchia gente che porta a spasso l’amico a 4 zampe e frotte di bikers, tra cui alcuni baffuti, la cui pancia poggia desolatamente quasi sul canotto della bici…Ah, la Cuisine Français! Nessuno saluta il pellegrino, ma di questo ero stato gia messo sull’avviso alla Sacristia di Notre-Dame, quando il sacerdote si mostrò sorpreso di trovarsi davanti un pellegrino in partenza da Parigi…A volte il largo viale, ombreggiato da enormi querce e più modesti lecci come una lunghissima navata, si apre ad altri viali provenienti da destra e sinistra, continuando poi con tratti di asfalto, per terminare inopinatamente in una curva a sinistra, ad un malconcio cartello, indicante Igny verso uno dirupo di terra e foglie, con il sentiero appena accennato, che si restringe al fondo di un largo fosso. Uno sguardo perplesso alla cartina ed alla bussola, mi convincono che il giusto cammino è da quelle parti, così discendo il fossato, ritrovando 500 metri più avanti gli esatti riferimenti sulla guida descrittiva, dato che la cartina fisica ha terminato proprio qui la sua funzione. Da qui mi dirigo all’Abbazia di Limon entrando in Vauhallan, proseguendo lungo lo Chemin de Limon, poi scorgendo lontano in alto alla collina, la sagoma dell’Abbazia, la raggiungo con qualche dubbio a degli incroci non descritti dalla guida. Molto estesa, essa è posta sulla collina in posizione amena in aperta campagna; sono le 12,30, ed all’Accueil vi è un cartello che dice di non suonare al campanello, poiché fino alle 12,50 vi è la S.Messa, così mi siedo sui gradini a chiacchierare con un giovane prete di colore finchè non arriva Soeur Mireille, una giovane suora addetta all’ospitalità. Mi accompagna alla Maison Saint-Benôit, poco discosta dall’Abbazia, dove è il rifugio per i pellegrini avvisandomi che alle 16,30 arriveranno Andrea e Jean (una coppia di coniugi amici pellegrini conosciuti durante il pellegrinaggio del 1999 sulla Via Podensis), a farmi visita. Il rifugio è bello, situato in una dèpendance con un ampio giardino a disposizione; all’interno vi è la cucina con un saloncino, una camera con due comodissimi letti al piano superiore, ed i servizi con una cabina doccia veramente originale, ma perfetta! Una caldissima doccia, quindi mi medico la piccola vescica con un nuovo cerotto, poi velocemente il bucato, ed il parco pranzo consistente in pane, Camembert (quasi liquido), con acqua; un vero e proprio pranzo da pellegrino d’altri tempi! Alle 16,30, ecco Andrea e Jean che entrano nel piccolo giardino; il tempo sembra non sia passato sulle loro persone, ed il ricordo che avevo di loro è perfetto. Seduti all’ombra ci dilunghiamo piacevolmente sui ricordi e sugli avvenimenti di questi anni, rinnovandomi gentilmente l’offerta di essere loro ospite domani sera, così, accettando, spiego loro la situazione dell’alloggio a Chevreuse: Avevo avuto un contatto telefonico con il Presbytère di Saint Martin a Chevreuse, ed il parrocchiano che mi aveva risposto dicendomi che non vi era possibilità di alloggiamento alla parrocchia, mi aveva assicurato che sarebbe stato felice di ospitarmi a casa sua. Naturalmente avevo accettato ringraziandolo, ma poco prima della partenza per Parigi, contattandolo al cellulare, mi informava che per sopraggiunte difficoltà non poteva mantener fede alla parola e che avrebbe fatto di tutto per assicurarmi un alloggio presso altri parrocchiani richiamandomi al più presto. Va da sé che non gli fu possibile tener fede alla promessa, così mi ero convinto di dover alloggiare all’Hôtel Auberge du Château a Dampierre-en-Yvelines, ma ecco che la Provvidenza mi invia questi due carissimi amici, ed in più, con mia grande gioia, Andrea mi assicura che domani verrà a farmi da guida per tutta la tappa fino a Chevreuse, mentre Jean al pomeriggio verrà a prenderci allo Château della Madeleine con la vettura! Ci salutiamo alle 19, dandoci appuntamento per domattina alle 08, recandomi poi a cena con l’Abate ed un gruppo di pensionanti della terza età, ed al termine, alle 20, alla recita di Compieta con tutti i religiosi presenti tra i quali il gruppo di suore che cantano in maniera splendida in quella chiesa spoglia e raccolta, ma dall’acustica perfetta. Alle 22, dopo aver ritirato il bucato perfettamente asciutto e profumato dai fiori di campo, mi infilo nel nuovo sacco a pelo di peso ridottissimo che ora sarà messo alla prova nel darmi una temperatura ottimale per un riposo perfetto!
Giovedì 26-05-05. 2ª Tappa: Abbaye de Limon (Vauhallan) – Chevreuse. Km 19. Ospite di Andrea e Jean; Amici pellegrini ed Ospitalieri del Cammino di St-Jacques a Cahors.
Ancora non ho il ritmo del Cammino, e svegliarmi alle 6,30, dopo un quieto sonno campagnolo è abbastanza dura, ma è tempo di darmi da fare poiché alle 7,15 devo essere alle Laudi (come promesso a Soeur Mireille), ed allora via con le abluzioni mattutine come dovrò fare per i prossimi due mesi, quindi colazione con latte, pane e formaggio (alleggerendo così lo zaino consistentemente), presentandomi puntuale in chiesa dove arrivano silenziose tutte le suore con in testa l’Abate. Al termine vengo salutato da tutti loro e da alcuni parrocchiani, trovando nel cortile, Andrea già pronta con lo zaino in spalla. Ultimi accordi con Jean per il rendez-vous del pomeriggio a Chevreuse, ed eccomi di nuovo in cammino con Andrea alla guida in questa parte d’Yvelines che conosce a menadito, dato che la percorre molte volte in bicicletta con Jean ed altri amici. Alle 08 ci inoltriamo sul tracciato di sentiero della GR 655 diretti alla valle della Chevreuse. Il giorno è caldo e leggermente ventilato, con poche nuvole bianche dal rassicurante aspetto amichevole, così chiacchierando amabilmente raggiungiamo ben presto la zona dell’École Politechnique in alto all’acrocoro; la costeggiamo fino a prendere una lunga scalinata di larghi gradini che ci porta decisamente in basso, mentre frotte di studenti la risalgono provenienti dalla sottostante Gare de Lozère. Abbandoniamo a volte il tracciato della GR con Andrea che mi conduce con sicurezza, percorrendo amene stradine attraverso l’urbanizzazione della Chevreuse. Passando sotto la N118, arriviamo ad un pittoresco laghetto bordato da grossi platani popolato da svassi e folaghe, dove facciamo una prima sosta accanto ad una fontanella. Andrea mi dice che è da parecchio tempo che non percorre sentieri a piedi, dato che si dedica come Jean, a lunghi tour in bicicletta in compagnia di un folto gruppo di amici, e solo raramente usa gli scarponcini da trekking; però vedo che tiene perfettamente il passo, e quando glielo faccio notare, ride allegramente. Andrea e Jean, li incontrai la prima volta nel lontano ‘99 nel rifugio di Livinhac-le-Haut, sul cammino della Via Podensis, pochi giorni dopo Le-Puy-en-Velay, dove ero fermo per una forma di tendinite alla gamba destra; gentili e gioviali erano in compagnia di un giovane amico di cui ho dimenticato il nome, poi una seconda volta al rifugio di La-Cassagnole, una terza al rifugio di Cajarc quando al termine di una copiosa cena, Andrea mi offrì un dolce alla mela che apprezzai moltissimo, ed infine al Foyer de Jeunes en Quercy di Cahors, con Jean dolorante al ginocchio per una caduta sul sentiero che li costrinse, a malincuore, a fermarsi alcuni giorni ed a prendere poi il treno per Saint-Jean-pied-de-Port riprendendo il cammino, ed ora ecco che siamo di nuovo insieme come nel lontano ’99, sebbene soltanto per un giorno. Il cammino dona delle splendide amicizie che nonostante la lontananza ed il trascorrere inesorabile del tempo, restano intatte e ricche di piacevoli ricordi. Ripartiamo camminando accanto al campus del Ginnasio di Bures-sur-Yvette, frequentato da giovani, sciamanti nei prati durante l’intervallo o a passeggio ai bordi dell’Yvette, il fiumicello che attraversa tutta la vallata. Il percorso si rivela parecchio tortuoso addentrandosi a volte in piccoli sentieri che bordano bellissime casette bordate da fiori di ogni tipo e colore o piccoli orticelli ben tenuti, giungendo alla sua bella chiesa. Passando per Gif-sur-Yvette, proseguiamo verso St-Rémy-lès-Chevreuse visitando la sua chiesa dedicata a St-Rémy, dove un bel dipinto lo raffigura nell’atto di benedire un pellegrino, con bordone e conchiglie sul mantello, in procinto di partire verso St-Jacques, ma vi è anche una splendida vetrata raffigurante San Martino a cavallo nell’atto di porgere il mantello ad un povero. La chiesa è molto fresca, cosi ci tratteniamo un poco prima di riprendere il cammino verso Chevreuse, diretti allo Château della Madeleine, dove Jean verrà a riprenderci. Si è alzato un vento teso ma caldo, e quando alle 15 arriviamo allo Château, ci dirigiamo alla Maison du Parc per visitare il Maniero; visto che siamo pellegrini, la signorina alla reception ci permette di entrare gratuitamente in questo ben restaurato Château che è divenuto la sede del Parco della Chevreuse. Si gode una splendida vista dell’abitato ai nostri piedi con la chiesa proprio sotto alle poderose mura, mentre le case sembra che siano addossate le une alle altre, tanto strette sono le viuzze! Jean arriva con un poco di ritardo avendo forato un pneumatico e penato non poco per trovare un gommista, ma alle 17 siamo nella loro bella casa di Les Ulis, un quartiere modello nella Valle della Chevreuse, con molte strade sopraelevate per i pedoni, mentre le vetture scorrono in arterie a loro dedicate. Una bel giorno che si conclude attorno alla tavola, rammentando particolari del pellegrinaggio sul Cammino di Le-Puy, addentrandomi poi ad illustrare quello che sarà nei giorni a venire il mio percorso, qui in Francia e poi in terra di Spagna.
Venerdi 27-05-05. 3ª Tappa: Chevreuse – Rambouillet. Km 22. Paroisse Catholique de Rambouillet. 46 rue Gambetta. le Curé Père Guy Lecourte. Tel : 01 34 57 36 32.
Alle 6,30 è Andrea che mi sveglia da un buon sonno, ed è già tempo di prepararmi per la tappa di oggi, non lunga, verso la città di Rambouillet, camminando sulla D58 fino a Dampierre-en-Yvelines, e da lì poi, prendendo la GR 1c, fino a scendere alla Abbaye de Vaux de Cernay. Dopo colazione, ringraziandoli per l’ospitalità e la bella giornata trascorsa insieme, saluto Jean, mentre Andrea prende la sua storica 2CV per riaccompagnarmi alla chiesa di Chevreuse dove riprenderò il cammino. La chiesa è chiusa (sono le 7,50), così ci salutiamo in un giorno che si preannuncia limpido e baciato dal sole, dandoci appuntamento quando e dove Dio lo vorrà. Eccomi alle 08 camminare sulla D58 ombreggiata e fresca, con poche vetture in circolazione; prima sosta, per cospargermi di crema solare, davanti ad un grande parco dove il bellissimo Château de Mauvières fa mostra di sé. Poco dopo Dampierre-en-Yvelines, prendo a destra una diramazione per l’abitato di Fourcherolles, situato in una piccola valle alla destra della D91, appena passato il grande bacino d’acqua di fianco alla Château d’Yvelines. Sarebbe stato più semplice e comodo camminare sulla D91 fino all’incrocio con la D24 e poi risalirla, ma desidero seguire la descrizione della guida che mi porta in alto all’acrocoro, attraverso piste e sentieri, sicuro che la bussola mi terrà sulla giusta direttrice in mancanza di chiare segnalazioni, dato che sono provvisto di una buona carta IGN al 25000 raffigurante GR e sentieri che più o meno corrispondono alla guida. Ampi sentieri o disagevoli tracce mi conducono al bordo del profondo intaglio dove, al fondo ed ancora celata alla vista, si cela la Abbaye de Vaux, ora trasformata in Club-House di un grande campo di golf. Discendo ripidamente attraverso grossi massi e radici di contorti pini, fino a raggiungere l’alto muro che dispettosamente cela la vista della Abbazia. Una errata dicitura della guida e segnali ambigui mi fanno perdere 20’ di cammino, poi una attenta rilettura della cartina con la bussola, mi riporta sul giusto percorso, incrociando una coppia di ragazze anche loro con difficoltà di orientamento. Da una breccia nel muro, rubo una foto alla Abbazia, poi mi dirigo sulla D24 verso le Vaux de Cernay risalendo il costone di fronte all’entrata principale dell’Abbazia. È il mese di maggio ma a mio giudizio il caldo è eccessivo e l’acqua, calda nella bottiglia, è già calata vistosamente. Raggiungo La Tuilerie, ed una grande piana coltivata a mais si presenta davanti ai miei occhi intorno alla costruzione dell’Office National de la Chasse a Saint-Benoît, poi, Les Brûlins dove vi sono delle grandi serre ortofrutticole, entrando quindi in Vieille-Église-en-Yvelines, grosso borgo situato a pochi Km da Rambouillet. Il trillo imperioso del telefono tenuto acceso mi riporta nella società appena lasciata, ma quando leggo lo scarno messaggio mi devo fermare sedendomi sulla radice di un albero. L’amico Rino non è più, il malefico male contro cui combatteva coraggiosamente da molto tempo, gli ha tolto la vita strappandolo alla famiglia, ai suoi cari, a Jacopo, a me che lo avevo esortato, poco prima di partire, a non cedere alla malattia. Da tempo il maligno nemico aveva messo in opera tutta la sua nefasta e subdola potenza per vincerlo, se non nello spirito mai domo, nel fisico, affaticato da tante battaglie fino ad oggi caparbiamente vinte. Profondo è lo sconforto che mi prende ora, e la rabbia contro l’ingiusto destino, non trova il bersaglio dove sfogarsi! Vana è stata la promessa di pregare per la sua guarigione? Vane sono state le preghiere fino ad oggi recitate? « Non può essere», mi dico, l’affetto non accetta la perdita, ma la fredda e cruda realtà avrebbe dovuto prepararmi a questo, rivedendo ora il suo viso teso nell’immane sforzo della lotta, durante l’ultima virulenta fase della malattia. Mi incammino di nuovo, molto meno sicuro del valore delle mie preghiere, stringendo in mano il piccolo rosario che, egli stesso e Liliana sua moglie, sempre al suo fianco tenera e forte, mi avevano regalato al ritorno del pellegrinaggio a Mont-Saint-Michel. Arrivederci caro Amico, questo pellegrinaggio appena iniziato sarà dedicato a te, ed ogni giorno questi piccoli grani scorreranno fra le mie dita, offrendo preghiere per la tua anima. Entro nella periferia di Rambouillet dirigendomi alla Gare, nelle cui vicinanze dovrebbe trovarsi la Parrocchia di Saint-Lubin; così è infatti, ed è proprio Père Lecourte che mi accoglie. È ritornato stanotte da un pellegrinaggio in Terrasanta con una quarantina di parrocchiani, e sebbene ancora un poco affaticato mi accoglie calorosamente in canonica. Dopo la doccia esco per comprare i viveri per il pranzo, la cena e per l’indomani, rendendomi conto solo ora che finora ho bevuto più di 4 litri di bevande! Alle 15 pranzo con due panini, poi un breve riposo ed alle 19, assieme a Padre Lecourte mi reco alla Cappella dell’Ospedale per la S. Messa con un folto gruppo di parrocchiani che vi partecipano vivamente ed ai quali vengo presentato da Père Lecourte ricevendo incoraggiamenti ed auguri di buon cammino. Dopo una parca cena con pane, salame, birra, una mela e la stesura del piccolo diario, ammiro il crepuscolo che alle 22 ancora tinge di rosa i tetti delle case. Mi addormento così su un buon materasso appoggiato sul vecchio parquet (dato che la rete del letto è troppo cedevole), di questa canonica che ospita 3 o 4 sacerdoti estremamente indaffarati nella cura delle anime, impegno che li obbliga a numerosi spostamenti giornalieri da un villaggio all’altro di questo dipartimento, ed a mezzanotte, in questo caposaldo di parrocchie ritorna finalmente il silenzio.
Sabato 28-05-05. 4ª Tappa: Rambouillet – Epernon. Km 19. Couvent Prieuré Saint-Thomas. Tel: 02 37 83 60 01.
Lentamente mi abituo a dormire ogni notte in luoghi ed ambienti dei più diversi e disparati, ed ogni volta, devo ricordarmi dove sono i servizi o il locale della cucina per la colazione; così è anche per oggi, e dopo aver fatto colazione in cucina con ½ litro di latte, croissant, e marmellata con succo d’arancia lasciatomi nel frigo da Padre Lecourte, alle 7,30 parto lasciando un biglietto di ringraziamento ed il doveroso donativo sul piccolo tavolo della cucina comunitaria. Trovo delle piccole difficoltà ad uscire da Rambouillet per via di cartelli ambigui, ma alla fine, attraversando una grande piazza già ingombra di bancarelle del mercato rionale, giungo davanti al cancello di accesso del grande parco che, attraversandolo, mi permetterebbe di camminare in un bellissimo habitat giungendo fino alla Grille de Guéville. Sfortunatamente è chiuso, per cui decido di prendere la D906 che, alberata da grossi platani, costeggia le sue mura. La D906, segnalata anche come GR1, la seguo fino alla Grille de Guéville, poi, lasciando la D906 a destra, seguo a sinistra la GR1 (che mi porterà a Guéville), rientrando sulla D906 alla Maison Forestale di Le-Buissonet. La cartina mi indica che più avanti posso prendere una stradina a sinistra che mi porterebbe nelle vicinanze dello Château de Voisins, costeggiando il lago e la Rivière de Gueville, e poi proseguire su una GRP (Promenade) fino a La Bellanderie, ma dopo circa un Km di bella stradina ombreggiata e silenziosa, essa termina senza alcuna possibilità di scelta davanti ad un grande cancello con divieto di entrata, essendo di proprietà privata! Sono costretto a rientrare sulla D906 all’altezza del Moulin de Reculée, proseguendo fino a Saint-Hilarion, dove un cartello indica la pregevole chiesa del XII° secolo; mi avvalgo della corta tappa e del tempo ventilato e fresco, per poterla visitare, ma, come consueto lungo il cammino, trovo la chiesa chiusa. Torno sulla D906 lasciandola poi per una variante verso il villaggio di Droue-sur-Drouette, una piccola stradina che corre in basso nella valle, evitandomi il (poco) traffico della D906. A ridosso del bosco una bella capanna in legno, posto di attesa per l’autobus, mi offre riparo dal sole ed una comoda panchina per lo spuntino di mezzodì, ed anche un buon posto di osservazione dei gruppuscoli di ciclisti che sfrecciano davanti a me. Vi sono anche dei podisti che provano a rientrare a casa per l’orario di pranzo, ma dai loro visi accaldati e paonazzi, non proviene alcun cenno di saluto al pellegrino che li osserva; effettivamente, finora non ho incontrato nessun randonneur, tantomeno un pellegrino, forse esemplari molto rari da queste parti! Riparto per raggiungere Epernon, ed alle 12,30 suono alla porta del Prieuré, poco fuori il villaggio, che mi viene aperta da una gentilissima suora dell’Ordine delle Soeurs du Christ. Vengo accompagnato ad una nuova cameretta e dopo una rinfrescante doccia, compilo il diario nel grande parco dove trovo tanti ragazzi intenti a passeggiare o a giocare, poiché questo è anche un grande centro di ritrovo per giorni di ritiro o di preghiera per gruppi di tutte le età. Epernon è una bella cittadina, ma non vi è molto da vedere, però nella chiesa di Saint-Pierre, aperta, trovo una preziosa statua lignea raffigurante l’Arcangelo Michele, che mi è particolarmente caro. Dopo le compere in una epicerie, rientro al Prieuré ritirandomi in cameretta per riposare, scendendo più tardi nella piccola e moderna Cappella per pregare e meditare. A sera, in una sala appartata dagli altri ospiti, mi viene servita una supercena consistente in zuppa di verdure, pasta al ragù, un variegato piatto di salumi e prosciutti con differenti tipi di formaggi, il tutto con dell’ottimo vino rosso, quindi, come dessert, una generosa porzione di torta alla marmellata di fragole! Anche se la tappa era stata corta e non ero particolarmente affamato, non potevo rimandare le (generose) portate gustandole appena, così, da buon pellegrino e ringraziando queste gentili e solerti suore, feci onore a tutte le vivande rimandando i piatti debitamente vuoti; il risultato fu che prima di coricarmi, dovetti fare una robusta passeggiata nelle solitarie vie di Epernon!!
Domenica 29-05-05. 5ª Tappa: Epernon – Chartres. Km 29. Auberge de Jeunesse. 23 Avenue Neigre. Tel : 02 37 34 27 64. Fax : 02 37 35 75 85.
Dormito abbastanza bene, nonostante i postumi della cena luculliana (per un pellegrino!), ed alle 07, dopo la colazione con ½ litro di latte e dei croissant acquistati ieri (la colazione qui veniva servita alle 8,30), parto dopo aver salutato la gentile suora che ieri mi aveva accolto. Cammino sulla D906 assolutamente deserta, diretto alle poche case di Le Paty passando sotto alla linea ferroviaria seguendo la cartina IGN (mentre la guida Lepère si rivela fallace facendomi sbagliare percorso), in direzione del villaggio di Houx dapprima, e di Yermenonville poi, camminando su una pista in erba che diviene una piccola compartimentale accanto alla strada ferrata. Sembra proprio il Day After; non vi è nessuno in giro, ma è domenica, ed ormai so perfettamente che in Francia, alla domenica e su queste compartimentali, potrei camminare anche in mezzo alla strada sicuro di non trovare una autovettura fino alle 11, orario in cui ricomincia un discreto traffico veicolare. Il tempo da bello, lentamente vira verso il peggio con plotoni di nubi grigiastre che deprimono i paesaggi. Pattuglie di ciclisti che indossano le mantelline antipioggia mi fanno pensare che è tempo di preparare il necessario, e quando è il momento, sono solo pochi goccioloni che bombardano la polvere del sentiero. Camminando sulla dipartimentale, le altissime guglie della Cattedrale di Chartres spuntano lentamente mentre risalgo il dolce vallonamento dell’immensa pianura coltivata a grano, inizio della regione della Beauce, granaio di Francia. Sono stato avvisato da Mr. Jacques Chevallet, il presidente de Les Amis de St-Jacques di Chartres, che il rifugio, situato vicino alla Cattedrale, è al momento inagibile, e che egli stesso verrà a prendermi al rifugio per incontrarmi, e portarmi all’Auberge de Jeunesse, non molto distante dalla stessa Cattedrale. Arrivo alla Cattedrale, situata sulla collinetta che domina la città vera e propria, lungo un boulevard di platani spazzato dal vento. Entro immediatamente nella navata centrale attraversando il Portail Royal, ed all’istante comprendo che è uno dei giorni più sfortunati per ammirare la Cattedrale di Chartres! Tutto l’interno della Cattedrale si trova gravato da una oscurità deprimente, e le bellissime vetrate dei Rosoni, sono mortificate dal cielo plumbeo; solo una luce cinerea e smorzata filtra attraverso esse, e temo che anche per il pomeriggio non vi sarà il sole a baciarle. Vi è una splendida statua in legno di pero raffigurante la “Vergine Nera”; raffigurazione di una donna con un bimbo (risalente alla cultura Celtica), che, quando fù ritrovata dai primi cristiani, ormai annerita dal tempo, venne venerata come effige della Madonna, erigendo qui una chiesa dedicata a lei. Il pavimento della navata, è intarsiato dal grande “Labirinto”, di epoca Medioevale, che raffigurerebbe il cammino di redenzione che deve compiere colui che cerca la perfezione e la conoscenza. Il Rituale dei secoli scorsi, voleva che il pellegrino percorresse fino al centro i suoi 262m di sviluppo, per ottenere le indulgenze, ed inoltre, equivaleva al pellegrinaggio in Terra Santa! Mi trattengo un’ora circa cercando di fare alcune foto, poi esco recandomi al rifugio in rue Chantault a circa 300m. Pochi minuti di attesa dinanzi al grande immobile del rifugio (i cui problemi di agibilità sono dati unicamente dall’adeguamento dell’impianto elettrico), ed ecco M.Jacques giungere a bordo di una vettura; gentilissimo e cordiale, mi porta rapidamente all’Auberge de Jeunesse a circa 800m di distanza dalla Cattedrale, dove vengo accolto con sollecitudine e cortesia. Il disbrigo delle pratiche è rapido, e mentre comincia a piovere ben bene, posso farmi una gradita e caldissima doccia. Sono già le 17 quando riprendo la via per ritornare alla Cattedrale sotto una moderata pioggia; sotto il Kway indosso solo una Tshirt, e mi accorgo ben presto che fa veramente freddo, così correndo per riscaldarmi, entro in Cattedrale. Comprando una bella serie di diapositive della Cattedrale risolvo il problema delle foto, poi mi attardo al suo interno, poiché alle 18, nella sottostante Cripta di origini Romaniche, si celebra la Santa Messa. Rientro all’Auberge alle 19 sotto la pioggia scrosciante e fredda, accingendomi alla parca cena con pane e formaggio ed un litro di ottima birra Amsterdam (5,5 gradi), che mi riscalda sufficientemente. La TV mi informa del meteo per i prossimi giorni: Domattina tempo discreto, poi al pomeriggio e fino a sabato prossimo, sarà bello tendente al magnifico, cosi alle 21,30 mi adagio in un ottimo letto rammaricandomi per il tempo di oggi, ringraziando il Signore per il bel tempo che mi darà nei prossimi giorni, visto che avrò delle tappe parecchio lunghe…
Lunedì 30-05-05. 6ª Tappa: Chartres – Loigny-la-Bataille. Km 44. Chambre d’hôtes. Geraldine et Michel Nivet. Rue Chanzy. Tel : 02 37 99 70 71.
Rombi di tuoni e scrosci di pioggia fino a mezzanotte, poi Giove Pluvio si calma fino al grigio mattino quando la sveglia trilla alle 6. La colazione è in compagnia dei cortesissimi albergatori con caffèlatte, pane burro e confetture di albicocche. Inaspettatamente arriva M. Jacques con le “Livre d’Or” del rifugio, dove desidera che io apponga la mia dedica, cosa che faccio più che volentieri, poi dopo colazione mi esprime il desiderio di accompagnarmi per un buon tratto di cammino, da lui stesso segnalato in città con simboli jacobei, fino all’inizio della dipartimentale D29, o Route de Voves, che mi porterà a Loigny-la-Bataille. Il percorso si svolge lungo il corso dell’Eure su pista ciclabile con attaversamento del Parco. Maioliche con conchiglie stilizzate guidano il pellegrino, ed alla fine, giunto ad un semaforo in prossimità della D29, vi è la Borne Kilometrica indicante St-Jacques de Compostelle a 1624 Km (prendendo la via per Châteaudun, mentre la mia sarà più lunga)!. Mi informa che, d’accordo con la Mairie, l’acquisto e la posa in opera di queste segnalazioni, è stata completamente fatta a sue spese! Veramente una persona innamorata del Cammino di St-Jacques!! Ci salutiamo con la promessa che gli invierò una cartolina da Santiago, riprendendo il cammino mentre ricomincia a piovere con forti folate di vento che, quando passo sotto gli alberi, mi scaricano addosso l’acqua rimasta sulle foglie. La D29 è abbastanza trafficata (è lunedì), ma cammino bene e non vi sono pericoli di sorta; oggi devo camminare per circa 44 Km per cui, aiutato nel conto dai cippi posti ogni Km, imposto un passo di 5,200 Km/ora più o meno. Mi inoltro nella vastissima regione della Beauce di cui Chartres è il capoluogo, ammirando le immense distese di grano che ondeggia al vento come un mare verde, e le nuvole nerastre sospese sopra la mia testa che mi fanno temere un incombente naufragio. Attraverso vari villaggi, quasi tutti deserti; non vi è nessuno in giro, solo grano e colza ai lati della dipartimentale fino a raggiungere il grosso borgo di Voves dove vi è un Hotel a 3 stelle dal costo esorbitante (cosa che mi ha fatto decidere per la tappa di 44 Km). Non vi sono panetterie o piccoli supermarket qui a Voves, per cui devo fare conto solo su ciò che oggi ho nello zaino. Già ho percorso 22 Km, ed il tempo migliora rapidamente con il vento che, soffiando alle mie spalle da Ovest, sta ripulendo il cielo che diventa azzurro intenso popolato da bianchissime nuvole e, cosa ancora più bella, mi sospingerà gradevolmente. Mi fermo a chiacchierare con il proprietario di una casetta, che sta diserbando l’orto, mentre sua moglie scende da un ciliegio, poco discosto, per offrirmi una manciata di sugosi duroni; è una cosa assolutamente insolita, per loro, veder passare un pellegrino. In verità, spiego loro che vado ad Orléans anche per salutare un amico, mentre il cammino per i pellegrini diretti a Tours, passa da Châteaudun e Vendôme, molti Km più ad Ovest. In un piccolo parco più avanti, faccio sosta per pranzare con il pane al cioccolato che ho nello zaino, e non essendovi negozi dove acquistare altro, mi devo accontentare, cosa che mi risulta facile vista la temperatura decisamente fresca che non mi fa sudare e quindi faticare poco. Il paesaggio è completamente piatto, vi sono solamente lievi ondulazioni che si tingono di luce o di ombre al passare delle nuvole; l’occhio si riempie di immense distese di grano più o meno avanti con la maturazione, giusto per evitare che l’oceano cerealicolo maturi nel medesimo tempo…(informazione avuta dagli abitanti), con radi boschetti di alberi frammentanti le colture; mai avrei immaginato di vedere così tanto grano, ma evidentemente non mi ero adeguatamente informato sulla regione della Beauce…Entro nel villaggio di Loigny-la-Bataille alle 17,30; sono circa 10 ore di cammino, discretamente in media con i tempi che mi ero proposto di rispettare, ed anche il consumo di bevande è stato molto migliore di una piccola cilindrata; solo 1 litro di CocaCola e tre pani al cioccolato! Mme Nivet mi accoglie affabilmente nella sua fattoria facendomi accomodare in una piccola dépendance al lato della casa, accordandoci subito per la cena, mentre per la colazione di domani mi preparerà dei sandwich, poiché io vorrei partire alle 07, un pò troppo presto per lei; la tappa è stata lunga, ma non mi sento particolarmente affaticato, però quando mi metto sotto la doccia la sento talmente benefica che vi rimango quasi venti minuti assaporando il calore che mi purifica tutti i pori. Un successivo e scrupoloso controllo alle piante dei piedi mi assicura che è tutto in perfetto ordine; solo delle sensibilità nei punti di contatto dei sandali, che domattina provvederò a neutralizzare con strisce di sottilissimo cerotto di tessuto non tessuto, perfetto per prevenire arrossamenti o vesciche. Tuttavia, quando esco per telefonare ai prossimi luoghi di tappa da una cabina vista all’entrata del villaggio, sento le ginocchia che fanno il classico giacomo-giacomo, comprendendo che la fatica della tappa inizia a farsi sentire, così al rientro mi infilo sotto le coltri rinunciando a visitare il villaggio peraltro deserto, non prima di aver posto la sveglia alle 19,40 venti minuti prima della cena! In perfetto orario alle 20 ho la cena, ottima ed abbondante, con molta insalata invasa da ettari di prosciutto cotto con cetrioli fagiolini e granoturco, seguita da gigantesche cosce di pollo con piselli accompagnate da ottimo vino rosso; formaggi e dessert chiudono la giornata lavorativa carburandomi ben bene per l’indomani. Un bicchierino di liquore alle erbe di fattura casalinga offerto da Mme Nivet ci vede chiacchierare per una mezzora riguardo al mio pellegrinaggio, poi alle 22, salutandola, rientro alla mia cameretta con tre corposi e profumati sandwich già pronti la colazione di domattina, lungo il percorso che mi porterà ad Orléans, ripensando alla telefonata fatta all’Auberge de Jeunesse di Beaugency, dove non trovano la mia prenotazione e non sono in grado di dirmi a che ora aprono al pomeriggio… Bah, misteri che saranno risolti quando vi arriverò…
Martedì 31-05-05. 7ª Tappa: Loigny-la-Bataille – Orléans. Km 33. Paroisse Saint-Laurent. 3 Place Saint-Laurent. Tel : 02 38 78 01 80 / 02 38 78 01 71.
Alle 01 mi sono destato, ed approfittando del fatto che il villaggio era interamente al buio, ho ammirato le miriadi di stelle che come una coperta di splendidi diamanti, ricopriva il cielo debolmente rischiarato dall’ultima falce di luna; è sempre uno spettacolo emozionante, e non sempre si ha la fortuna di avere nella medesima notte nessuna luce parassita data dall’illuminazione cittadina, la luna quasi nera alla fine dell’ultimo quarto, ed il cielo completamente sgombro da nuvole! Ore 6,30, la sveglia è impietosa, ed alle 7,10 richiudo dietro me la porta della bella ed accogliente chambre d’hôtes; la frescura del mattino mi fa dimenticare per un momento la colazione, ma il peso dello zaino ed un solleticante profumo di prosciutto riporta alla realtà il gagliardo pellegrino, che dà subito fondo al primo sandwich. Mme Nivet, ieri sera mi aveva accennato che, poco fuori Loigny, si diparte un sentiero proprio al centro del bivio della D3 che porta, con un percorso di 24 km circa, alla periferia Nord di Orléans, ma di non sapere se al momento sia ancora agibile, essendo interamente in mezzo ai campi. Ci penso un po’ su, poi arrivato al bivio, decido di proseguire per la dipartimentale, vedendo che già all’inizio vi sono pozzanghere frammiste all’erba non falciata. La D3.10, mi conduce velocemente verso l’hameau di Faverolles, poi sulla D29 verso Terminiers, quindi la D102 che porta al villaggio di Sougy, dove l’accesso alle autovetture è vietato, essendo in corso grandi lavori di manutenzione ai marciapiedi ed ai canali di scolo al lato della dipartimentale, così fino al villaggio di Gidy, posso tranquillamente camminare in mezzo alla strada senza che sopraggiungano vetture. Alle 12,30, sosto per il pranzo nei giardinetti prospicienti la chiesa ombreggiati da filari di gelsi; nel frequentatissimo bar di fronte compro della birra ghiacciata, mentre gli avventori e la simpaticissima proprietaria mi rivolgono occhiate stupite e domande circa la mia meta. Riesco a mettermi in salvo con le mie birre ancora fresche riparando su una bella panchina sotto la frescura dei gelsi, sperando che la Chiesa venga aperta (cosa che, naturalmente, risulta vana). Il tempo è assai bello con il cielo velato da altissime nubi e la temperatura molto calda stando in pieno sole, ma qui sotto l’ombra dei gelsi devo ricoprirmi per non raffreddarmi eccessivamente. Mentre riparto, dopo essermi cosparso nuovamente di crema solare, in direzione del Bois Picard (una propaggine della grande foresta che secoli fa circondava Orléans), vengo fermato da un tizio in bicicletta; mi spiega che pochi giorni addietro aveva dato alloggio a dei pellegrini, e che sua moglie ed il figlio, avevano compiuto il Cammino partendo qui dalla loro casa nei dintorni di Gidy. Vorrebbe che mi fermassi a casa sua; ne sarebbe molto felice, ed il giorno dopo mi porterebbe lui stesso ad Orléans! Sono veramente colpito dalla sua generosità, ma non posso accettare, mancano ancora 11 Km alla mia meta, troppi per poter accettare la sua generosa offerta, spiegandogli che sono atteso alla Parrocchia di Saint-Laurent, dove è la Congregazione de St-Jean. Lascio definitivamente la regione della Beauce, silenzioso e verde oceano di grano, per entrare nella periferia di Orléans; significa arrendersi malvolentieri al traffico di una grande città, e ad una grande giratoria, dove gli autobus hanno il capolinea, entro subitamente nella grande conurbazione di alti e moderni palazzi, notando, come in molte città di Francia, la notevole percentuale di persone di colore che incontro nel mio procedere verso il centrocittà. Sono le 15 ed il cielo lentamente si ingrigisce con altissime nuvole stratiformi che, come una malefica cataratta, rendono tutto più fané. Frére Jean-Marie mi apre il portale della Congregazione alle 15,30, e con molta cordialità, mi accompagna ad una dépendance in fase di ristrutturazione molto bella e funzionale; una veloce doccia ed il bucato che stendo nel retro del giardino (stando attento a che la porta non si richiuda altrimenti resterei chiuso fuori…), poi mi dirigo velocemente verso la Cattedrale di Sainte-Croix con il cielo che si incupisce ancor più. La torre di destra della Cattedrale è in fase di restauro e di ripulitura, ma spero di poter salire su quella di sinistra, così entro nella cattedrale dirigendomi subito alla Sacristia per consegnare la lettera datami dagli amici di Greco e per apporre il timbro sulla Credenziale. A malincuore mi dicono che non è possibile salire alle Torri, essendo ambedue chiuse, così non mi resta altro se non rivisitare il bellissimo interno della Cattedrale, oscurata e mortificata dalla assenza del sole. Come a Notre-Dame ed a Chartres, l’assenza del sole mi nega la possibilità di ammirare le bellissime e profonde navate, veri scrigni di opere d’arte…! Mi incammino rapidamente al quartiere di St-Jean-le-Braye, verso la casa dei miei amici contando di fare loro una sorpresa assolutamente inattesa, sia pure brevissima, ma là giunto, non vi è nessuno che risponde al trillo del campanello e nemmeno al telefono, segno che probabilmente rientreranno più tardi. Il poco tempo che mi rimane, lo spendo cercando un fiorista per lasciare loro un segno del mio passaggio; ottima idea che però mi costringe a girovagare per Orléans per un’ora buona per trovare un negozio aperto… Quando infine alle 19,30 rientro alla Congregazione, mi avvedo che ho camminato per più di due ore ed ho percorso più di 10 Km; sono appena in tempo per la Santa Messa nella bella chiesa della Parrocchia, ed alle 20,20 siamo tutti riuniti nella piccola mensa per la frugale cena consumata in silenzio, ascoltando la voce registrata del loro Superiore che commenta alcuni passi dei Salmi, ma, complici la voce bassa e la qualità scadente del nastro, non ci ho capito quasi nulla… La cena è vegetariana con rape e burro, broccoli in salsa piccante, pane di segale e pere cotte come dessert; abbastanza normale per loro, ma per il mio dispendio calorico nella tappa di oggi, poco adeguata, considerato che la colazione ed il pranzo sono consistiti nei tre sandwich preparatomi ieri da Mme Nivet (benedicendola per la sontuosa cena..).
Mercoledì 01-06-05. 8ª Tappa: Orléans – Beaugency (Vernon). Km 30. Auberge de Jeunesse Fuaj. 152 route de Châteaudun. Vernon. (Beaugency centre a 1,5 Km) Tel : 02 38 44 61 31. Fax: 02 38 44 14 73.
Ho dormito come un sasso fino alle 6,30, ed alle 07 sono con i frati alla recita delle Laudi fino alle 7,40; è un poco tardi, ma il tempo bello e la temperatura ideale, renderanno il cammino lieve. Lasciando Orléans alle mie spalle, mi incammino sulla GR3 al bordo della Loira; ben presto sono fuori città su un largo sentiero in direzione de La Chapelle St-Mesmin. Quanti pellegrini avranno camminato su queste sponde in direzione di St-Jacques nei secoli trascorsi? Quanti di essi avranno gioito al lasciare questo territorio di grandi boschi e foreste per veleggiare verso San Martino a Tours, e da lì, verso il porto di Nantes per imbarcarsi alla volta delle coste spagnole? Sicuramente molti pellegrini, provenienti dalla Niederstrasse e dai Paesi Baltici, già da mesi in cammino per attraversare la Francia, una volta raggiunte le Reliquie di San Martino a Tours, avranno proseguito via acqua verso la Spagna, ma la stragrande maggioranza di quelle folte schiere avranno proseguito come me in questo momento, procedendo lentamente beandosi della vista di questo grande fiume. Più prosaicamente, il mio incedere lentamente di oggi è in ragione del fatto che non ho mangiato nulla e mi sento stanco, così raggiunto il villaggio di St-Ay, lascio la GR per entrare in una boulangerie (panetteria), per comprare pane, cioccolato, biscotti e ½ litro di latte per fare colazione, rimettendomi ben presto in forze. Il largo sentiero si restringe, ma resta sempre al bordo del rilucente nastro d’acqua, fiancheggiato da boschetti più o meno frequentati da nuvolette di moscerini; lontani, vedo due piccole figure con lo zaino in spalla che mi si avvicinano provenienti in senso contrario. Chi saranno mai, forse pellegrini già di ritorno da Santiago? Vorrebbe dire che sarebbero partiti ai primi di Gennaio per essere qui ora… Sono una coppia di randonneurs provenienti da Tolosa, ed abitando ad Orléans, sono felicissimi di essere giunti a casa dopo 26 giorni di trekking non sempre agevole avendo dormito svariate volte sotto la tenda con giorni di pioggia incessante; sprizzando allegria dagli occhi mi dicono che oggi ceneranno al ristorante per festeggiare il ritorno… Riprendo il cammino dopo aver tolto i sandali e messo le trainer, per della eccessiva sensibilità sopraggiunta al piede sinistro, e quando capita questo tipo di inconveniente, è obbligo dar ascolto a quella parte del piede che protesta (ti avverte che sta soffrendo), cambiando le calzature, poiché il plantare del piede ancora non ha fatto le callosità ai posti giusti; provare per credere! Raggiungo Meung-sur-Loire, incamminandomi sul sentiero al bordo della Mauve, un torrentello limpidissimo che scorre a poca distanza dalla Loira; la stanchezza accumulata si fa sentire, e quando trovo delle aree di pic-nic mi fermo più che volentieri mettendo i piedi a mollo e la crema solare per evitare scottature poiché oggi il tempo è splendido ( non vi sono Cattedrali da visitare…sic!), ed il sole picchia dardeggiando implacabile. Da molto lontano scorgo il vecchio ponte di Beaugency, talmente antico tanto che si è persino persa la data della sua costruzione, ospitante sul secondo pilastro, una Cappella dedicata a St-Jacques de Compostelle, smantellata nel 1767. Dietro ad esso, altissimo, si leva il pennacchio di vapore della Centrale termoelettrica di St-Laurent-des-Eaux, posta su una isoletta in una ansa della Loira, a circa 8 km da Beaugency. L’Auberge de Jeunesse è a Vernon, un quartiere posto a Nord di Beaugency, a 1,5 Km dal ponte; faccio parecchio fatica per arrivare a trovarlo (in salita), per via di un pannello indicatore con la pianta del quartiere assolutamente sbagliata, come poi mi confermeranno all’AdJ. È situato in una vecchia scuola, molto ben riadattata, ed a ragione viene definito uno dei più belli Auberge de Jeunesse che la FUAJ possiede in Francia. Sono le 15 quando ne varco la soglia, e la ragazza che è alla reception, fugando le perplessità che avevo avuto durante le precedenti telefonate, mi conferma che l’apertura è alle 17, ma a me, pellegrino di tante strade, assegna subito una bella cameretta sia pure in coabitazione con altri due ragazzi. Il tempo di farmi la doccia, poi mi ficco sotto le lenzuola per riposarmi almeno un’ora prima di ridiscendere in città per l’acquisto dei viveri per la cena e la colazione dell’indomani. Riposo senza sogni, ma sufficiente per rimettermi in piedi abbastanza vispo, così chiedo alla ragazza se posso affittare una delle biciclette che sono appese sotto il porticato, per ridiscendere in città; mi risponde che se riesco a metterne in sesto una la posso prendere tranquillamente! Inutile dire che nessuna è in grado di prendere il largo, avendo le gomme a terra, e non vi è neanche una pompa per gonfiarle…! Sandali ai piedi e cappello in testa per difendermi dal sole, ridiscendo in città a 1 km all’ora; Beaugency è una bellissima città, situata sulla Route de la Vallée des Rois è una città carica di storia che si può rivedere nei suoi vecchi quartieri con case a pani di legno, le viuzze con ruscelli bordati da stupende fioriere, e la prima cinta difensiva dell’antico nucleo urbano ancora visibile oggidì. Vi è il “Donjon”, del XI° secolo, Torre dei Signori della città, e ultimo baluardo in caso di estrema difesa, impressionante per la sua solidità con una altezza di circa 35m in 4 piani, spigolosamente squadrato ed arcigno, pressoché imprendibile se non per assedio prolungato. Passeggiando lungo i negozi all’ombra nelle sue viuzze ornate da fioriere, acquisto l’adattatore elettrico per poter ricaricare il cellulare, altrimenti inservibile, quindi dopo il tour turistico alla Abbaye de Notre-Dame ed all’Hôtel de Ville, è la volta dei necessari viveri per la cena, colazione e pranzo di domani lungo la Loira, che qui riporto per dovere di informazione ai miei possibili epigoni: baguettes, pancetta affumicata e non, formaggio camembert “Rustique” (= puzza tremendamente ma è perfetto per ritrovare il proprio zaino lasciato in mezzo a molti altri), 2 banane, 1 litro di birra ad alta gradazione, 1,5 litri di CocaCola, 4 pani al cioccolato e ½ litro di latte intero! Lento come un bradipo e carico di 6 Kg di viveri, riprendo la via dell’Auberge consumando poi la cena sui tavolacci in legno posti sotto gli ombrosi tigli nel cortile interno, per ritirarmi al meritato riposo del pellegrino alle 22.
Giovedì 02-06-05. 9ª Tappa: Beaugency – Blois. Km 37. A.B.J.L. Foyer Jeunes Travailleur. 37 rue Pierre et Marie Curie. Tel : 02 54 52 37 00.
Letti grandi, ma materassi duri, e per ovviare al formicolio dovevo rigirarmi sovente come un pollo allo spiedo; il mio dormiveglia stanotte è stato particolarmente ostinato, ma nessuno ha russato e la notte è trascorsa nella quiete più assoluta. La sveglia è alle 06, e nella cucina ben attrezzata anche di forno a microonde, posso scaldare il latte ed i pani al cioccolato, poi il riassetto dello zaino e lo scambio di quattro chiacchiere con Paul, un ragazzo francese che è stato più volte a Perugia, mi portano via parecchio tempo, così prendo il cammino alle 7,15. È di nuovo la GR3 che mi accoglie al bordo della Loira con tratti di strada bianca, terra o di asfalto, che percorro calzando di nuovo i sandali per non far sudare i piedi. Anche oggi il tempo, particolarmente bello si preannuncia caldo, e ad un piccolo fontanile mi spalmo ben bene di crema solare che mi permetterà di non arrostire. Stormi di bianchi gabbiani di fiume popolano le isolette ed i bassi fondali della Loira, azzuffandosi, per rubarsi le prede l’un l’altro, in voli radenti a pelo d’acqua. É uno spettacolo che riporta il pellegrino nell’ambiente più consono al suo essere, egli procede a piedi come nei secoli scorsi, e probabilmente ammira ancora oggi ciò che i pellegrini dei secoli scorsi ammiravano nel loro lento avanzare su queste stesse rive. La lentezza ti fa vedere e sentire cose che altrimenti non riusciresti a percepire; ti accorgi che stai camminando alla stessa velocità di quello svasso tranquillamente accoccolato sul cespuglio galleggiante nella placida corrente della Loira, sorprendendoti a sorridere circa la sua meta, oppure di quel “lapin” che non si decide a scomparire dal sentiero, ma ti aspetta fino a quando decide che la distanza di sicurezza è violata, riprendendosi, a pigri balzelloni, il centinaio di metri di distanza vitale. Il viaggiare a piedi da solo, a volte è vera solitudine, ma non isolamento. É da 3 Km che ho una piccola coccinella rosso-nera attaccata al marsupio (il che mi impedisce di prendere la macchina fotografica..), ma è così impudente e carina nel suo scroccare il passaggio per-dove-non-si-sa, che accetto la sua silenziosa e policroma compagnia. Fino a quando mi troverò ad apprezzare ed a “vedere” queste piccole cose lungo i miei cammini, saprò che il mio “essere pellegrino” sarà sempre aperto alle sorprese lungo il cammino, ed ancora non è divenuto un “mestiere”. Per riposarmi un momento, mi fermo ad un bel fontanile con due vasche di limpida acqua, al lato di una striminzita stradina, allorché si ferma una vettura; ne discende una persona che, dopo i convenevoli, mi dice che è il tracciatore della GR3 (colui che segnala e soprintende alla sua manutenzione). Sta procedendo ad un controllo del tracciato chiedendomi se, provenendo da Orléans, ho avuto delle difficoltà, così ho modo di informarlo di alcuni tratti di percorso senza segnaletica, in un grande bosco poco prima attraversato, e di numerose stradine prodotte dal passaggio di autovetture che, intersecandosi con il sentiero, lasciano il dubbio circa la direzione del tracciato ed anche di segnali divenuti estremamente labili o spariti del tutto. Prende scrupolosamente nota di tutto ringraziandomi, poi anch’io riparto dopo alcune foto al fontanile. Lunghissimi rettifili erbosi mi ospitano, con le lepri che trasalgono e fuggono a grandi balzi nei piccoli boschetti al lato del sentiero. All’altezza della frazioncina di Le-Tertre, ho di fronte le due alte torri di raffreddamento della Centrale termoelettrica di St-Laurent, posta su una isola in una grande ansa della Loira; solo una panciuta torre erutta vapore bianchissimo che si staglia contro il cielo blu cobalto di questo mattino stupendo. Nessun gabbiano svolazza da queste parti, nemmeno le cornacchie si vedono, probabilmente conoscono il mortifero calore di quel bellissimo e bianchissimo nuvolone… Alle 12 sosto al ponte di Les-Bordes che mi porterebbe sulla riva sinistra della Loira seguendo la GR3 verso Muides-sur-Loire. Mentre pranzo, decido di non seguire la GR3 e di proseguire, cartina alla mano, ancora sulla riva destra, su una strada bianca costeggiando piccoli appezzamenti di grano, e poi lungo una piccola dipartimentale camminando su un piacevole rettifilo (lungo quasi 5 Km in pieno sole), per poter vedere il castello e la chiesa di Le-Viviers. Poiché ho bisogno di acqua, mi incammino malvolentieri sulla N152 da Le-Viviers fino a Menars; ne sono rimasto senza e camminando lungo il bordo della Loira non incontrerei nulla fino a Blois distante ancora 10 Km. Ad una fontanella, posta negli ombrosi giardinetti di Menars, riempio la bottiglia facendomi anche una mezza doccia sotto gli occhi divertiti di scaltri bimbetti che accompagnano i nonni a prendere aria… Riprendo poi il sentiero al bordo Loira fino ad entrare nella periferia di Blois alle 16,45, ma per arrivare al Centre de Séjour, impiego circa un’ora con svariate richieste di informazioni ai Vigili. È un grande immobile con molti studenti che vanno e vengono, e Letizia, la ragazza del bureau che parla un poco di italiano, mi dice che ero atteso, ed una cameretta tutta per me, addirittura con due letti, mi sta aspettando; quando si dice la cordialità…. Anche se mi ero ben cosparso di crema solare, mi sento la nuca ed il collo arroventati da sole, per cui dopo la doccia, corro ai ripari con una buona dose di crema idratante sperando di non avere guai. La cena qui è alla 19, trovandomi così senza possibilità di uscire almeno per vedere la Cattedrale e la Basilica che si trovano abbastanza lontane dal Centre. Prima di cenare mi viene fornita una piantina della città per uscirne domattina senza problemi, poi al self-service, frequentato anche da ragazze musulmane (almeno penso…), con in testa lo “Chador”, ho modo di cenare molto bene e copiosamente, rimettendomi in forma dopo la tappa di oggi molto lunga e calda. Domani avrò una tappa di 39 Km, teoricamente 2 più di oggi e per mia fortuna, qui il self-service per la colazione apre alle 06….!
Venerdì 03-06-05. 10ª Tappa: Blois – Amboise. Km 39. Centre International de Séjour et de la Culture Charles Peéguy. Ile d’Or 1. rue Commire.Tel: 02 47 30 60 90.
Giocoforza mattiniera è oggi la sveglia, ed alle 06 sono puntuale al self-service assieme ad altri ragazzi, probabilmente universitari, visti i libri posati sui tavoli. Lo zaino mi attende impaziente, ed alle 6,30, accomodandosi beffardo sulle mie spalle, mi cinge con baldanza la vita, spronandomi a prendere il cammino verso la Loira. La giornata sembra promettere bel tempo, con esili strati di bianche nuvole che si sfilacciano altissime in direzione della mia meta, ed il cielo luminoso si presta bene come sfondo per le foto alla Chiesa di Saint-Louis, aldilà del ponte. Un palo in legno con il logo della “Via Turonensis” e GR655 è posto all’inizio della D751 in direzione di Candé-sur-Beuvron; lo stesso percorso che avevo in mente di seguire oggi. Interamente accanto alla riva sinistra della Loira fino a Villesablon, per prendere poi una piccola compartimentale sull’argine fino a Candé, e quindi di nuovo D751 fino ad Amboise. Fa fresco sotto i platani lungo la Loira e non mi par vero di incontrare subito una ben fornita “boulangerie” aperta dove fare le necessarie compere per oggi e di intiepidirmi al tepore proveniente dal forno del retrobottega. In Spagna a questa ora le brulicanti schiere di pellegrini avranno già percorso parecchi Km, mentre io fino ad ora non ho incontrato un misero pellegrino che sia uno…. Quando mai troverò un pellegrino? Sebbene questa sia una delle più antiche “Vie” di pellegrinaggio, ancora nessun “Marcheur de Dieu” all’orizzonte! I piccoli grani del rosario tra le mie dita mi riportano al volto dell’Amico Rino, ad una settimana dalla sua scomparsa; l’alternanza emotiva dei luoghi e dei giorni trascorsi da allora, non diminuisce affatto il senso di amaro stupore che ciò ha provocato in me, e le parole del Vangelo « Siate pronti, poiché voi non sapete né il giorno né l’ora », mi provocano un gelido fremito lungo la schiena… Sarò mai pronto io..? Anche il tempo sembra rammentarlo divenendo più pallido ed evanescente… Poco prima di Chaumont-sur-Loire, il vento teso e contrario al mio senso di marcia, lacera le nubi gravide di umidità, ed i primi goccioloni non tardano a cadere sollevando la polvere al lato della strada; ma non è vera pioggia, piove e non piove, e mi basta l’ombrello per far smettere le neghittose nuvole dal dare sufficiente sollievo alla terra riarsa da troppi giorni di intensa calura. Ben presto il sole si riappropria del cielo, provocando un eccesso di umidità che toglie il respiro al pellegrino, facendogli percepire ancor più i Km percorsi ed il peso dello zaino. Perdipiù, i cinghietti dei sandali mi consumano le calze obbligandomi a proteggere il dito mignolo dallo sfregamento con delle strisce di cerotto; è solo una decina di giorni che sono in cammino, e la mole di informazioni che tutti i muscoli del corpo mi mandano, è poca cosa in confronto alla richiesta di attenzioni che i piedi mi rivolgono, Dopotutto, sono loro che percepiscono tutto quello che gli sta sopra, lo devono tenere in equilibrio e portarlo avanti obbedendo alla testa, quindi è più che giusto che a loro siano date sollecite risposte di esortazione, di cure, di adulazione o di soccorso, dopodiché, sono capaci di portarti in capo al mondo, se ce la fa anche la testa…Dopo Chaumont, è sempre la D751, divenuta più stretta, ad accompagnarmi lungo le rive della Loira verso Amboise, dove entro alle 16 dirigendomi al Centre situato sull’isola nel bel mezzo della Loira. Anche qui mi viene assegnata una cameretta con due letti, ma giusto quando sto uscendo per il tour turistico, mi viene chiesto cortesemente se posso cedere la mia camera ad una coppia di randonneurs appena giunti…Avevo già steso il mio bucato su una cordicella tirata nella cameretta, ma non volevo essere egoista, così acconsento, riprendendo tutte le mie cose lasciando la cameretta con tanti ringraziamenti da parte loro. Vengo accompagnato ad un’altra cameretta singola, così mi dice il ragazzo, ma la delusione è grande quando entro in una “cameretta” che non ha finestre; è un locale abbastanza ampio con un’altra porta che dà all’esterno, dotato di un letto, di due tavoli, ma niente lavandino! Il ragazzo avverte subito il mio disappunto, scusandosi per l’alloggio un po’ spartano, ringraziandomi nuovamente per aver dato la possibilità di essere alloggiati alla coppia di randonneurs … Si, ma io intanto mi trovo a stendere il bucato in un locale senza finestre e senza la possibilità di aprire la porta che dà all’esterno sulla piazzetta… Tempi duri per i troppo buoni! Qui non vi è la possibilità di cenare, così ho abbastanza tempo per recarmi a visitare il Clos-Lucé, il bellissimo maniero dove Leonardo da Vinci passò i suoi ultimi anni, a circa un Km dal Centre. E’ una splendida costruzione risalente al ‘500, più un maniero di campagna piuttosto che un castello vero e proprio, ed è qui che Leonardo terminò i dipinti della Gioconda, di Santa Anna e di San Giovanni Battista, trasportati attraversando le Alpi, quando venne invitato a stabilirsi qui da Francesco I° Re di Francia. É qui che egli si spense il 2 maggio 1519, mentre le sue spoglie riposano ora nella Cappella di Saint-Hubert (recentemente restaurata), nella splendida cornice del più italiano dei Castelli della Loira, lo Château Royale, dai magnifici giardini panoramici ed i sontuosi appartamenti Reali; il vero Castello-fortezza di Amboise che domina la città e la Loira. Le incombenze dell’acquisto dei viveri per la cena e per l’indomani, mi prendono un po’ di tempo, poi con una nuova tessera telefonica alla mano, prendo possesso di una cabina telefonica in una zona tranquilla senza rumore; devo telefonare ai prossimi luoghi di tappa per ricordare loro la mia prenotazione, così, cominciando da Tours, poi Ste-Catherine-de-Fierbois, Dangé Saint-Romain, Naintre, ed infine a Poitiers, in 30 minuti prosciugo la tessera telefonica, ma ricevo il loro gradito e confortante “A bientôt!”. Con l’orecchio sinistro in fiamme, ritorno allegramente al Centre per prepararmi la cena. E’ bello sapere che nei prossimi giorni sarai affabilmente atteso con curiosità da qualche parte del Cammino… Mentre fuori il vento spazza il ponte sulla Loira, nella mia cameretta assaporo il tepore dell’ambiente, fantasticando circa i miei piatti favolosamente “spartano-luculliani”, alternando formaggio e pancetta come cena, ma è solo la birra che concorre a scaldare da par suo il pellegrino che ha ancora la faticosa incombenza del “Diario minimo” da scrivere, prima di abbandonarsi al sonno ristoratore. Chi è quel buontempone che ha detto che il pellegrino è solo un “Homo Viator”…?
Sabato 04-06-05. 11ª Tappa: Amboise – Tours. Km 27. Soeurs Benedectine. 7 Rue Baleschoux. (Basilique St-Martin). Tel: 02 47 05 63 87.
Notte tranquilla ad Amboise; il vento si era calmato e non un rumore si è sentito dopo le 11,30. Alle 06 sono desto, così comincio a prepararmi per il gran giorno in cui arriverò a Tours; dalla zona bagni già parecchie persone vanno e vengono con i visi assonnati e profumati, e tra questi anche la coppia di randonneurs a cui non sembra vero di trattenermi a chiacchierare (mentre sono in pantaloncini con salvietta e dentifricio in mano), circa il loro trekking… Simpaticissimi chiacchieroni abitanti dalle parti di Rennes, oggi prenderanno la GR3 verso Blois, ma forse (così dicono), si fermeranno a Chaumont-sur-Loire presso dei loro amici fino a domenica sera per poi proseguire fino ad Orléans dove termineranno il loro cammino. Alle 07, appena metto i piedi sul ponte che scavalca la Loira, si alza la brezza fresca e tesa che mi consiglia di coprirmi ben bene mentre mi incammino sul deserto lungoLoira. E’ ancora la D751 che, accogliendo i miei passi, mi porterà fino al Pont-Wilson a Tours nei pressi della Basilica di St-Martin, passando per la Cattedrale di Saint-Gatien. E’ sabato oggi, e come sempre è praticamente deserta in queste ore mattutine; essa corre accanto alla Loira, per cui ho modo di farmi quasi venire il torcicollo guardando sempre a destra per osservare gli isolotti ed i meandri che la Loira disegna in questo tratto. Qualche Km prima di giungere in Montlouis-sur-Loire, la D751 scorre accanto alle colline di tufo nei cui fianchi sono state ricavate le “Cave”, le cantine scavate direttamente nel tufo in cui i deliziosi vini della regione della “Touraine”, vengono conservati e dove è possibile assaggiarli ed eventualmente acquistarli direttamente dal produttore. Alcune di esse sono veramente belle e ben tenute, con portoni in legno e bellissimi rosai che si arrampicano sulle pareti strapiombanti della collina, mentre altri, malinconicamente malridotti, lasciano intravedere la scarsa fortuna di quel “Vigneron”…Un claxon mi strombazza allegramente da sotto il cofano di una vettura, mentre il conducente agita il braccio in segno di saluto; benedetto uomo, mi procuri attimi di felicità pensando che sto per giungere nella città da cui si diparte la “Via Turonensis”, e forse, vedere un pellegrino da queste parti, non sia cosa tanto rara o straordinaria. La periferia di Tours inizia nel quartiere de La Ville aux-Dames, da dove in un ufficio postale aperto, posso spedire a casa cartine e pellicole che hanno terminato il loro compito, e che mi sono di peso nello zaino. Abbastanza gradevole e non troppo banale, è una periferia di “residenza”, e già da qui si possono scorgere le alte guglie della Cattedrale di Saint-Gatien. Alle 12 sono davanti al suo grande sagrato intento a sparare foto visto che anche oggi (come a Chartres e Orléans), il tempo sembra mettere il broncio. Mi riservo di ritornare più tardi per vedere gli splendidi interni, incamminandomi verso il quartiere du Plumereau, l’antico cuore di Tours con tutte le sue viuzze e piazze, traboccanti di turisti che si lasciano visibilmente prendere dal piacere di poter perdersi in esse, tanto evidente è la nonchalance del loro passeggio, e del sostare davanti alle più disparate e bizzarre botteghe, oppure ciarlanti negli affollati caffè dai tavolini lillipuziani. La Rue Balechoux è proprio dietro la Basilica di Saint-Martin; qualche indecisione a quale campanello suonare, ma poi ecco che arriva una gentile suorina con un mazzo di chiavi che farebbero onore in quel di San Vittore…Accompagnandomi attraverso dei vialetti all’esterno della Basilica, guadagniamo la non grande costruzione dove vengono accolti i pellegrini; al momento meta di una folta comitiva di turisti tedeschi, diretti al suo ampio refettorio. Sono qui da due giorni ed occupano gran parte delle camere disponibili, ma nel pomeriggio si metteranno in viaggio per Nevers, lasciandomi in tranquillità assoluta nella gradevole cameretta al piano rialzato che mi viene assegnata da una giovane suora che parla quasi perfettamente italiano. Sono le 14,30 quando, dopo le incombenze “pellegrinesche”, entro nella Basilica di Saint-Martin dalla porta del cortile laterale. Mi trattengo un poco tra le sue navate, scendendo poi nella Cripta per rendere omaggio alle reliquie del Santo come già facevano migliaia di pellegrini secoli prima della scoperta della Tomba di San Giacomo in Spagna. Anticamente (nel I° secolo), la Tours di oggi era la romana “Caesarodunum”, città aggrappata alla collina accanto alla Loira, in un luogo che, permettendo facilmente il guado in periodi di acque basse, andava sviluppandosi gradatamente. Qui giunse Martino, ordinato monaco esorcista da Ilario Vescovo di Poitiers. (Figlio di un tribuno militare, Martino divenuto soldato romano all’età di 15 anni, entra nella leggenda quando, durante un rigido inverno, divide il suo mantello con un povero alla porte di Amiens. In seguito a 18 anni, egli lasciò la vita militare ritirandosi presso Ilario Vescovo di Poitiers). Egli venne eletto Vescovo di Tours nel 371, e dopo una santa vita spirò a 81 anni nel novembre 397. Il suo successore, il Vescovo Saint-Brice, fece costruire una semplice Cappella sulla sua tomba e nel 512 il Concilio d’Orléans, decreta a San Martino, il titolo di “Primo pellegrino” di Gallia. Da qui in avanti, lungo il corso dei secoli, la sua tomba fu una meta per migliaia di pellegrini provenienti da ogni parte del continente, ed in special modo, dalla Galizia, dove Martino ebbe molti estimatori, dovuta alla fama per la sua santa vita, ma anche per la sua dirittura morale, che lo portò a dei contrasti con l’Imperatore, a causa della condanna a morte “dell’eretico” laico spagnolo Priscillien. (Costui, a capo di un rigoroso movimento di laici, condannava ad alta voce lo stato matrimoniale che buona parte del clero, in Francia ed in Spagna, nonostante l’interdizione del Papa, ostinatamente e pervicacemente continuava a mantenere. Dopo la sua decapitazione avvenuta a Trèves, la salma di Priscillien, fu riportata in Spagna, ed a partire dal 390 in Galizia, si venerò Priscillien come un santo ed un martire). I Galiziani, non dimenticarono la voce di Martino di Tours che si era levata in rispetto di Priscillien come persona, anche se dissenziente dalle sue ragioni, iniziando così un pellegrinaggio verso la sua tomba che durò diversi secoli fino all’alba del ritrovamento dei resti dell’Apostolo Giacomo sulla collina galiziana che verrà poi chiamata di Compostella…. La città di Tours durante il IV° secolo, lasciò l’insediamento più eminentemente romano-militare, per espandersi intieramente verso la parte più ad Ovest di esso, esattamente attorno alla tomba di San Martino divenuta meta di folle di pellegrini; accanto venne costruita una prima Abbazia, ed in seguito una grande Basilica della quale sussistono ancora oggi solamente le due Torri dette “Tour Charlemagne”, e “Tour de l’Horloge”, e solamente nel XVIII° secolo, verrà costruita la Basilica che possiamo tuttora ammirare…. Ed ecco che io, pellegrino del XXI° secolo, mi accingo a ripercorrere dopo ben 1500 anni, ed in senso contrario, questo antico percorso verso la lontana Galizia… Mi dirigo velocemente alla rue des Halles dove si eleva la Tour Charlemagne, costruita sulla tomba di Liutgarde, la sposa di Charlemagne, e la Tour de l’Horloge, le sole vestigia dell’antica Basilica, poi il vecchio quartiere pedonale attorno alla Place Plumereau, mi vede frammisto a frotte di turisti, quindi rapido dietrofront per incamminarmi lungo la rue de la Scellerie per arrivare direttamente davanti alla Cattedrale di Saint-Gatien di stile Rinascimentale, costruita dal XII° al XVI° secolo. Ma non vi è nulla da fare, è come se un sortilegio mi impedisca di prendere delle belle foto alle vetrate di tutte le Cattedrali che ho visitato finora…! All’interno le magnifiche vetrate che anch’essa vanta, appaiono spente poiché il cielo è completamente ricoperto da nubi grigiastre e non vi è luce sufficiente per ammirarle… Durante il ritorno alla Basilica di San Martino, acquisto i viveri necessari per l’indomani, rientrando appena in tempo per partecipare ai Vespri (partecipazione promessa alla Superiora!), poi in sacristia consegno a lei il plico con le offerte datomi dai Podisti di Greco e dall’amico Torti nell’ultimo incontro milanese. Alle 19,30, nel refettorio ormai orfano dei chiassosi turisti tedeschi, mi viene servita una cena super abbondante molto apprezzata, visto la grande scarpinata di oggi per arrivare in città dapprima, e poi per visitarla. Alle 21,15 sono di nuovo in Basilica per la recita di Compieta, poiché domani non potrò assistere alla S.Messa che verrà celebrata in tarda mattinata. Al termine, vengo salutato da tutte le suore che mi augurano buon cammino, dicendomi anche che domattina il portone non verrà aperto prima delle 07….
Domenica 05-06-05. 12ª Tappa: Tours – Ste-Catherine-de-Fierbois. Km 35. Chambre d’Hôtes. Mme. Pelluard Eliane : località « La Tinellière » Tel: 02 47 65 61 80.
I frulli d’ali di piccioni tubatori e di una coppia o più di tortore, mi hanno propiziato il sonno, poiché, fino al mai tanto detestato cicalino della sveglia, ho dormito come un sasso posato nel morbido limo di un torrentello di pianura, tanto era comodo il mio materasso… La colazione è rapida e frugale, ed alle 07 sono nel cortile interno attendendo la suora che mi aprirà la porta che dà accesso alla Basilica, poiché è dal suo portone che uscirò per riprendere il cammino, proprio come avrei voluto fare da pellegrino quale sono…. Il sole illumina la parte alta della facciata e della cupola della Basilica facendo risaltare il colore dorato delle sue pietre, e non mi par vero di poterle scattare una bella foto a questa ora del mattino, mentre ieri per quanto aspettassi, tutto era sempre ingrigito. Prendo la direzione di Tours Sud lungo la Rue Nationale, poi l’interminabile Avenue de Grammont per arrivare al Pont de Sanitas, ed al suo termine scendo a sinistra sulla Promenade de Ségovie che costeggia il fiume Cher in direzione del quartiere di St-Avertin, ad est di Tours. Studiando la cartina ieri sera, avevo notato che la GR46A (Grand Randonnée 46A), mi avrebbe portato molto ad Est, e seguendola, avrei dovuto passare in una foresta privata che avrebbe aperto i cancelli non prima delle 09, così presi la decisione di incamminarmi sulla dipartimentale D27 in direzione di Grands Champs, risparmiando alcuni Km; decisione giusta, ma per trovare la D27, non ben segnalata e nessuna persona a cui chiedere informazioni (è domenica mattina…), devo penare parecchio tempo, e forse avrei fatto meglio a prendere la GR46A ed attendere che i cancelli per la foresta venissero aperti. Finalmente e con un sospiro di sollievo, raggiungo il sottopassaggio della N143, arrivando alla Petite Charpraie, una piccola frazione, poi passo sopra alla linea del TGV Atlantique, costeggiando per 3Km l’ombroso Parc de Montbazon alla mia sinistra. Ora la D27 fila perfettamente diritta verso la congiunzione con la GR655 attraversando pascoli e piccoli boschi fino alla grande foresta, dove ben protetto da sguardi indiscreti, sorge lo Château de Fontiville; Vi sono ora i segnali comuni delle GR655 e 46 che mi conducono in Veigné, grosso borgo bagnato dal fiume Indre e dai suoi meandri. Vi è molta animazione oggi, e la cittadina è in festa con famigliole aggrappate a centinaia di palloncini di ogni forma e colore che, a volte, si perdono nel cielo, con relativi strilli dei piccoli proprietari, tra giostre e stand di affumicatori che attizzano i roghi dove friggono appetitose salamelle… (San Martino già Vescovo di Tours, nel 372 costruisce in questa cittadina una prima Chapelle de Saint-Laurent al posto di una fontana consacrata al dio Apollo, mentre la attuale Chapelle, risale al XVI° sec). Passando accanto al bellissimo palazzo del Grand Moulin de Veigné, di recente trasformato in Centro Culturale con tutte le finestre adorne di vasi di fiori, lascio di nuovo la GR655 che va a destra con troppi ghirigori, per prendere la piccola compartimentale che mi porterà nella frazione di Sardelle dai molti pozzi, dirigendomi poi in direzione Sud-Ovest per raggiungere Sorigny. La cartina non sembra aggiornata, ed attraverso abitati che non vi compaiono o che hanno cambiato nome; mi trattengo poco in Sorigny, poiché il tempo sembra peggiorare rapidamente con vento freddo e leggeri spruzzi di finissima pioggia che mi consigliano di non tentare la GR invasa da erba alta, per prendere la compartimentale fino alla poche case di Les Trois Chênes, a poco più di un’ora di cammino, e decidere poi se la GR si potrà percorrere quando arriverò al suo incrocio. Alla congiunzione con la GR, vedo che è praticabile, ed anche i miei piedi, sia pure ben coccolati dai sandali, gradiscono il fondo in terra e l’erba ben rasata. Il suo tracciato fa molti zigzag costeggiando colture e campi di granoturco fino alla Ferme de Les Maisons Neuves, poi si immette nuovamente su una piccola compartimentale che al termine di 5 Km, mi porta a 500m dal piccolo “Hameau” (frazione), di La Tinellière, lontano circa 2,5 Km dal villaggio di Ste-Catherine-de-Fierbois. Una piccola “Ferme” con fiori attorno alla casa e roseti rampicanti sui muri, risalente alla fine del XVII° secolo, recentemente restaurata, porta l’insegna delle Chambre d’Hôtes, ed è una bellissima oca che da l’allarme quando entro nel cortile interno di questa piccola fattoria; caracollando buffamente, mi viene incontro starnazzando fino a che Mme Pelluard non esce dalla casa. Sorridendo allegramente, mi confida che è meglio di un cane da guardia, ed in più non morde, facendomi venire in mente le famose oche del Campidoglio in Roma… Sono le 16 quando entro nella splendida dependance a 4 stelle; il tempo di prendere la doccia e stendere il piccolo bucato in giardino seguito dall’oca che non mi molla, poi mi siedo prendendo della freschissima aranciata con Mme Pelluard; le racconto del mio pellegrinaggio, e venendo alla tappa di oggi, del villaggio di Veignè in festa. Mi spiega che anche a Ste-Catherine-de-Fierbois ed a Ste-Maure-de-Touraine vi è festa oggi, e che molta gente vi è andata, poiché questa zona è rinomata per i suoi formaggi caprini DOC (Denominazione Origine Controllata), ed effettivamente venendo qui ho avuto modo di vedere numerose piccole greggi di capre al pascolo. Concordiamo la cena alle 19,30, ma è irremovibile in quanto all’orario per le petit-dejeuner di domattina «Pas-avant sept heure-trente!» mi dice (non prima delle 7,30!), sorridendo amabilmente…Beh per domani può anche andare bene, visto che per arrivare a Dangé-Saint-Romain ci saranno solo 30 Km, e poi lei mi indicherà un sentiero che mi farà risparmiare almeno 2 Km… Non ho assolutamente la possibilità di recarmi a Ste-Catherine e me ne rammarico un poco, ma non posso avere tutto. A Ste-Catherine non avevo trovato ospitalità nell’Auberge Jeanne d’Arc, in Place Jeanne d’Arc, davanti alla statua di Jeanne d’Arc, Anche al Presbytére della bella chiesa che le sorge accanto, non ho mai trovato le Curé per chiedergli ospitalità! Mme Pelluard si rivela una cuoca sopraffina ed un’ospite gradevolissima mentre ceniamo nella sua bella ed antica casa arredata con mobili d’antiquariato e molti fiori; gentile ed affabile, parliamo di tante cose toccando i più svariati argomenti che una buona e ricca cena può suscitare; così ringrazio la buona sorte per non aver trovato ospitalità a Ste-Catherine, ed avere avuto una serata così piacevolmente ricca di buonumore e senso di ospitalità, tale da farmi dimenticare la stanchezza accumulata durante la tappa di oggi!
Lunedì 06-06-05. 13ª Tappa: Ste-Catherine-de-Fierbois – Dangé-St-Romain. Km 30. Case private; Famille De Guisè e Cheymol. Tel. Presbytére: 05 49 86 40 71.
Alle 7,30 sono a colazione con Mme Pelluard; è il tipico petit-dejeuner francese molto ricco con burro, miele, marmellate caserecce, biscotti, e pane biscottato. Mi viene la tentazione di fermarmi qui ancora un giorno, ma le prenotazioni sono già state fatte per le tappe successive, così alle 08, salutando Mme Pelluard e la mattiniera oca di guardia, prendo il sentiero che mi porterà alla frazioncina di “La Pagerie”, per poi infilarmi nel bosco del Parc de Fierbois con il tempo che vira rapidamente sul brutto con vento e nubi basse. La stretta compartimentale che attraversa campi e pascoli umidi di rugiada, mi conduce in 6 Km a Ste-Maure-de-Touraine, patria dei formaggi caprini (La leggenda vuole che siano stati i Saraceni in fuga, ad abbandonare qui i loro armenti di capre ed i tradizionali segreti della lavorazione dei formaggi, portando però con sé qualche bella jeune filles in cambio…). Entrare nelle sue vie è facile, ma per uscirne diretto alla D59 (dalla parte opposta alla GR655), è un po’ più complicato; vi sono delle belle case risalenti al XVI° secolo nascoste in strette viuzze, e per uscirne, mi è comodo tenere d’occhio il campanile della chiesa che domina la città, così scelgo di seguire un tratto della N10 fino a quando vedo il segnale della GR655 a destra, e la D59 è qualche metro prima, esattamente alla mia sinistra. La decisione di prendere la dipartimentale deriva dal fatto che ha cominciato a piovere, e buona parte della GR, come mostra la cartina, è intieramente su sentiero perciò, meglio avere del buon asfalto sotto i piedi quando piove… La grande vallata della Vienne è una vastissima piana coltivata a girasoli e cereali, ritagliata da stradine e punteggiata da piccoli boschi frondosi, ospitanti stormi di passeracei. A Cléret, lascio la D59 per prendere a destra la compartimentale perfettamente rettilinea che mi condurrà a Draché. Passo davanti alla sua piccola chiesa risalente all’XI° secolo recante una grossa conchiglia sul frontespizio, riprendendo poi i segnali biancorossi della GR, zigzagante attraverso i campi, per giungere al villaggio di La Celle-St-Avant dove ritrovo per pochi metri la N10, la Route Nazionale che ha ricoperto di bitume la rettilinea strada Romana, che era poi quella che calcavano gli antichi pellegrini. Lungo stradine laterali alla N10 e tratti di GR di terra o di erba, scavalco il fiume Creuse a Pont-de-Piles, dirigendomi verso Les Ormes, grosso borgo situato sulle rive della Vienne che corre parallela alla N10 per parecchi Km. Costeggio la linea del TGV per un paio di Km, poi per stradelle laterali, entro in Dangé-Saint-Romain alle 15 sotto una leggera pioggerellina, dirigendomi subito alla chiesa dove mi attende Mme De Guisè, della locale Associazione per l’accoglienza ai pellegrini. Mi conduce da Pére Roger, il Curato affabile e cortese, che si informa del mio cammino e di come proceda, mi pone poi il timbro sulla credenziale, dicendomi che due giorni prima sono transitati due randonneurs; un tedesco ed un canadese del Quebec senza credenziali, e che mi affida ad una buona famiglia. Mme De Guisè mi accompagna a casa sua (poiché la famiglia che mi ospiterà al momento non è in casa), per poter fare la doccia e cambiarmi essendo parecchio umido… Appena entriamo in casa sua, si scatena un temporale tremendo con acqua a catinelle; se solo fossi stato sui sentieri poco prima lasciati, ora sarei bagnato come e più di un pulcino…Accomodato nella loro bella casa, chiacchiero con suo marito davanti ad una fumante tazza di thè alla menta, molto gradito in questa circostanza vista la temperatura precipitata repentinamente, informandomi che vi è più di una famiglia che accoglie i pellegrini qui a Dangé, tutte facenti capo al Presbytére di Pére Roger. Alle 18 smette il temporale, e dopo una ventina di minuti, salutando con effusione la famiglia De Guisè, giunge M.Cheymol che mi trasporta a casa sua. Un’altra bella casa circondata da un ampio giardino mi accoglie, anche se (sfortunatamente per me), è alla periferia di Dangé, posta all’incrocio tra la D58 e la D78 che prenderò domani; ho giusto il tempo di accomodarmi nella cameretta dei figli (ora all’estero), poi alle 19,30 siamo riuniti a tavola per una eccellente cena, egregiamente conclusa gustando il famoso formaggio caprino di Saint-Maure. Godo anche la compagnia del loro bel cane di razza Beagles che, prendendomi in simpatia, mi si accoccola accanto, appoggiandomi il muso sulle ginocchia di tanto in tanto. Una serata ricca di notizie e di domande a cui cerchiamo di dare le giuste risposte da ambo le parti, conclude il giorno di una tappa senza sole, ma ricca di umanità e cordialità, in una comunità dove la cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità è ai primi posti nella scala dei valori…
Martedì 07-06-05. 14ª Tappa: Dangé-Saint-Romain – Naintre. Km 32 Gîte Association La Barque. 25 Rue de la Jaulnerie. Tel : 05 49 90 07 87.
Ho dormito bene avendo avuto cura di mettermi una coperta in più vista la temperatura non proprio estiva che vi era ieri sera (13°~14°), lasciata in eredità dal furioso temporale di ieri pomeriggio, ed alla 7,30 sono a colazione con i Mrs.Cheymol; Andrè mi prepara anche due sandwich per la tappa di oggi, ed al momento dei saluti, mi raccomanda di scrivere loro una cartolina da Santiago, cosa che farò più che doverosamente, poiché, nonostante le mie insistenze, non accettano nulla per la loro ospitalità. Parto alle 08, ben coperto poiché fa freddo e tira vento, incamminandomi sulla D78, poi D161 fino all’altezza della cittadina di Ingrandes, dove ritrovo i segnali della GR655 proveniente da un largo giro ad Est; non entro nella cittadina di Ingrandes, lasciandola un Km ad Ovest, poiché avrei poi dovuto ritornare sui miei passi, oppure camminare sulla pericolosa N10, così proseguo sulla D161 che è tutt’uno con la GR655 fino alla immediata periferia di Châtellerault, grande città sorta sulle due sponde della Vienne. L’entrata in città dapprima mi vede camminare nella zona industriale, poi prendere una lunga pista ciclabile che costeggia la Vienne prima di vedere le alte torri della chiesa di Saint-Jacques, alla quale sono diretto, aldilà del ponte Henry IV° che scavalca il largo e placido fiume. Il tempo si sta rimettendo al bello e le nuvole si ritirano lasciando spazio al sole che velocemente riscalda l’atmosfera e fornisce luce per scattare le foto alle due alte torri di guardia poste all’entrata del bel ponte Henry IV°, eretto nel 1600. Dal 1200 e fino ad allora, era stata una semplice passerella in legno, dove i pellegrini, costretti a passare, molte volte erano oggetto di ruberie e di angherie. Non è così per me, poiché, chiedendomi se sono un pellegrino, vengo gentilmente indirizzato alla Eglise de Saint-Jacques da un robusto signore in attesa della figlioletta davanti alle scuole; al mio assenso, mi dice che lui è il gestore del Camping posto all’uscita della città, dove è il fiume Ozon, e che ha un bel timbro per la Credenziale. Arrivo davanti alla chiesa di Saint-Jacques, trovandola chiusa essendo mezzodì; giro a destra ed a sinistra per vedere se vi è qualche porticina, ma niente da fare, è tutto chiuso! Mi arrabbio un po’, poiché all’interno è custodita una preziosa statua in legno policromo di Saint-Jacques, cosi con il mio bastone batto dei rumorosi colpi sul grosso portale in legno istoriato della chiesa, dove in alto è raffigurato un San Giacomo ligneo in veste di pellegrino che mi guarda con cipiglio… Nello stesso momento, dall’altra parte della via, arriva un tale che mi chiama chiedendomi se sono un pellegrino e se voglio il timbro della chiesa; «Certo» gli dico, «Sono venuto qui per questo, e mi trovo la chiesa chiusa; come mai?» Fino alle 16 è orario di chiusura, però mi invita all’interno della canonica dove mi pone il desiderato timbro, ed in più mi dà delle belle stampe raffiguranti la statua di Saint-Jacques che avrei voluto fotografare all’interno della chiesa! Benedetta Provvidenza, proprio al momento giusto con la persona giusta…! Riprendo il cammino con l’animo allegro lungo l’alzaia della Vienne fino a passare vicino al camping entrando più tardi nel quartiere di Cenon-sur-Vienne fermandomi per il necessario spuntino sulle rive ombreggiate del fiume, poi lo attraverso camminando su un ponte-passerella metallica (costruito niente meno che da Gustave Eiffel), che porta il segnale della GR655 in direzione di una antica Via Romana. All’altezza delle rovine du Vieux Poitiers, prendo la GRP (Gran Randonnèe du Pays), che va a destra costeggiando la riviere della Claine, un fiumicello affluente della Vienne per entrare in Naintre sulla D23. Per arrivare alla Gîte dell’Association La Barque in rue de la Jaulnerie, devo faticare le famose sette camicie; nessuno sa dove si trovi, oppure mi indirizzano da un’altra parte, arrivandovi finalmente da una stretta viuzza; è un luogo di ritrovo per persone di ogni età, così quando entro, vengo accolto cordialmente dai gestori che mi fanno accomodare offrendomi succo di arancia freschissima ed una fetta di torta alle mele. Al martedì vi è il ritrovo per i gruppi che si occupano di fare lavoretti a maglia, oppure vestitini di pezza per le bambole o ancora dei bellissimi fiori di carta che vengono poi messi in vendita per beneficenza. Mme Baranger mi accompagna in una mansarda ben arredata con due letti, mentre la doccia è al piano terra. Vi è anche un ampio parco dove ho la possibilità di stendere i vestiti ad asciugare, visto che ieri non ne ho avuto la possibilità, poi vado in centro per acquistare i viveri e per visitare la chiesa che trovo chiusa. Naintre è fuori dal Cammino di circa 3 Km, ma al camping di Saint-Cyr, aldiquà del fiume Clain, non mi hanno accettato in quanto non avevo una tenda, ed affittare una mobilhome per una sola notte mi sarebbe costato una fortuna.. Alle 19,30 ceno insieme con i Mrs Baranger, così ho modo di apprendere che l’anno scorso erano stati sul cammino di Santiago in Spagna; ne erano rimasti molto colpiti, tanto che decisero di cambiare la loro vita, venendo qui all’Associazione La Barque per farsene carico (come degli Ospitalieri), dedicando ad essa tutto il loro tempo a venire!!! Un incontro con persone speciali che la Provvidenza ha voluto elargirmi in premio della mia venuta in questa cittadina fuori percorso!? Non lo saprò mai, ma ne sono contentissimo, così spiego che anch’io a volte sono Ospitaliero sul Cammino di Santiago, ricordando loro la Ermita di San Nicolás de Puente Fitero che rammentano andando a ricercare notizie nel diario da loro scritto l’anno prima…Anche oggi è un giorno che termina splendidamente, cenando con persone che parlano il medesimo linguaggio dei pellegrini, essendo stati loro stessi, prima pellegrini, ed ora Ospitalieri, in questa piccola comunità di benefattori che offrono sostegno all’impegno sociale di questa associazione.
Mercoledì 08-06-05. 15ª Tappa: Naintre – Poitiers. Km 25. Maison Diocésaine. 10 Rue de la Trinité. Tel : 05 49 60 63 00. Fax : 05 49 60 63 27.
Un materasso eccessivamente duro mi ha costretto a cambiare letto a metà nottata per evitare risvegli inopportuni dovuti ai fastidiosi e continui formicolii nelle parti più sensibili, tanto che, nel fastidioso dormiveglia, sognavo di essere nelle brande del Rifugio Brasca nella bellissima Val Codera che mi avevano procurato il medesimo inconveniente, a quel tempo risolto sovrapponendo due materassi…Alle 7,30 sono nel saloncino consumando la colazione con Michel e Andrea sua moglie, con le ultime raccomandazioni e promesse di risentirci e di tenerci in contatto. Uscendo da Naintre in un mattino freddo ma radioso, ripercorro le medesime vie che avevo fatto ieri per arrivare fin qui fino ad arrivare sulla D23 che scavalcando il fiume Clain, incrocio a destra in località Bel-Air. Una piccola compartimentale che costeggia il Parco di Saint-Cyr ed il suo Golf nei pressi del lago, mi conduce a prendere una antica Via Romana, la “Via Antonia”, lunga circa 13 km, che inizierà a Traversay e terminerà alla immediata periferia di Poitiers, in località Les-Hauts de Buxerolles. Pochi Km dopo Bel-Air, giungo al sito storico di Moussais-la-Bataille. In questo sito storico, ebbe luogo nel 732, la grande battaglia che oppose le truppe cristiane di Carlo Martello, all’armata Araba che risaliva la Francia dopo aver conquistato la Poitiers di allora. Fu con la vittoria dell’esercito cristiano, che qui che si decise la sorte dell’Europa di quel tempo, e buona parte degli storici, concordano nel dire che qui fu fermata l’islamizzazione dell’Europa, ponendo i presupposti della successiva Riconquista in terra di Spagna. E’ un percorso piacevolissimo attraverso i campi di grano di mais e di girasoli, incontrando solo un bikers che mi accompagna per un tratto; l’anno scorso, aveva fatto tutto il percorso da Poitiers fino a St-Jean-Pied-de-Port in mountain bike, e si era trovato abbastanza bene, anche se aveva dovuto prendere, a volte, le trafficate dipartimentali a causa dei segnali mancanti. Passo accanto al Lago del Parco del Golf di Saint-Cyr, osservando dei sussiegosi dandy che danno delle mazzate tremende a delle mansuete palline bianche che, ferme nel ben rasato praticello, prendono il sole…. Dei begli alberi di ciliegio, che stazionano incustoditi in un praticello, carichi di sugosi duroni, mi vedono predarli dei loro frutti, con le proteste di cornacchie egoiste che, gracchiando in malo modo, mi fanno capire che quello è il loro cibo e di non approfittare troppo della loro benevolenza. La “Via Romana”; un sentiero rettilineo attraverso le coltivazioni; si inoltra attraverso i campi fino a raggiungere all’altezza del villaggio di St-Georges-les-Baillargeux, il sito detto della “Croix-Blanche”, nei secoli addietro, punto di riferimento per i numerosi pellegrini diretti a San Martino di Tours, al fine di lasciare la “Via Romana”, per dirigersi all’Hospital di St-Georges-les-Baillageurx, posto in un avvallamento poco discosto dalla Via. Molto probabilmente, essa fu innalzata su un luogo di culto, un antico Sacello Romano costruito ai bordi della “Via Antonia”, che da Poitiers, portava a Tours, e, al momento, accanto all’antico affusto della Croce (costruita in due pezzi), è stata innalzata una nuova Croce con un pannello esplicativo delle sue vicende storiche. Raggiungendo il piccolo villaggio di Fontaine, vedo un cartello esplicativo delle GR364 e 655, piantato accanto ad una verdissima siepe di lauro, assieme a dei segnali per le piste equestri in direzione di Châtellerault e di Poitiers, con una bella conchiglia (per la gioia del pellegrino), che mi indirizza verso una ripida discesa, dove devo ingranare la retro per non scendere a rotoloni… Sempre seguendo i segnali biancorossi della GR655 entro nella grande periferia di Poitiers passando sotto l’autostrada, entrando in Couronneries, dove i segnali svaniscono nel grande quartiere. Una bella ragazza di colore (scambiandomi per un inglese), mi dà le giuste indicazioni indirizzandomi in una piccola viuzza che scende ripidissima verso l’anello della circonvallazione interna, scorgendo le alte guglie della Cattedrale di Saint-Pierre davanti a me, ma ancora lontane. Passo la Clain sul Pont-Neuf, dirigendomi alla Maison Diocésaine, trovando non poche difficoltà per raggiungerla poiché io avevo l’indirizzo di Place Ste-Croix, mentre l’indirizzo dell’alloggio era in rue de la Trinité, ed il portone di accesso era situato in rue du Jardinet!! Ma quando ormai disperavo, che fa la Provvidenza ? Mi fa incontrare addirittura il sacrestano della Cattedrale di Saint-Pierre che vi si sta dirigendo anch’egli…! E’ un grande palazzo ospitante numerosi studenti, ma sfortunatamente, non ho molto tempo a disposizione per chiacchierare con loro; vorrei visitare quasi tutte le chiese di Poitiers, vale a dire Notre-Dame, Saint-Pierre, Sainte-Radegonde, Saint-Hilaire, ed infine, Il Battistero di Saint-Jean, poi all’Office de Tourisme avere una pianta della città per uscirne senza tribolare domattina, ed infine comprare i viveri per domattina, visto che avrò la cena qui alle 19,30, ma la colazione di domani la serviranno alle 08, troppo tardi per me. Alle 17, opportunamente indirizzato, mi dirigo velocemente in Place Charles De Gaulle, dove sorge la splendida Cattedrale di Notre-Dame-La-Grande capolavoro dell’arte Romanica. Recentemente ripulita dallo smog (’92-’94), la facciata è uno fulgore di bionda pietra calcarea illuminata dal sole, dove sono scolpiti gli episodi della Bibbia, tali il Peccato Originale, la nascita di Gesù, l’Annunciazione, e, al disotto del Cristo, i Dodici Apostoli con i due Vescovi Saint-Hilaire e Saint-Martin. Una breve visita all’interno, poi nel vicino Office de Tourisme ho la pianta della città, quindi trotto velocemente alla Cattedrale di Saint Pierre verso la città bassa, dove furono costruiti i primi edifici religiosi. La grande facciata che accoglie il pellegrino, mostra tre profondi portali sormontati da un bellissimo rosone e da due finestre laterali, mentre le due robuste torri laterali, sembrano sorreggerla in un abbraccio poderoso. Ancora più vicino alla Clain, mi accoglie la Chiesa di Sainte-Radegonde, dalla poderosa Torre campanaria romanica, ed ospita un bel portale Gotico fiammeggiante. Antica chiesa di Sainte-Marie-hors-les-Murs, prese il nome di Sainte-Radegonde nel 587, fu ricostruita nel XI° secolo, e la bella navata, rifatta intieramente nel XIII° secolo, conduce alla cripta dove le reliquie della Santa riposano in un sarcofago sorvegliato dalla sua statua marmorea, dono della Regina Anna d’Austria nel XVII° secolo, che, curiosamente, ha il viso della stessa Regina…A poche centinaia di metri, raggiungo il Battistero di Saint-Jean, il più antico monumento cristiano di Francia, eretto probabilmente nell’anno 360 su ordine del Vescovo Hilaire di Poitiers (il protettore di San Martino…). Delle sue antichissime origini, posso ammirare ora la piscina ottagonale dove venivano immersi i battezzandi, l’acquedotto che vi portava l’acqua, ed i muri fino all’altezza delle finestre (cosi almeno mi dice la guida), ed ora ospita una quantità notevole di reperti risalenti all’epoca Merovingia. Il tempo che vola, mi induce a riprendere il veloce trotto verso la lontana Eglise di Saint-Hilaire dove arrivo troppo tardi per entrarvi; ai tempi, essa era la meta di moltissimi pellegrini devoti a Saint-Hilaire. La Basilica costruita sul sito della primitiva tomba del Santo, risale all’XI° secolo, ed ospita tuttora le reliquie di Saint-Hilaire in un cofanetto posto nella cripta. Corroborato dalla vista di tutte queste splendide opere d’arte e di storia, ritorno alla Maison Diocésaine appena in tempo per la cena, dove essendo l’unico pellegrino e per di più straniero (così dicono), mi vengono date delle porzioni molto abbondanti, ma io, molto più prosaicamente, credo che abbiano pensato al mio lungo tour di oggi attraverso la loro magnifica città…Che il Signore li benedica…!
Giovedì 09-06-05. 16ª Tappa: Poitiers – Lusignan. Km 28 Camping Municipal de Vauchiron. (tenda da 4 posti riservata per i pellegrini). Tel: 05 49 43 30 08.
Anche se Poitiers è una grande città, la sua vita notturna non arriva fino a qui, ed il riposo di tutte le persone che soggiornano nelle grande Maison, è assicurato dalla mancanza di bar o luoghi di ritrovo nelle immediate vicinanze, visto che parecchi giovani si erano trattenuti a chiacchierare in giardino fino a tardi…Nella mia camera che guarda a Sud, vedo il sole che già illumina le chiome delle piante nel giardino; sono le 6,30 di un giorno che si annuncia luminoso, ed alle 07 esco dalla Maison salutando una giovane coppia che si scambia effusioni sulla scalinata; per loro inizia un giorno di studio chini sui libri di testo, e per me, di ulteriore conoscenza camminando sui sentieri che videro svilupparsi la Storia della attuale Europa…Uscire da Poitiers è estremamente tedioso, e per evitare i ghirigori della GR, mi dirigo lungo il boulevard che costeggia la Clain, verso il quartiere di Les Trois Bourbon, dove mi incamminerò sulla D4 entrando nel grande Bois de Ligugè. Le GR655 e 364, qui fanno dei pazzeschi andirivieni, per cui decido di tracciarmi un cammino tutto mio, molto più diretto per raggiungere Coulombiers, dove il tracciato diverrà meno tortuoso. Appena fuori dal bosco, lascio la D4 prendendo a destra una piccola compartimentale raggiungendo Les Deux-Croix, trovando dei problemi di orientamento a causa di cartelli fuorvianti che mi portano a spasso in una zona industriale, poi arrivo sul cammino di Peu Secret, ed infine ai numerosi crocevia nella località di La Brifaudiere con dei provvidenziali segnali biancorossi della GR364 che mi indirizzano per circa 200m sulla giusta compartimentale per raggiungere il villaggio di Ruffigny, passando sotto alla N10…Uffah, che faticata, ho la bussola che sta lacrimando..! Esco da Ruffigny dirigendomi completamente ad Ovest, per rientrare nella GR655, divenuta più lineare, alla frazione di La Robinière scorrendo a poca distanza dalla linea ferroviaria, entrando poi, lungo la N11, in Coulombiers, antico luogo di tappa per i pellegrini jacobei. Il cammino fino a qui percorso in perfetta solitudine tra i campi ed i boschi, mi ha riportato nuovamente nell’ambiente agreste più cònsono al pellegrino, liberandomi dall’eccessivo formicolare di gente che ieri vi era in Poitiers. Una sosta per un breve riposo davanti alla chiesa di Coulombiers, poi riprendo il cammino sulla lunga dirittura della N11 per accorciare il percorso; un bel cartello posto all’uscita della cittadina, reca una insegna di benvenuto ai pellegrini, con l’immagine della chiesa sorvolata da una bianca colomba ed una conchiglia posta alla base del quadro…La N11 si rivela troppo trafficata, costringendomi a riprendere la GR655 errabonda a zonzo tra i campi, poi all’entrata di Lusignan, seguo il corso del fiume Vonne per arrivare al Camping de Vauchiron, situato nella valle ai bordi del fiume, sorvegliato dall’alto dalla massiccia mole della chiesa. Il camping è posto in un ambiente ben tenuto e ameno, dal prato ben rasato bordato da alberi e panchine, con il fiume che lo protegge dalla stradina di accesso. Vi sono alcune tende stanziali e dei motorhome con le verande già dispiegate che proteggono dal sole famigliole intente a giocare a carte, mentre dei ragazzi si danno da fare attorno a delle mountain-bike parecchio infangate davanti all’Accueil. Non vi è nessuno che risponde allo squillo del campanello, così lancio un forte fischio ad una persona che, con un grosso tosaerba, sta rasando il prato sotto agli alberi facendo un baccano terribile. É lui il gestore; non mi aspettava tanto presto, così stava lavorando alle piazzole anche perché l’orario di apertura pomeridiana è alle 16, mentre ora sono le 15…Mi mostra la tenda per i pellegrini, posta discosta dal locale docce e servizi, in una zona tranquilla ai bordi del bosco; mi dice che non ha né brande nè materassi, perciò mi fornisce due grosse coperte per rendere meno duro il giaciglio visto che non ho alcun materassino…Al costo di 3 euro, ho una tenda (un poco malandata…), tutta per me da riattare e sistemare, prima di stendere il sacco a pelo sopra la coperta più grossa posata al suolo, mentre l’altra la terrò per coprirmi, poiché credo il sacco a pelo questa notte sarà insufficiente per ripararmi dal freddo. Ho a disposizione tempo e posto per lavare e far asciugare gli indumenti che ieri a Poitiers non avevo potuto lavare, così dopo la doccia, tiro il filo tra due grossi alberi vicino alla tenda stendendo quasi tutto il mio guardaroba… cose che si possono fare solamente in un camping con tanto spazio a disposizione…Salendo una ripida stradina, giungo in alto al villaggio dove è l’Eglise de Notre-Dame e Saint-Junien del XII° secolo, un Romanico tipico della regione del Poitou, soffermandomi nelle sue fresche navate illuminate da provvidenziali lampade, poi in sacristia, un chierico mi appone il timbro sulla Credenziale. Nel Medioevo, Lusignan era un luogo di passaggio e di soggiorno per i pellegrini; qui trovavano gli Hospital e la protezione dei potentissimi Signori di Lusignan, una delle più antiche Casate della regione del Poitou. Essi secondo la leggenda, erano i discendenti della Fata Melusine, e due di loro partiti in Terrasanta, divennero in seguito Re di Gerusalemme e di Cipro! Non mi trattengo molto nel villaggio, e dopo gli acquisti delle provviste in un piccolo “Petit-Casinó”, ridiscendo lentamente al Camping per un altro sentiero erboso, un centinaio di metri prima dell’entrata. La poca gente che è rimasta al camping è impegnata alle casseruole, e mentre il fumo di alcune grigliate si leva in dense volute dai barbecue, accanto alla mia tendina, io ceno sommariamente con pane, pancetta e birra Extra Strong, infilandomi nel sacco a pelo alle 20,30…Vita da pellegrini….!? Mah!
Venerdì 10-06-05. 17ª Tappa: Lusignan – Melle. Km 37. Gîte Municipal “La Maisonnette”. Tel : 05 49 29 04 05. Per avere il codice di accesso alla Gîte, dirigersi all’Office de Tourisme in rue Emilien Traver. Tel: 05 49 29 15 10.
Mi era sembrato strano che ieri sera avessi avuto voglia di infilarmi nel sacco a pelo alle 20,30; forse il sole mi aveva cotto senza che me ne accorgessi, o più probabilmente, sarà stata la stanchezza accumulata durante il lungo tour pomeridiano nella città di Poitiers per la visita alle chiese…All’incirca alle 01 della notte il freddo si era fatto sentire nella piccola tenda, e la coperta che il gestore del Camping mi aveva procurato, si è dimostrata molto utile, avviluppandomi ben bene in essa come il baco nel suo bozzolo. Dormire..beh, ho dormito, ma il campanile della Chiesa posta sopra al costone che domina la valle del Camping, ha voluto farmi sentire tutti i suoi rintocchi ogni ora che passava, (così potevo girarmi da un fianco all’altro o sulla schiena per evitare il formicolio che la dura terra mi procurava circa ogni 60 minuti), esattamente come un tempo, quando vi era l’omino che girava di notte per le strade del villaggio gridando che tutto andava bene; forse qualcuno gli avrà pur tirato un orinale sulla zucca, ma con un campanile, per di più arroccato in alto alla collina, come si sarebbe potuto fare…!? La sveglia oggi è alle 06; la tappa lunga 37 Km mi impone di partire per tempo, e risorgendo dalla tendina, vedo con soddisfazione che il sole oggi mi sarà amico. Sta già spuntando, colorando di rosa l’arcigna sagoma della chiesa, mentre una leggera bruma fluttua a pochi centimetri dal prato, letteralmente punteggiato da miriadi di goccioline di rugiada; per attraversare i 50 m che mi separano dal locale dei servizi, mi lavo letteralmente i piedi, guardando i miei passi lasciare una scia verde sul prato argenteo! Niente colazione per ora, ed alle 6,30 mi carico la zaino sulle spalle lasciando il Camping dormiente, depositando davanti alla porta dell’Accueil la borsa con le due coperte ed un biglietto con i dovuti ringraziamenti. Risalgo la ripida stradina di ieri che mi riporta davanti alla chiesa per uscire dalla cittadina. Ad un carrefour, ho dei problemi di orientamento che mi fanno perdere tempo fino a che riesco a ritrovare il segnale biancorosso della GR ad un crocevia delle D150 e D742, incamminandomi verso Grandchamp per sottopassare la N11. Un paesaggio estremamente pianeggiante colorato dal verde delle più varie coltivazioni mi accoglie indirizzandomi su gradevoli sentieri erbosi o dal fondo di bianco calcare; rettilinei a perdita d’occhio, dividono questa vasta piana calcarea, che un tempo era un mosaico di colture frammezzate da boschi e filari di castagni di cui si intravedono ancora degli sparuti esemplari. Niente e nessuno disturba il mio cammino in mezzo a basse siepi di rovi; solo un cartello con una conchiglia e la scritta “Refuge Pelerin”, posto ad un crocicchio di sentieri poco prima di raggiungere il villaggio di Saint-Sauvant, disturba il mondo vegetale che sta rigogliosamente crescendo. All’incrocio con la D26 proveniente da Nord, prendo la direzione di Saint-Sauvant ad 1,5 Km per fare colazione in qualche bar aperto e per visitare la chiesa risalente al XII° secolo, poi riprendo il cammino verso il villaggio di Jassay a 5 Km lasciando il dipartimento della Vienne per entrare in quello della Deux-Sèvres. Come dice anche la guida, noto in alcuni giardini delle stele funerarie; sono delle tombe di protestanti, a cui venne rifiutata la sepoltura nei cimiteri delle parrocchie cattoliche, ed in questa parte di regione di memoria Ugonotta, vi sono ancora dei pini “parasole”, che nei tempi lontani, servivano a segnalare a distanza le case o le fattorie dove vivevano e si potevano riunire segretamente, genti di fede protestante altrimenti perseguitate. Cammino di pellegrinaggio, uguale a cammino di conoscenza e di riflessioni su ciò che si era, che si è, e che si sarà? Vedendo e leggendo di come vanno le cose degli umani, sembra che la Storia non insegni nulla, o meglio, visto che insegna fin troppo bene ciò a cui possono portare alcuni comportamenti esecrabili, il più delle volte, viene bellamente ignorata… Esco da Jassay su una piccola dipartimentale a destra della GR per risparmiarmi qualche centinaio di metri, riprendendola poi a Le Breuil-de-Chenay, fino ad entrare nel villaggio di Chenay dove è la bellissima chiesa risalente all’XI° secolo concedendomi una ulteriore sosta. Paesaggio vasto e giorno splendido, cielo azzurro e campi verdi, sentieri silenziosi e siepi ombrose; Il Poitou è una bella regione, e forse aveva ragione il Chierico Aymeric Picaud di Vézelay/Parthénay, l’estensore del Libro Quinto (o più significativamente “Guida del Pellegrino”), del Codice Calixtinus, nel magnificarla assieme ai suoi abitanti…Riparto da Chenay sospinto da una brezza gagliarda che mi rinfresca, prendendo nuovamente la GR per arrivare, con delle belle varianti lungo sentieri bordati da alte siepi, nei pressi del villaggio di Sepvret, dove mi arresto per il pranzo in un campo di ombrosi ciliegi sotto i rami carichi di frutti. Riprendo la via entrando in Sepvret, minuscolo villaggio, dove un amabile e petulante abitante, mi indirizza su una strada sbagliata che va decisamente ad Ovest; glielo faccio notare, ma quando vedo che insiste troppo, decido di dargliela vinta incamminandomi sulla strada che mi indica, per poi fare dietro front quando fuori dalla sua vista, arrivo ad un piccolo crocicchio di strade prendendo quello che, secondo me e la mia bussola, è l’esatto cammino…Decisione saggia, e poco dopo ritrovo il segnale biancorosso della GR655 su un palo posto al lato della compartimentale. Un bellissimo sentiero largo ed erboso mi conduce per 7 Km circa fino allo stagno situato vicino alla frazioncina di Chatenay. E’ da circa 500m che odo uno strano rumore a cui non so dare una spiegazione, ed arrivando accanto allo stagno, sento che proviene da lì; vi è una vettura e qualcuno all’interno che suona qualche strano strumento dal suono profondo. Grande è la sorpresa quando vedo una bella ragazza dai lunghi e riccioluti capelli corvini che, seduta, suona lo “Dijeridou”, il tipico strumento a fiato degli aborigeni australiani! Con un largo sorriso ed un’aria discola, mi racconta che a casa non lo può suonare, perché fa scappare gli animali da cortile, e sua madre glielo confisca immediatamente, perciò viene qui vicino allo stagno dove, al massimo, vi sono le ranocchie che si zittiscono…Dopo due Km entro in St-Léger-de-la-Martinière, un piccolo villaggio alle porte di Melle; lascio la GR per incamminarmi sulla dipartimentale entrando in Melle ed all’Office de Tourisme, per avere la chiave della Gîte, posta quasi in periferia, all’inizio di un “Chemin de Découverte”, che, come vedrò più tardi, porta direttamente alla Eglise de Saint-Hilaire. Gentili e sollecite ragazze, mi forniscono della pianta della cittadina e del codice di accesso alla Gîte, alla quale mi reco subito, discendendo alcune piccole viuzze sotto il sole implacabile. La Gîte è una piccola casetta dalle imposte azzurre con un delizioso berceau (bersò) all’esterno ed un grande tavolato; non vi è nessuno, e nessun’altro pellegrino ha riservato per oggi, perciò, sbrigo in fretta le faccende, per incamminarmi lungo il sentiero di découverte, un bel viale botanico bordato da numerose specie di piante e cespugli, con tutti i nomi scientifici e le spiegazioni del caso, fino a raggiungere la magnifica Eglise de St-Hilaire, una delle più belle chiese Romaniche sulla via del pellegrinaggio a Compostelle. Risalente al XI° secolo, ha i due portali riccamente scolpiti da un bestiario di animali reali varianti in figure fantastiche e mitologiche, mentre sul portale Nord vi è la celebre statua del Cavaliere. Essa raffigurerebbe l’Imperatore Costantino che calpesta il paganesimo, ma la raffigurazione non ha poi l’aria così tanto minacciosa, a mio giudizio…Preziosa è la vista delle sue cappelle posteriori, mentre all’interno è abbastanza severa. La lunga tappa di oggi mi costringe ad affrettare la visita per cercarmi una cabina telefonica (oltre a trovare un negozio per acquistare i viveri), dalla quale telefonare alle ospitalità dei giorni a venire, e dover risalire nella cittadina è particolarmente affaticante. Finalmente trovo una cabina telefonica nel piccolo parco posto al lato del mercato coperto (les Halles), occupata da una ragazza particolarmente incollata alla cornetta; la comunicazione per Aulnay-en-Saintonge va e viene, e quando ormai dispero di contattare Mme Thuille, riesco ad avere la linea senza disturbi, potendo accordarmi per l’indomani. Sono le 20 quando rientro alla Gîte carico di viveri, con il sole ancora caldo che mi permette di sedermi sotto al pergolato per la cena, guardato con curiosità da passanti o persone provenienti dal Chemin de Découverte, portati a spasso dai loro amici a quattro zampe.
Sabato 11-06-05. 18ª Tappa: Melle – Aulnay-de-Saintonge. Km 33. Chambre d’Hôtes. Mme Thuille Dominique. 31 rue St-Jean. Tel :05 46 33 12 18.
Notte tranquilla trascorsa nella solitaria Gîte che, anche se posta vicino ad un rond-point, dopo le 10 non ha più udito passare neanche una vettura. Dal chiarore dell’alba che filtra dalle imposte vedo subito che il giorno sarà bello e soleggiato e ciò mi mette di buonumore, perché anche oggi la tappa sarà superiore ai 30 Km. Nel microonde della ben attrezzata cucina, ho l’opportunità di far riscaldare un paio di scodelle di latte ed anche i pani al cioccolato (cosa che difficilmente potrò fare in seguito), lasciando poi nel frigo, il restante latte, alcune cibarie ed una lattina di birra a disposizione dei prossimi pellegrini, con un biglietto indicante la data del mio passaggio. Uscendo dalla Gîte, riprendo lo Chemin de Découverte ripassando davanti alla Eglise de St-Hilaire seguendo i segnali della GR che mi conducono, attraverso questo mattiniero tunnel arboreo, a passare sotto l’Autostrada per raggiungere l’hameau di Le-Bassiou con un mezzo giro d’orizzonte. La nebbiolina mattutina si stacca pigramente dai grassi prati bagnati dalla Béronne, ed alcune lepri estremamente mattiniere, schizzano velocemente nella siepe al lato del fiumicello sentendo il rumore dei miei passi sul ghiaietto; ma come mai non sono scappate quando sono passati i due bikers che per un niente non mi hanno investito un minuto fa? Lascio la GR che fila a destra verso St-Romans-les-Melle per prendere la piccola compartimentale che, tagliando in diagonale, mi risparmierà circa 3 Km fino a raggiungere Mazières-sur-Béronne dapprima, e poi Turzay, dove la riprenderò bellissima, su comodi sentieri bianchi o erbosi bordati da alte siepi di giovani querce e lecci. Sono sentieri di servizio che dividono estese coltivazioni di granoturco o di grano ancora verde, mentre altri appezzamenti coltivati a prato, sono punteggiati da rulli di fieno dorato. E’ segnalata molto bene fino alla località di Le-Vauvaines, dove un segnale posto male ad un crocevia di sentieri mi blocca.La guida dice di prendere il quarto sentiero da destra, mentre questo indica in modo ambiguo sia il terzo che il quarto! Seguo il consiglio della guida, ma poco dopo al rientro sulla D740 mi accorgo che quello esatto era il terzo…Entro in Brioux-sur-Boutonne, anticamente punto di incontro di due Vie Romane, ammirando la Porta di St Jacques che sussiste tutt’ora, ricordandoci che erano numerosi i pellegrini che la attraversavano. Nonostante la GR sembri tracciata da un ubriaco, decido di seguirla essendo quasi intieramente tracciata su dei bellissimi sentieri che mi faranno dimenticare i Km in più, e tra l’altro, al bordo di questi si trovano numerosi ciliegi ancora guarniti di frutti…La pianura lascia il posto a dei piccoli vallonamenti che, assieme ai boschi di querce ed alle giravolte dei sentieri, fanno scoprire paesaggi nuovi che l’occhio assapora con piacere. A Le-Pontioux la GR va ancor più ad Ovest, con un gran giro che mi porta a Villefollet, passando in una zona di piccoli stagni che in caso di pioggia sarebbe senz’altro meglio evitare in quanto sarebbe tutto inondato e difficilmente transitabile se non con degli stivali. Quando rientra in direzione Est, dopo un grande vigneto, il sentiero erboso si innesta su una antica strada Romana che da Saintes portava a Roma. Lo seguo fino a quando mi porta aldilà della D950 verso il Bois d’Ensigné, (Ensigné è un piccolo villaggio ora situato 3 km fuori cammino, ma nei secoli scorsi, nel XII° sec, fu sede di una antica Commanderia dei Cavalieri Templari, ed il Cammino di St-Jacques passava esattamente in quel villaggio), dove, entrando nel dipartimento della Charente-Maritime, trovo la prima “Borne”, (cippo) con la conchiglia di Saint-Jacques! Che felicità, non mi par vero di trovarla qui; sembra quasi di essere già in Spagna, dove questi cippi ti allargano il cuore quando li trovi ai bivi ed ai crocicchi mentre sei sotto un temporale tremendo e non puoi guardare la cartina; sono la “longa manus” degli Amici del Cammino o degli Ospitalieri, che ti dicono: «Non avere timore, ci siamo noi che ti conduciamo per mano, fatti condurre da noi!». Una piccola sosta per il pranzo accanto al cippo, mi permette di osservare una coppia che, poco distante, sta trafficando attorno ad un fiore cercando di fotografarlo con una macchina fotografica dotata di un flash anulare professionale. Sono solo un pellegrino, ma sono anche curioso, e chiedo loro cosa stanno fotografando… Lui è un docente di botanica, da queste parti con sua moglie per un weekend di vacanza, e stanno svolgendo una ricerca su alcuni tipi di fiori endemici di queste zone, da presentare poi agli alunni per le loro ricerche…Riprendo il cammino costeggiando il Bois D’Ensigné, poi il Bois Bréchou, entrando nel villaggio di Villedieu su un lungo sentiero bianco, pietroso e polveroso che mi riempie i sandali di brecciolino e di polvere finissima, tanto che entrando nel sagrato della Eglise de Ste-Madéleine, ficco i piedi sotto la provvidenziale fontanella per evitare di levigarmi i piedi con la troppa sabbia entrata nelle calze, poi come un cammello ad una oasi, mi bevo quasi un litro di freschissima acqua…! Non mi ero reso conto della sete che avevo; forse il sole non picchia come gli altri giorni? Io credo che, più probabilmente, sia stata la mezza baguette con la gustosa pancetta affumicata…. Mancano poco più di 7 Km ad Aulnay, e le bornes con la conchiglia mi indirizzano ottimamente ad ogni bivio del sentiero, ancora più chiare che non il segnale della GR, dato che si scorgono da lontano essendo un parallelepipedo di cemento bianco di 20x30x70 cm di altezza. Entro in Aulnay alle 16, e sebbene Mme Thuille mi avesse detto che la sua casa era sulla direzione del cammino che attraversa la cittadina, ho parecchia difficoltà a trovarla, nascosta come è in una viuzza laterale senza il numero civico…Riesco a trovarla affacciandomi ad una finestra aperta, da dove esce musica etnica suonata da un gruppo di ragazzi. Mme Thuille mi accoglie gentilissima, mi offre una caraffa di acqua con ghiaccio, accompagnandomi ad una cameretta discosta dalla sua casa, al piano superiore di una piccola Grangia. Velocemente mi prendo una graditissima doccia, poi mi accordo con lei per la cena alle 20, quando rientrerà anche suo marito ed i suoi quattro figli, ed alle 17, sotto il sole caldissimo, mi dirigo verso la magnifica Église di Saint-Pierre-de-la-Tour d’Aulnay, una delle più belle e più pure chiese di stile Romanico di Francia. É Patrimonio Mondiale dell’Unesco, ed è una tappa imperdibile del Cammino di St-Jacques. Costruita nella seconda metà del XII° secolo, è un prezioso gioiello per l’eleganza della strutture e delle sculture che ornano le volte dei Portali; situata in un recinto custodito da un basso muro di cinta, è letteralmente circondata da un cimitero di antiche tombe (altre tombe risalenti al XIX° sec, sono perfette imitazioni degli antiche sarcofagi), e sarcofagi in pietra sorvegliate dai bei cipressi piegati dalla tempesta del 1999. Il Portale centrale, ha le volte finemente istoriate con i segni dello Zodiaco, il lavoro dei mesi e dell’anno, la Parabola delle Vergini sagge e delle Vergini stolte, i Vizi e le Virtù, Al di sopra vi è il Timpano, ora malinconicamente vuoto, che ospitava una scultura a cavallo dell’Imperatore Costantino simile a quella della chiesa di St-Hilaire a Melle! (un frammento del cavallo è custodito all’interno della chiesa), mentre i timpani dei due portali ciechi a fianco, ospitano rispettivamente la Crocifissione di Pietro, ed una rappresentazione di Cristo con i Santi Pietro e Paolo. Il Portale Sud, il più celebre, è uno splendore di sculture raffiguranti animali e figure umane con la pietra plasmata in disegni e ghirigori fantastici dall’ispiratissimo scultore. L’interno custodisce una pregiata statua in legno scuro di epoca Rinascimentale della Vergine con Bambino, una statua di San Pietro Papa del XV° sec, ed una pila dell’acqua Santa risalente al XII° sec, mentre i Capitelli riccamente istoriati scolpiti in cima ai bei pilastri di pianta floreale, sorvegliano dall’alto i turisti ed i pellegrini che si aggirano estasiati in questo fulgido tempio della fede. All’esterno, posta ad una decina di metri dal Portale Centrale, si eleva la “Croix Hosannière”, così detta poiché il giorno di Pasqua, il sacerdote benediceva i rami di lauro o di bosso che i fedeli, radunati attorno ad essa, tenevano in mano dirigendosi poi in chiesa al canto dell’Hosanna, che, come sappiamo, è il canto che ricorda la gioia di Gesù entrando in Gerusalemme…Su questa Croce, vi sono raffigurati le sculture dei quattro Apostoli, con un San Giacomo parecchio malandato…Aldilà del pellegrinaggio che mi ha permesso di arrivare qui ad ammirare questa affascinante opera d’arte ancora perfetta nonostante l’incedere del tempo, sono convinto che intraprendere il viaggio ed i Km da fare, esclusivamente per venire qui ad ammirarla, ne valga veramente la pena…Rientro nella cittadina recandomi in centro per acquistare la CocaCola e dei francobolli per poter spedire delle cartoline che ho nello zaino da un po’ di tempo, poi rientro da Mme Thuille per la cena vegetariana con radicchio, burro, cavolfiori lessati con una deliziosa crema, formaggi e yogurt, restando a chiacchierare con loro fino alle 21,30, ammirando, prima di rientrare nella cameretta, un tramonto rosso fuoco che incendia l’orizzonte; “Rosso di sera, bel tempo si spera”; sperando che questo detto brianzolo valga anche qui in terra di Francia…!
Domenica 12-06-05. 19ª Tappa: Aulnay – Saint-Jean-d’Angely. Km 21. Centre de Culture Européenne. Centre Saint-Jacques-de-Compostelle. Abbaye Royale. Tel : 05 46 32 60 60. Fax :05 46 32 60 70.
Sembra che il detto brianzolo valga anche qui in Francia, poiché alle 6,30 quando apro gli occhi sul nuovo giorno, vedo che il sole mi arrida sebbene sia ancora sonnacchioso come me, ma ci metterà ben poco a mettersi in pista all’inseguimento della luna. Bene, dopo la colazione con la famiglia Thuille, riprendo il cammino alle 7,30, ripassando davanti alla Chiesa di St-Pierre in direzione della Cooperativa Agricola dove ritrovo i cippi con la conchiglia. Ieri, telefonando al Centre Européenne di Saint-Jean-d’Angely, qualcuno mi aveva detto di presentarmi entro le 12 oppure dopo le 17, così in un primo momento, mi ero ripromesso di prendermela abbastanza comoda oggi, visto che la tappa è corta, ed arrivare dopo le 17, poi ripensandoci bene, anche camminando tipo lumaca a circa 4 Km/ora, convengo che alle 13,30 sarei sicuramente davanti al Centre di St-Jean, rischiando di dover attendere l’apertura fino alle 17..! Decido che non vale la pena di traccheggiare lungo il cammino o di aspettare in un bar, così visti anche i bei sentieri che calco, metto il turbo prendendo una andatura allegra confacente all’arrivo ante-meridiem,e riservarmi l’intero pomeriggio per le faccende domestiche prima, e la visita alla cittadina poi…Passate le ultime case ed i capannoni della Cooperativa Agricola, l’orizzonte si dilata davanti a me, prospettandomi una piana immensa coltivata a grano, e solo il sentiero che calco, la taglia verso i lontanissimi e solitari alberi che punteggiano qua e là il tavoliere; sembra quasi di essere ritornati nella Beauce..! Arrivando alle poche case di Le-Petit-Virollet, il sentiero contorna alcune piccole fattorie, poi ripiomba nella immensità cerealicola, lasciando a sinistra il villaggio di Paille dal campanile puntuto, che sbuca sopra i tetti di ardesia delle case. Quasi rettilinea, la GR655 mi conduce nel centro di Les-Églises-d’Argenteuil, grosso borgo che ha conosciuto la sua distruzione nel corso delle guerre di religione che imperversarono da queste parti, ed il plurale del suo toponimo, non deve trarre in inganno, poiché delle sue tre chiese che esistevano nel Medioevo, solo la chiesa di St-Vivien sopravvive ora, mentre delle altre di Saint-Martin, e della Commanderia degli Ospitalieri di Gerusalemme, non vi sono più nemmeno le rovine. Bordeggiando la verdeggiante Vallèe de la Boutonne, entro in Poursay-Garnaud, e poi Courcelles, stando attento ai numerosi e ronzanti alveari posati vicino alle siepi fiorite ed agli alberi in fiore. Sono le 10,40, e sto filando come una vaporiera senza fare alcuna fatica; la temperatura fresca unita alla bellezza dei paesaggi è un viatico formidabile per il pellegrino! Lasciando che gli occhi scorrano su questi paesaggi, rammento che in questi giorni non ho incontrato quasi nessuno lungo il cammino; bisogna dire che erano giorni di fine settimana, e forse nessuno girovagava per i sentieri o nei campi, ma mi piacerebbe incontrare qualche “Fermier”, (M. Thuille era camionista…), per chiedergli qualcosa circa le coltivazioni ed il lavoro in questa zona di Francia così cerealicola…Entro in St-Jean alle 11,20, arrivando giusto in Place de Pilori (meglio ancora, rue Grosse Horloge); (attualmente, vi è un pozzo-fontana, monumento rinascimentale, datato 1546, proveniente da un castello della regione, mentre nel Medioevo qui sorgeva il vero “Pilori”, ossia la gogna dove venivano legati ed esposti al pubblico ludibrio i malfattori o coloro che erano invisi ai Signori del luogo…), proprio davanti all’Office de Tourisme, passando sotto alla Tour de l’Horloge. Le due Torri dell’Abbaye Royal, sono poco distanti, e quando entro nella Court d’Honneur del Centre, vedo che vi sono molti ragazzi e ragazze, dato che questo è un Centro di scambi culturali per studenti liceali provenienti da tutto il mondo. È una babele di lingue quelle che si odono quando salgo la scalinata che porta al piano superiore, dove è l’ufficio per l’accoglienza ai pellegrini; vi sono studenti provenienti dalla Germania, dalla Spagna e qualcuno anche dall’Italia, oltre naturalmente ai Francesi. Dopo i saluti di benvenuto, vengo accompagnato ad una cameretta destinata ai pellegrini dotata di quattro letti di cui tre in un bel soppalco; vi è anche una comitiva di turisti che stanno ammirando un antico torchio in legno, posto qui in un corridoio, con la guida che dà tutte le spiegazioni del caso. Mi è detto che tra poco andranno tutti a pranzo, e se ho piacere, di accomodarmi con loro.. Più tardi verso le 15, vi sarà un concerto di strumenti ad arco (violini, violoncelli ecc…), e se vorrò assistere sarò il benvenuto. Il tempo di posare lo zaino e di farmi la doccia, poi scendo nel vasto refettorio, già affollato, prendendo posto accanto alle guide degli studenti. Scambiando un po’ di chiacchiere, mi dicono che oggi sono stati ad Aulnay a vedere la Chiesa di St-Pierre, mentre al pomeriggio avranno le normali sessioni di lavoro suddivisi per gruppi. Al termine del pranzo, visto che il tempo non mi manca, mi ritiro in camera per scrivere le numerose cartoline, poi scorrendo il “Livre d’Or”, messo a disposizione dei pellegrini che sostano qui, leggo che due giorni fa sono stati ospitati 3 pellegrini, 2 francesi ed una statunitense diretti anche loro a Santiago di Compostella. Alle 15 esco dall’Abbazia per il tour della cittadina scattando foto alla Tour de l’Horloge ed alle due alte Torri che sorgono dove anticamente vi era l’antica Abbazia di Saint-Jean Baptiste fondata nel 817 dai monaci di Cluny, dopo che Pipino I° (nipote di Carlomagno), aveva affidato loro la reliquia (il cranio..), di San Giovanni Battista (anche se già allora se ne conosceva una che era custodita ad Amiens…). L’Abbazia fu più volte distrutta dai Vichinghi; nel 1010 è nuovamente ricostruita ad opera di monaci Benedettini che ritrovano la Reliquia, attirando così i numerosissimi pellegrini diretti a Compostelle, e da allora St-Jean diventa una tappa obbligata del Cammino Compostellano. Nel 1568, al tempo delle guerre di religione, viene distrutta di nuovo, e solamente nel 1700 si inizia la ricostruzione, ma la mancanza di denari e la Rivoluzione poi, bloccano le opere in corso, con la facciata e le due Torri che attendono, testimoni muti ed incompiuti, il completamento di quella che ai tempi era una bellissima Abbazia. Mentre visito la cittadina, il sole, come si suol dire, spacca le pietre, vedendomi costretto a rasentare le case per stare all’ombra, per cui, appena posso, compro il necessario per l’indomani poi, individuo il Ponte di St-Jacques dove il Cammino scavalca la Beronne, il fiume che dovrò attraversare domattina per uscire dalla città, quindi rientro all’Abbazia per riposarmi nella frescura della cameretta in attesa dell’ora di cena. Alle 19 ceno con tutti gli studenti del Centre al completo, ed è immaginabile il simpatico e chiassoso bailamme che vi era. Fortunatamente, sono a tavola con una simpatica ragazza tedesca che parla francese, diversi francesi, e gli autisti dei Pullman che questa mattina hanno portato gli studenti ad Aulnay, uno dei quali è Rumeno (con cui non è possibile intendersi per niente), però l’altro è di Santiago di Compostella, così, dopo cena, ci ritroviamo nel cortile, ora in ombra, chiacchierando piacevolmente della Spagna e di Santiago di Compostella, mia meta, e sua città natale. A volte il mondo è proprio piccolo piccolo…
Lunedì 13-06-05. 20ª Tappa: Saint-Jean-d’Angely – Saintes. Km 35. Hèbergement Pèlerin. Dietro la Église de Saint-Eutrope. Mme Colson. Tel : 05 46 74 59 44. Portable : 06 73 56 94 04. email : ultreiasaintes@aol.com
Oggi niente colazione, poiché alle 07 quando armeggio attorno alla robusta cancellata per uscire, tutti dormono saporitamente, e solo il guardiano che era stato preventivamente informato della mia partenza, giunge assonnato ad aprire e poi a richiudere l’Abbazia. All’alba, il tempo sembrava mettersi al bello, ma, fatti pochi Km sul bel sentiero detto “de la Princesse”, che porta al castello di Beaufief, la densa foschia caliginosa che oscurava l’orizzonte si alza rivelando la nuvolaglia di un temporale in arrivo. Spero tanto che non piova, visto che oltre a dover camminare per molti Km su sentieri erbosi o di terra, la tappa sarà parecchio lunga. Uno stretto sentiero sassoso mi conduce verso il villaggio di Mazeray, ma non vi entra, e mentre cadono le prime gocce di pioggia, incontro una coppia di olandesi che in mountain-bike percorrono il sentiero. Un folto bosco di querce ci ripara momentaneamente; mi dicono che sono qui in vacanza con un camper ed utilizzano le bici per percorrere ogni giorno tratti del Cammino di Tours fino ad arrivare a Bordeaux. Mentre io mi copro con la mantella, essi non hanno nulla per ripararsi, così li saluto riprendendo il percorso per arrivare a Fenioux dove arrivo camminando attraverso dei bellissimi vigneti. Sempre con il temporale che tuona, ma che non scarica più pioggia, giungo davanti alla bella chiesa di Fenioux, un altro capolavoro dell’arte Romanica, ma quello che caratterizza la località, sono le “Lanterne dei Morti”; alte torri affusolate, in cima alle quali, nella lanterna, di notte venivano accesi dei fuochi, ardenti fiamme eterne in onore dei trapassati sepolti nei vicini camposanti, inoltre, veri fari terrestri, indicavano ai pellegrini spersi o in transito da queste parti, il villaggio che è infossato in un valloncello, e per questo assolutamente invisibile da lontano. Il portale della chiesa ha la volta riccamente istoriata del classico “Sermon Santingentoise”, (le stupende sculture descrittive degli episodi del Vecchio e Nuovo Testamento destinate ad istruire i fedeli analfabeti), sostenuta da un fascio di dieci leggiadre colonne per lato. Piccole mandrie di bianchi vitelli di razza “Charolaise” ed alcuni “moutons”, popolano i prati bagnati dal corso dal Bramerit, un ruscello che scorre incassato tra alte siepi di noccioli sul fondo del valloncello, tallonandomi muggenti e belanti, mentre percorro la stradina che mi conduce in alto dall’altra parte della valle, forse per dirmi di stare attento al temporale che continua a girarmi intorno brontolando cavernosamente…Le strade bianche da qui si restringono in piccoli sentieri di erba non falciata o di terra, che in caso di pioggia diverrebbero fangosi, mentre gli alberi mi scaricherebbero addosso l’acqua deposta sulle foglie. Un segnale ambiguo posto dopo La-Frédière, mi fa risalire un costone in sottobosco estremamente stretto e maltenuto, con il fondo di pietre usate per le massicciate ferroviarie, e per mia fortuna, la suola dei sandali si rivela molto buona e dura quanto basta a neutralizzare gli spigoli di queste pietraie! Lascio in alto a destra il villaggio di Juicq e la sua chiesa circondata da innumerevoli sarcofagi, affrettandomi per giungere a Le-Douhet per visitare la Chiesa Romanica dell’XI° sec. dedicata a San Marziale, dal Portale istoriato da sculture tali quelle del Cristo con i Dodici, ed i capitelli delle colonne raffiguranti scene enigmatiche, come quella di un uomo che tiene un leone per la mascella, mentre un altro cerca di infilargli l’altra mano nella bocca di un mostro… La guida dice che persino gli studiosi non riescono a dare alcun significato a questi simbolismi… Una piccola sosta nel bar posto proprio di fronte alla chiesa, per un bollente caffelatte, poi via di nuovo in cammino su sentieri in sottobosco, facendo ben attenzione ai segnali, il più delle volte sbiaditi, alla volta del villaggio di Fontcouverte anch’esso riparato nel fondo di un vallone. (Fontcouverte deve il suo nome alla fonte che alimentava la città di “Mediolanum” (da non confondere con la nostra Milano..), ora Saintes, con un acquedotto. I segnali, mi indirizzano verso il locale campo da Golf, ed io li seguo cedendo alla malaugurata idea di andare a vedere i resti dell’acquedotto (mentre la dipartimentale sarebbe stata molto più comoda), infilandomi in un sentiero tortuoso e difficile che, tra l’altro, non mi permette di arrivare all’acquedotto e mi fa allungare di molto il cammino! Però dopo esserne uscito più avanti, mi ricompensa permettendomi di scorgere due bei caprioli che mi attendono fin quando arrivo a 20m da loro, scappando a zampe levate solo quando sentono il rumore che fa la zip del marsupio quando cerco di estrarre la fotocamera! Risalendo la collina attraverso i campi di grano, vedo ergersi lentamente l’altissima guglia della Église di St-Eutrope di Saintes, ed infine tutta la città adagiata in riva alla Charente, che qui fa delle grandi anse. Il cielo, sempre nuvoloso, avvolge la città con un brutto grigiore, non facendo risaltare il giusto contrasto tra il verde degli alberi e le pietre, con cui sono costruite le antiche case poste sul percorso per arrivare alla Église di St-Eutrope dove vi è il rifugio. Un giro tortuoso e faticoso su è giù lungo stradine e scalinate, mi conduce infine alle 17 al rifugio, posto nel cortile dietro la parte absidale della Chiesa, ed al suono del campanello, mi apre la porta una ragazzina dai lineamenti orientali. É Olivia, la pellegrina statunitense della quale avevo letto la dedica nel Livre d’Or della Abbaye Royal di Aulnay assieme a quelle di altri due pellegrini francesi. Sfortunatamente, lei parla solo inglese, per cui devo cercare sveltamente di riportare alla mente ciò che di questa lingua ho studiato durante l’inverno scorso; ben presto però riusciamo a capirci quanto basta, così, mi spiega che i due francesi sono partiti stamattina, e che Mme Colson, arriverà più tardi per i timbri e per l’accoglienza, e lei, essendo una studentessa in informatica, si è fermata qui due giorni in più, per poter visitare la città e per riposarsi. Mme Colson arriva quasi subito, così riesco ad uscire in città per visitare la Cattedrale di Saint-Pierre, vedere l’Arc de Triomphe (o Arc de Germanicus, sotto al quale, anticamente, transitavano tutti i pellegrini diretti al Vecchio Ponte per poter attraversare la Charente. Costruito all’entrata del Vecchio Ponte, esso commemorava il compimento della Antica Strada Romana che attraversava la Gallia, fu poi traslato, dall’entrata del Vecchio Ponte a dove si erge ora, nel 1843 per permettere la costruzione di un nuovo ponte), e naturalmente la Église di St-Eutrope, riuscendo a fotografare anche la cripta dove un bianco sarcofago contiene le reliquie del Martire evangelizzatore della Saintonge (contemporaneo di Gesù Cristo), qui martirizzato perché, oltre a fare numerosi adepti, riuscì a convertire Eustelle, la figlia del Governatore Romano, il quale per vendicarsi lo fece lapidare e seppellire fuori dalle mura della città, e solamente nel VI° secolo venne costruita una prima chiesa sopra la sua tomba con i suoi resti posti in una cripta. La Cattedrale di St-Pierre quasi mi trae in inganno, quando guardando il suo orologio vedo che segna le 18… Ha le lancette indietro di una ora, e mi devo affrettare verso i negozi per comprare i viveri per stasera e per la colazione di domattina… Ah, se il pellegrino potesse vivere di sola aria…! Al rientro al rifugio, faccio appena in tempo a ritirare il bucato prima di un breve e violento scroscio di pioggia, poi a partecipare alla S. Messa in St-Eutrope. Nel rifugio, dove Olivia si cucina delle cose macrobiotiche (inenarrabili per me…), ceno con baguette, pancetta di saporito “pure porc”, e della profumatissima birra, lasciando esterrefatta l’ineffabile Olivia che si consola con dei puritani succhi di frutta… Usi, costumi e cibi totalmente differenti, ma abbiamo una medesima meta; Santiago di Compostella, e di Santiago ne parliamo, per quanto difficoltosamente, fino alle 22 quando, insonnoliti, ci auguriamo arrivederci all’indomani!
Martedi 14-06-05. 21ª Tappa: Saintes – Pons. Km 22. Maison Privée. Mr. Michel Richard. 15 rue du Colombier. Tel : 05 46 94 06 00.
Rifugio piccolo con gradevoli letti che hanno permesso un buon riposo, ed alle 6,30 siamo entrambi ai fornelli per scaldare, io il latte, ed Olivia delle tisane Dio-me-ne-scampi… Dei pani al cioccolato e biscotti ci vede uniti nella condivisione, poi alle 07 lasciamo il rifugio con il tempo che ha messo giudizio, ed il sole che ha ripreso la sua funzione, costeggiando la Charente per un buon tratto, passando sotto l’autostrada trafficatissima e rumorosa. Olivia è una ragazza di 22 anni e come la maggior parte delle persone di origini orientali (credo che i suoi genitori siano dei coreani), è minuta, ma ciò che sorprende, è che ha in spalla un monumentale zaino di circa 18 Kg di peso, con tenda materassino sacco a pelo, ecc,ecc, e marcia con facilità. Il percorso, perfettamente segnalato, attraversa campi di grano, di mais e girasoli, con qualche fondo coltivato a colza, mentre ordinati vigneti coprono i fianchi di basse colline. Passiamo accanto a ciò che resta del Teatro Gallo-Romano, ed arriviamo alle poche case dette “Les-Arènes”, (presumibilmente il sito dove fu lapidato St-Eutrope). Alle 08 avevo un appuntamento telefonico con M Richard di Pons, riguardante il rendez-vous per arrivare a casa sua nel pomeriggio, e me ne ricordo appena in tempo, così concordiamo di trovarci per le 13,30 all’entrata di Pons, e non salire nella parte alta della cittadina dove è l’Office de Tourisme, mentre Olivia con tutta probabilità, si dirigerà al Camping. Ci avviamo sullo “Chemin Anier”, un bel sentiero che si srotola nel patchwork di grandi colture intensive di grano, girasoli e colza con gradevolissimi effetti cromatici, dati dal sole che splende gagliardamente, entrando nel villaggio di Preguillac. Ne usciamo camminando nella piccola rue chiamata “Chemin Saint-Jacques” che si innesta di nuovo sullo Chemin Anier. Alle 10,30, seduti all’ombra di un enorme Château d’Eau (acquedotto a caduta) ci prendiamo una doverosa sosta, visto che il sole si sta prendendo gli interessi sulla vacanza di ieri, poi ripartiamo sulla lunghissima dirittura della GR655 che si innesta sulla D249 in località La Roulette, a pochi Km da Pons. In una grande aiuola, poco prima di passare sotto la N137, troviamo il cippo con la conchiglia e la scritta “Pons” che ci indirizza nella cittadina lungo la Avenue Gambetta. Qui saluto Olivia dandoci l’arrivederci per domani lungo il cammino, poiché, come previsto, lei si reca al Camping, mentre io mi avvio verso la cittadina sotto il sole implacabile. Sono le 13,30 e M.Richard si rivela persona di parola, quando lo vedo arrivare da una via laterale; loquace e simpatico, mi conduce verso la sua casa, dove in accordo con l’Office de Tourisme, mette a disposizione dei pellegrini dotati di credenziale, alcune camere libere. Dopo i convenevoli e le presentazioni con sua moglie, mi chiede se ho incontrato altri pellegrini, così gli parlo di Olivia che si trova al Camping; lo vedo angustiato dal sapere che una pellegrina si trova al Camping, ed anche se gli faccio presente che lei gradisce i camping, prende la decisione di andarla a trovare…forse ho fatto male ad informarlo…?! Mah, mi resta il dubbio, ma cosa fatta capo ha; forse lui sa più cose di me circa il camping di Pons… Dopo aver fatto la doccia, sistemato il bucato, ed essere pronto ad uscire per visitare Pons, eccolo che rientra, con Olivia al seguito, chiacchierando a tutto spiano in francese ed Olivia che mi sembra smarrita in mezzo al fiume di parole. M. Richard, mi chiede se desidero vedere, in un villaggio poco distante, una cappella di St-Jacques (da poco ristrutturata da alcuni suoi amici), ai bordi di una antica strada Romana. «Con vero piacere» rispondo alla sua domanda; il pomeriggio è giovane e visto che si dovrà andarci in vettura, ho davanti parecchie ore per visitare Pons al ritorno…Anche Olivia acconsente, così ecco che arriviamo in un minuscolo villaggio, ed alla Cappella che ha sulla facciata una antica pietra con una conchiglia scolpita in bassorilievo, e sulla vela del piccolo clocher (campanile), una scultura raffigurante una testa di montone che mi rammenta l’episodio del sacrificio di Isacco… All’esterno, il piccolo e antico sagrato, pavimentato da pietre di fiume, ha raffigurata una grande conchiglia di pietre più chiare. Ci conduce poi a vedere una antica strada Romana, dove un cartello segnaletico recita così: “Voie Romaine Chaussée a Ornieres, Traces de Chars”, “Via Romana, strada con solchi da tracce di carri”. È un grande conglomerato di roccia lungo una trentina di metri profondamente inciso da inequivocabili solchi di carriaggi; la profondità dei solchi di circa 15 cm, e la larghezza degli assi di poco più di 1,20/1,30 cm, fa presumere il suo uso prevalente di veicoli stretti e veloci. Ringrazio M. Richard per questa digressione nell’antico passato in questa parte della vallata della Seugne, strettamente legata alla presenza Romana prima, e percorrenza jacobea poi, poiché senza una guida ed una vettura, non avremmo mai avuto la possibilità di venirne a conoscenza, ricevendo da parte sua un largo sorriso di soddisfazione. Rientrati a casa, esco quasi subito per visitare la cittadina e per acquistare i viveri per l’indomani. Pons è poco più di una grossa cittadina sorta sull’erta collina che domina il corso della Seugne, distesa in meandri nella valle; le scalinate mi portano in alto alla collina dove il poderoso “Donjon” (torre militare Romana), unico resto del castello che occupava quasi tutta la grande piazza ed il bel giardino, si erge di fianco alla Mairie, ospitando al suo interno l’Office de Tourisme. Poco prima di arrivare alla grande piazza, passo accanto alla Chapelle de Saint-Gilles, il cui portale riccamente ornato da enigmatiche sculture, era l’antica entrata del Castello, da cui i Re di Pons, facevano passare i loro ospiti. Il giardino accoglie turisti e studenti attorno alle aiuole fiorite ed alla fontana con il vento che porta lontano i suoi spruzzi. Un supermarket in periferia, mi fornisce di tutto ciò che necessito, poi da una cabina telefonica (per lungo tempo occupata da un tipo originale), telefono prima a Mirambeau al Presbytère, e poi a St-Martin-Lacaussade per l’alloggio alla Gîte du pèlerin di dopodomani, poiché nella città di Blaye (all’imbarco per la traversata della Gironda), non esiste più il rifugio. Alla sera, assieme ad Olivia, sono a cena con i coniugi Richard, ed al termine, abbiamo la possibilità di sfogliare il loro Livre d’Or, leggendo tutte le dediche dei pellegrini transitati ed accolti nella loro casa, nel quale apponiamo anche le nostre con reciproca soddisfazione…
Mercoledì 15-06-05. 22ª Tappa: Pons – Mirambeau. Km 30. Presbytère. Père François-Marie Marchand (Curé). 11 rue des Recollets. Tel : 05 46 49 61 63.
La sveglia oggi è alle 5,30 con la colazione prevista alle 6,30 insieme ai coniugi Richard; alle 7,15 ci incamminiamo con Michel che ci accompagna all’uscita di Pons, passando davanti alla bellissima Église Romanica di St-Vivien, la cui facciata avrebbe bisogno di una energica ripulita; poiché se è purtroppo vero che fu presa a martellate durante la Rivoluzione, con la conseguente distruzione di capitelli e sculture, così annerita dallo smog, trattenuto dall’umidità che le pietre trasudano, non fa certamente una bella impressione…Il centro del grande rond-point della D732 (già trafficato a quest’ora), lungo la quale ci dirigiamo, ospita cinque statue di pellegrini a grandezza naturale, indicanti con le braccia tese, il vicino antico Hospital dove venivano accolti i pellegrini fin dal 1160. Recentemente restaurato, vede come allora, la strada (pedonale) passare sotto il largo porticato (ancora ornato da graffiti come croci, stemmi o ferri di cavallo), che univa le due ali laterali del grande complesso; una ospitante la Église de St-Martin oggi sparita, e l’altra (la grande sala divisa da tre colonnati), dove erano alloggiati “i poveri di Cristo” ed i pellegrini che andavano o venivano da St-Jacques de Compostelle… M.Richard accompagna Olivia per un pezzo della N137, poiché lei avrebbe urgenza di arrivare a Mirambeau dove è il camping, in quanto il cielo si fa caliginoso, foriero di piogge estese anche se non forti, mentre io desidero prendere la GR655 che certamente mi porterà a girovagare per i campi, allungando il percorso, ma restando a debita distanza della pericolosa Nazionale137. Uno scarto a destra della D144E, mi porta a prendere l’erboso sentiero verso La-Borde, e la piccola rettilinea compartimentale verso il Bois des Brouilles, una grande macchia verde che rompe l’orizzonte, altrimenti piatto come un biliardo. Senza arrivare fin là come descrive la guida, taglio a sinistra a Chez-Charruaud per incamminarmi verso l’entrata del villaggio di Belluire, vedendo Michel che sta tornando indietro. Mi dice che ha accompagnato Olivia a Belluire, e che il passaggio dei grossi TIR, la sballottavano pericolosamente con il loro spostamento d’aria! Bisogna dire che la N137 non è altro che la antica strada romana ricoperta dall’asfalto, e fino a Mirambeau è perfettamente diritta come una fucilata e piatta come un tavolo da stiro, quindi regno dell’alta velocità per questi bestioni, e insicura per chi ci si avventura a piedi oppure in bicicletta. Entro in Belluire, villaggio costruito ai bordi della N137, per vedere la chiesa circa 100m più avanti del bivio che a destra, mi riporterà di nuovo tra la quiete dei campi. È chiusa naturalmente, e l’ammaliatrice fragranza di una boulangerie (panetteria), mi solletica oltremodo le narici, convincendomi all’acquisto di “pain aux raisins” (pani di crema e uvetta) appena sfornati, e di scambiare quattro chiacchiere con il fornaio e sua moglie. Dieci minuti dopo, sono di nuovo in aperta campagna su un sentiero che si inoltra tra gli appezzamenti di grano, quando, presso la località detta Bois Dorè, vedo un foglietto di carta posto su un cippo del Cammino (inequivocabile messaggio tipico dei pellegrini che li lasciano per informare gli amici che seguiranno); è di Jean e Marc, i due pellegrini francesi che erano con Olivia a Saintes. Che faccio? So che Olivia e già più avanti sulla N137, e mi spiace che non abbia l’occasione di vedere (se non leggere visto che non parla francese… ), un messaggio tipico sulle rotte dei pellegrini, visto che lei non ha assoluta conoscenza di questi istanti di assoluta felicità che un semplice foglio di carta, bagnato dalla rugiada e vergato da amici che ti infondono coraggio, possono regalarti, essendo figlia del Web e programmatrice di asettici programmi per computer…! Decido di prenderlo e quando la incontrerò, sicuramente a St-Genis-de-Saintonge, glielo darò. A poca distanza dal villaggio di Montgarni, la GR fa un brusco dietrofront verso la N137, per seguire poi un largo tratturo quasi parallelo ad essa che lentamente riprende verso ovest la via dei campi; lanciando ogni tanto delle occhiate alla vicina N137, non scorgo la sagoma di Olivia, convincendomi che anche lei abbia preso la via della GR per sottrarsi ai TIR…, ed io tengo in mano il messaggio dei suoi amici! Decido di lasciare il foglietto su un altro cippo del cammino ad un bivio del sentiero, cosi se è dietro me, sicuramente lo vedrà provandone gioia, in caso contrario, sarà mia cura metterla al corrente e porre attenzione lungo il cammino, nel caso ve ne fossero degli altri… Incontro una coppia di Olandesi in bicicletta che si fermano a leggere il messaggio, lasciandolo poi nuovamente sul cippo; provenienti da St-Genis, si dirigono verso Saint-Palais-de-Phiolin, un piccolo villaggio ad Ovest in direzione di Mazerolles. Entro in St-Genis lungo rue Saint-Nicolás, ed in Place Ambrosie Sablé, trovo la chiesa aperta; mentre entro in chiesa, vedo un grosso zaino che esce dalla porticina laterale! È Olivia; ha sempre camminato sulla N137, ed il messaggio ora è indietro, irrangiungibile per entrambi… Ci sediamo su una panchina per qualche minuto, così gli racconto la faccenda del messaggio, ed anche ciò che vi era scritto, procurandogli grande allegria ed uno scoppio di risa…Dandoci l’arrivederci a Mirambeau, lei decide di continuare a camminare sul bordo sulla Nazionale, mentre io mi incammino in direzione Sud-Ovest di nuovo tra i campi, visto che il tempo sembra ingessato e non abbia alcuna voglia di piovere. Un troppo largo giro verso Les-Grands-Bernards, mi convince a riconsiderare il percorso della GR e di rientrare verso Plassac per vedere nella sua chiesa una statua di San Rocco e la Tour des pélerins, prendendo poi a sinistra della N137, una piccola dipartimentale incassata tra i campi di grano che, passando vicino a Le-Grands-Marvillard, mi porterà al Chemin de La-Tenaille ed alla sua Abbazia ora in disarmo. A volte sembra che il sole sia in grado di bucare la coltre di nubi, ma il risultato è l’estendere una patina di caligine oscura e tremendamente umida. Sembra che Olivia ne abbia avuto abbastanza della N137, poiché la vedo in fondo alla compartimentale, ferma accanto ad un palo della luce e con lo zaino a terra; la raggiungo dopo un Km, così restiamo insieme raggiungendo i segnali biancorossi della GR655, esattamente davanti alla Abbaye de La-Tenaille, così chiamata in quanto, come vediamo, in cima ad una piramide che sbuca curiosamente dal suo tetto, vi è una grossa tenaglia, simboleggiante gli strumenti della Passione di Cristo…Era una Abbazia Benedettina fondata nel 1125, ora inglobata nei possedimenti di un castello del XVIII° sec., mentre i locali dell’antico monastero sono occupati dai macchinari della azienda agricola. Seguendo il segnale biancorosso della GR,, ci inoltriamo (è proprio il caso di rimarcarlo..), nell’altissima erba (arriva a strusciare gli zaini!), di un sentiero, a destra lungo le mura della tenuta. Dopo aver colto dei gustosi duroni dai rami di un ciliegio sporgenti oltre le mura, al fondo del sentiero, vedo sul cippo di via, un inconfondibile foglietto di carta fermato da una pietra; lo indico a Olivia invitandola a raccoglierlo. È ancora di Marc e Jean che la salutano, così gli spiego che non bisogna seguire le Nazionali, ma di seguire il Cammino, poiché in caso contrario, si corre il rischio di non trovare questi simpatici messaggi…Una doverosa sosta è accanto ad una bellissima casa ornata da roseti in località Chez-Trébouchet, poi riprendiamo il cammino che, sempre in mezzo ai campi di grano, o ad estesi vigneti, diviene più collinoso e tortuoso non incontrando comunque anima viva, che non sia a bordo di rade vetture. Poco dopo Chez-Piffetaud; quattro case al fianco della compartimentale, inizia a piovigginare via via più insistentemente mentre ci avviciniamo a Mirambeau che scorgiamo all’ultimo momento incassata in un vallone alla nostra destra. Ci salutiamo dandoci l’arrivederci per l’indomani, e mentre io mi dirigo alla chiesa svettante in basso alla strada per chiedere informazioni, lei si dirige al Camping, circa un Km indietro sulla N137. Il rifugio per i pellegrini è situato a un centinaio di metri dalla chiesa, dove è Padre François-Marie ad attendermi. Cordialissimo ed alla mano, si informa del cammino, poi mi consegna una ciotola di duroni appena colti, accompagnandomi al rifugio posto in una bella casa (che serve anche per le attività giovanili), con una stanza per i pellegrini posta sul retro nel giardino. Vi è un buon letto, uno scrittoio ed un lavabo, mentre i servizi sono all’esterno vicino ai locali delle docce; mi appone subito il timbro sulla Credenziale, poiché si deve assentare per un matrimonio, invitandomi alla colazione di domattina alle 6,30, dato che anche per lui il giorno inizierà molto presto… Anche se poste all’esterno, le docce hanno l’acqua calda (molto apprezzata, visto che la temperatura si è abbassata), poi stendo il bucato sotto al porticato, quindi scendo alla cittadina per visitarla, notando davanti ad una officina meccanica, che vende rasaerba e moto, una bella e vecchia monocilindrica “Ducati” in mostra assieme ad altri pezzi di antiquariato motoristico francese… Meglio sorvolare sullo stile di quegli autentici obbrobri… La bella Église de L’Assomption di Mirambeau ospita al suo interno un fonte battesimale di Monaci Agostiniani di ancor più stretta osservanza, mentre l’abside è splendidamente affrescata con decori dorati, ospitante anche una vetrata raffigurante San Rocco ed una statua di San Michele Arcangelo. Con l’ombrello ben aperto, mi reco al Supermarchè distante un Km, per acquistare i necessari viveri, incontrando nuovamente Olivia che mi confida di essersi alloggiata prudentemente in una Caravan (vista la pioggia..), quindi rientro al rifugio alle 19 per redigere il diario di questa movimentata tappa, ed alle 21 dopo la cena, spengo la luce sul temporale, sul bucato troppo umido, sulla nebbiosa Mirambeau, pregando il Signore affinchè mi dia una buona giornata di sole l’indomani…
Giovedì. 16-06-05. 23ª Tappa: Mirambeau – Saint-Martin-Lacaussade. Km 34. Halte Saint-Jacques. Gîte Municipal. Mme Defossé. Tel :05 57 33 40 05. MairieTel : 05 57 42 02 06.
Notte cullata dal picchiettio della pioggia, ma tranquilla, anche se qui, come al Camping di Lusignan, il campanile della chiesa ha scandito tutte le ore; suppongo sia anche per ricordare al pellegrino la Parabola delle Vergini Sagge: «Vegliate poiché non sapete né il giorno né l’ora….». Discreto anche il comfort fornito dal letto nonostante divenisse una specie di amaca amazzonica con il passar delle ore, ma il sonno era forte e non avevo alcuna intenzione di svegliarmi per posare il materasso sul parquet della cameretta. Alle 6,30 sono nello studio con Padre François-Marie per prendere un caffè, prima di incamminarmi, alle 7,10, verso la lontana St-Martin-Lacaussade prendendo l’ultimo troncone della GR655, che terminerà a Pleine-Selve. Mirambeau, è a circa 12 Km in linea d’aria dal braccio della Gironde, ed a circa 40 dall’Oceano; per i pellegrini dei secoli passati, era l’ultima tappa prima dell’imbarco al Porto di Blaye, per essere trasportati aldilà del braccio di mare quale è l’estuario della Gironde. Il loro maggior timore nasceva sicuramente dall’insicurezza dei traghetti di quei tempi (per questo, essi potevano affidarsi a Saint-Romain, Patrono dei viaggiatori affinché li preservasse dal naufragio), ma soprattutto, dai prezzi al limite del riscatto, che i traghettatori, una volta a bordo, praticavano loro per essere sbarcati… È a quei pellegrini che i miei pensieri si volgono mentre passo davanti alla chiesa Romanica di Petit-Niort, risalente al XI° sec. dedicata a Saint-Martin, dalla grande facciata squadrata ospitante un Portale di cinque arcate a tutto sesto, sormontato da sette finestre (di cui una sola aperta, mentre le altre sono murate). Di quella costruzione restano solo il muro Nord, ed una finestra traforata, mentre il resto è di costruzione eterogenea. Solco il sentiero collinoso guardando le nuvole che si rincorrono in alto; sono di colore blu, ed il sole che si leva, colorando di rosa i loro bordi, non mi aiuta a capire cosa mi riservano. Dopo essere passato sotto l’autostrada, lascio il Dipartimento della Charente-Maritime, entrando in quello della Gironde, con i campi che ospitano estesi vigneti, ben allineati ed impettiti come reggimenti di cadetti…Entro nel villaggio di Pleine-Selve sotto una fitta acquerugiola, ma tanto basta a farmi decidere di avviarmi velocemente sulla poco frequentata N137, per arrivare ad Étauliers, dove mi incamminerò su una lunghissima pista ciclabile di circa 11 Km! Il piccolo rosario micaelico mi è di conforto mentre cammino sotto la pioggia, ripensando agli amici ed ai familiari che ho lasciato aldilà delle Alpi, e le preghiere che elevo anche per loro, forse sono udite ed apprezzate, poiché il cielo sembra rasserenarsi, e nel giro di un paio di ore il sole splende vigoroso nell’aria limpida. Mi ricordo di telefonare al Presbytére di Blanquefort per sapere se mi può dare accoglienza, e questa volta riesco a parlare con il parroco, Pére Edouard che, gentilissimo, mi metterà a disposizione una cameretta nella casa parrocchiale. Entro in Étauliers alle 11,30, e, incamminandomi nelle viuzze per arrivare all’imbocco della pista ciclabile, arrivo giusto davanti alla chiesa. Di stile neogotico, è la ricostruzione di quella molto più antica, andata distrutta in un disastroso incendio secoli fa. Nel 1853 venne riedificata come è attualmente, ed il bellissimo timpano sopra il portale, mostra Dio Padre attorniato dai simboli dei quattro Evangelisti; il leone, l’aquila, il toro ed una figura di uomo, mentre l’interno ospita una preziosa vetrata raffigurante Saint-Romain, Apostolo delle genti della regione di Blaye. Entrando per visitarla, vedo che si sta celebrando la S.Messa; rapidamente indosso i pantaloni lunghi, sedendomi nell’ultima panca tra i numerosi fedeli che mi fanno posto. Al termine della S. Messa, il giovane sacerdote accomunandomi nella Benedizione, mi presenta alla piccola comunità, poi alcune persone che si sono intrattenute nel sagrato, mi indirizzano verso la non lontana pista ciclabile, augurandomi buon cammino. La guida descrive l’odierna pista come una vecchia linea ferroviaria, dismessa e ingombra di erba o cespugli, ma evidentemente in questo lasso di tempo (la mia guida risale all’anno 2001), è stata completamente asfaltata ed adattata a pista ciclabile. Perfettamente rettilinea, attraversa pinete e quercete per la prima parte, all’incirca fino a Cartelegue, poi lascia spazio alle grandi estensioni di vigneti che fanno la ricchezza di questo dipartimento (furono i Romani che introdussero la vigna in questo territorio facendone la sua fortuna). È passato da poco mezzodì quando mi fermo accanto ad un grande vigneto, sotto degli ombrosi platani, nei pressi del villaggio di Les-Chaumes; come descritto poco prima, qui si è vicini all’oceano, l’aria è limpida ed il sole dardeggia senza misericordia, tanto che prima di rimettermi in cammino, mi devo spalmare di nuovo di crema solare per non arrostirmi…Nei pressi di St-Seurin-de-Cursac, un attraente Castello, seminascosto dai vigneti, mi chiede una foto, come il bel casale accanto alla strada che ha il giardino completamente ricoperto da un mosaico di fiori variopinti; che splendore di colori…! Un Km di cammino sulla N137, mi porta in Saint-Martin-Lacaussade, alla Gîte per i pellegrini. La cittadina di origini Gallo-Romane, deve il suo nome al Vescovo di Tours, San Martino suo padrino. Nel XIV° sec. il suo nome romano era “Sanctus Martinus de Calciata” o Caussade (Calciata= strada lastricata; in francese Caussade), nel XIX° sec diviene Saint-Martin-de-Lacaussade «San Martino della strada lastricata» (Romana), che ci riporta alla “Via Romana” che tutti i pellegrini percorrevano, e che ora per mia sfortuna, è la Nazionale 137 perfettamente asfaltata! Quando busso alla porta, è Jean Gotz, un pellegrino francese che mi apre; è piccola ma accogliente questa gîte, ha quattro letti, una cucina e tutti i servizi, compresa una graditissima doccia che mi accoglie in un lampo, godendo il getto d’acqua tiepida, vero toccasana per il pellegrino abbrustolito. Jean è uno dei due pellegrini che erano con Olivia a Saintes, ed oggi hanno fatto una tappa corta per riposarsi un poco; l’altro pellegrino, Marc suo cugino, è uscito a fare quattro passi dopo il pranzo. Mi informa che Mme Defossé arriverà in serata per il timbro e la quota della gîte, e di sistemarmi dove voglio con tutta tranquillità, offrendomi una fresca birra che ha in frigorifero…Dopo il bucato, steso sulla rete di recinzione delimitante un “Donjon” malridotto, probabilmente la torre di un antico Mulino oggi scomparso, mi reco a vedere la chiesa di Saint-Martin; è di stile Romanico risalente al XII°-XIII° sec. Appartenne all’Ordine dei Templari, ed in seguito alla distruzione del loro Ordine, passò all’Ordine degli Ospitalieri di Saint-Jean-de-Jerusalem, che già avevano una Commanderia nella vicina Arcins, nel Médoc, aldilà del braccio della. Gironde. Sembra che i pellegrini d’oggidì abbiano tutti la sfortuna di trovare le chiese che vale la pena di visitare, quasi sempre chiuse, ed anche questa non sfugge alla regola, ed a nulla serve andare in cerca del Cura, poiché anch’egli si trova da tutt’altra parte per la cura della anime…Quando rientro alla gîte, rientra anche Marc, l’altro pellegrino francese; tipo allegro e loquace con cui è facilissimo fare amicizia. Grande è la loro sorpresa nel vedere arrivare anche Olivia una decina di minuti dopo! Partita anch’essa da Mirambeau (attorno alle 08), ha fatto un largo giro per le campagne ed i vigneti, ma non è particolarmente stanca. Dopo gli abbracci con tutti e sbrigate le faccende pellegrinesche, mi chiede l’ombrello per ripararsi dal sole, che tuttora picchia, poiché vorrebbe recarsi a visitare Blaye distante quattro Km. Non vi è alcun restaurant né brasserie qui a Saint-Martin, perciò esco di nuovo per comprare i viveri per la cena e per la colazione di domattina in un piccolo supermarchè ad un centinaio di metri dalla gîte, e quando rientro, trovo Mme Defossè intenta a timbrare le credenziali di tutti ed a ritirare il corrispettivo per l’alloggiamento. Si trattiene per mezzora chiacchierando amabilmente, poi ci informa che il “Bac”, il traghetto che parte dal porto di Blaye per attraversare la Gironde, avrà la prima corsa alle 7,30 e la seconda alle 09. Eccetto Olivia che è a Blaye, consumiamo la cena tutti insieme, ed alle 22 siamo tutti sotto le coltri compresa Olivia, rientrata da una decina di minuti, abbastanza stanca dalla visita alla famosa Citadelle de Blaye.
Venerdì. 17-06-05. 24ª Tappa: Saint-Martin-Lacaussade – Blanquefort. Km 31. Presbytère St-Martin. 9 rue Eugene Tartas. Tel : 05 56 35 03 15.
Notte abbastanza tribolata; eravamo in quattro, e complice i fornelli dove Marc aveva fatto cuocere (scuocere..!) della pasta, l’ambiente era un po’ troppo caldo ed umido, ma tant’è, aprire la finestra, sarebbe stato come prendere un accidente tipo bronchite o peggio, sentito il vento che spirava. È Olivia che si mette in cammino per prima; ieri strizzandomi un occhio, mi aveva detto che voleva vedere sorgere il sole sulla Gironde, ma non è esattamente così. Parlando con lei durante questi giorni (il mio inglese migliorava grazie a lei..), mi aveva confidato che, sola durante il cammino, si sentiva estremamente libera, non fisicamente, ma di una felicità che veniva dal cuore, dallo spirito, e che non sapeva o poteva spiegarsi al momento. Con il mio inglese zoppicante, cercai di spiegargli quale fosse il dono del Cammino di St-Jacques per un pellegrino, e cosa moltissimi pellegrini cerchino durante il pellegrinaggio, convincendola che, stare in solitudine durante il cammino, non vuole dire isolarsi dal mondo, ma ascoltare di più se stessi per essere pronti a cogliere ciò che durante la vita di tutti i giorni è soffocato o messo in secondo o terz’ordine di importanza o necessità… Mi confida che si fermerà, due giorni all’Auberge de Jeunesse di Bordeaux, per visitarla, e quando gli spiego che, a differenza di qui, in Spagna incontrerà moltissimi giovani che parlano la sua lingua, vedo che gli si illumina il viso, comprendendo che ha bisogno di incontrare persone della sua età e forse anche della sua terra…Jean e Marc si mettono in cammino alle 06, poiché il Bac parte alle 7,30 e ritroveranno Olivia all’imbarcadero; io, avendo compreso le confidenze esistenziali di Olivia, decido di prendere il secondo imbarco alle 09, staccandomi da tutti, anche se sicuramente sarà tardi per una tappa di 31 Km, ma dato che dovrò alloggiare a Blanquefort, nella grande periferia di Bordeaux, non ho alcun motivo di giungere presto visto che non vi sarà nulla da visitare o da ammirare nel quartiere, non dimenticando che Pére Edouard, mi aveva detto di presentarmi alla canonica dopo le 17… Sono le 7,30 quando chiudo la porta della Gîte di St-Martin-Lacaussade, incamminandomi sulla D937 che mi porta a Blaye in circa 45 minuti di tranquillo cammino. Al porto, accanto alle possenti mura della Cittadelle, arrivano autobus gremiti di ragazzi che sciamano verso le loro destinazioni scolastiche, più o meno allegramente, mentre io osservo che il cielo, prima coperto, ora si sta rischiarando notevolmente con il sopraggiungere di alte nubi color rosa scuro, mentre il sole, bassissimo all’orizzonte, fa risaltare il caldo colore delle mura che cingono la grande Cittadelle. Ho il tempo di entrare in una boulangerie per comprare il necessario per sostentarmi oggi, poi attendo il Bac chiacchierando con l’addetto all’imbarco. Poche persone partono con me, ma molte arrivano dalla sponda opposta, segno che Blaye, dà lavoro a parecchie persone della regione del Médoc. Evidentemente la Gironde è in regime di bassa marea, poiché il Bac solleva una turbolenta scia color nocciola, mentre la superficie del fiume è azzurra, il che significa che il fondale non è poi così profondo. A differenza dei pellegrini di un tempo, che venivano quasi rapinati dai loro soldi per pagarsi la traversata, il cortese bigliettaio mi richiede solo 2 Euro, e non minaccia neanche di buttarmi a mare saputo che sono un pellegrino… Forse che i sui avi…? Appena sbarcato sulla sponda del Medoc, mi cospargo di crema solare, rendendomi conto che sono già le 10, e che la giornata di oggi sarà eccezionalmente calda e tutta al sole, lungo la “Route des Châteaux”, la dipartimentale che solca la estesissima Plaine du Médoc, ricoperta dai famosissimi e prestigiosi vigneti ornati da bellissimi roseti ai bordi dei filari. Non è solamente il gusto del bello o del colore porre un roseto al bordo del filare, ma gli ingegnosi vignaioli, negli anni che furono, avevano scoperto che le rose, erano le prime a mostrare i segni di malattie che, successivamente, potevano colpire le viti, dando loro il tempo necessario per agire tempestivamente. Poi al termine della vendemmia, i vignaioli, da perfetti gentiluomini, le offrivano ritualmente alle signore della Maison…La D2 è abbastanza trafficata, ma gli scorci ai suoi lati, sono impareggiabili con lontani Castelli o ville patrizie, che si svelano o si indovinano dalle puntute torri al fondo dei verdissimi vigneti, affollati da vigneron che vi si aggirano in lungo ed in largo. A mezzodì sosto per il pranzo a Cantenac, in una ombrosa aiuola tra la chiesa ed un asilo infantile, dove una nidiata di bambini si diverte a giocare con le giovani assistenti, strillando a più non posso. Mi avvedo che da St-Martin a qui, circa 17 Km, ho dato fondo alla bottiglia di CocaCola “2002 millesimata”; non vi sono bar aperti, per cui sperando di trovarne uno al villaggio di Macau, a circa 4 Km, mi rimetto in cammino sotto una canicola tremenda. Ecco che la Provvidenza mi fa incontrare una signora che, uscita dal cancello per ritirare la posta, si arresta un attimo quando mi vede giungere nei suoi pressi. Le chiedo cortesemente se mi può dare dell’acqua, ed ecco che mi invita in casa, dove è sua figlia con un pargoletto in braccio, a prendere un intera bottiglia di freschissima acqua frizzante.. La ringrazio di cuore, poi riprendo il cammino sulla lunghissima D2, ora brulicante di camion e vetture, ma sempre attorniata dalla vista dei vigneti che alleviano la tediosità del cammino. All’entrata di Blanquefort, cittadina residenziale alla immediata periferia di Bordeaux, inizio a cercare la rue Eugene Tartan, ma tutti i pannelli segnaletici delle linee di autobus non la riportano, ed è una ragazza che mi indirizza più avanti, ad uno dei tanti semafori, dicendo di prendere la prima traversa a sinistra; poi incontro una gentile signora che mi dà la direzione esatta per la Parrocchia di St-Martin. La canonica è proprio di fronte alla chiesa, dove Pére Edouard sta celebrando un ufficio funebre, così attendo. Sono le16, quando, terminato l’ufficio, mi saluta accompagnandomi nella sua casa dove è anche la sede di una associazione per i giovani; una signora mi porta ad una cameretta al piano superiore, quindi mi mostra un ampio cortile dove è possibile stendere il bucato dandomi la chiave per entrare ed uscire dalla porta principale. Pére Edouard mi appone subito il timbro sulla Credenziale poiché si deve assentare di nuovo, assicurandomi che rientrerà molto tardi, di non attenderlo e che ci rivedremo domattina alle 06 per la colazione. Appena terminate le solite faccende, mi reco nella chiesa dedicata a St-Martin; disposta su tre navate divise da esili colonne, è piuttosto bella ed affrescata molto bene con un grande quadro posto nell’abside raffigurante St-Martin, mentre il soffitto, a botte, è dipinto con affreschi tra i quali i Dodici Apostoli, ed un bel Saint-Jacques con i simboli del pellegrino. Come pensavo, non vi è altro da vedere in questo quartiere, così dopo aver fatto le compere nei vari negozi, acquistando anche dei rullini di diapositive, rientro in canonica sotto un sole ancora vigoroso; chissà dove saranno gli altri pellegrini in questo momento… Ceno alle 20 davanti alla finestra, guardando la gente che inizia ad affollare i giardinetti a fianco della chiesa, poi accorgendomi che non ho la chiave per ritirare il bucato posto nel cortile, metto un foglio di quaderno sulla porta per ricordarmene, prima che parta domattina lasciando il vestiario appeso nel cortile… Anche questo è un lato della vita giornaliera del pellegrino; assicurarsi che nello zaino, oltre che nella testa, ci sia tutto quello che c’era ieri…
Sabato. 18-06-05. 25ª Tappa: Blanquefort – Gradignan. (Prieuré de Cayac). Km 23. Gîte d’étape « Le Prieuré de Cayac ». 111 Cours Géneral De Gaulle. Tel. Office de Tourisme : 05 56 89 06 36. 7 Place Bernard Roumegoux. (fianco alla chiesa).
Alle 06 sono in cucina con Pére Edouard per fare colazione insieme, condividendo i miei pani al cioccolato ed i suoi biscotti al miele; posso far riscaldare anche il latte con del caffè all’orzo, mentre lui beve, o meglio, gusta, solamente del the alla menta. Non accetta nessuna offerta di denaro, ma mi chiede di averlo presente nelle preghiere lungo il cammino, e di ricordarlo quando sarò a St-Jacques. Un mattino limpidissimo mi accoglie, mentre imbocco la via che mi porterà di nuovo sulla D2, addentrandomi nella grande urbanizzazione di Bordeaux. Eh si, oggi sarà una tappa completamente cittadina, poiché Gradignan è un altro grande quartiere periferico come Blanquefort, solo che è a Sud, dall’altra parte della città. Giungo al semaforo contemporaneamente a Marc e Jean che arrivano dalla dipartimentale; hanno dormito in un Hotel poco lontano, ed anche loro pensano di arrivare alla Prieuré de Cayac dopo aver visitato Bordeaux. Camminiamo insieme di buon passo fino al quartiere di Le Bouscat, dove loro entrano in un vicino supermercato per le compere, così proseguo verso il centro della città, alla Cattedrale di St-André ed alla Basilica di St-Michel. La lunghissima Avenue de la Libération è abbastanza trafficata, ma non pone problemi, salvo quando arrivo ai semafori dove è obbligo attendere il verde. Dopo la rue Fondaudegue, arrivo finalmente in Place Tourny, mio crocevia per prendere a sinistra il largo Cours Georges Clemenceau fino alla vasta Place Gambetta dove, a destra, intravedo le alte guglie della Cattedrale di St-André. Percorsi cinquecento metri lungo la stretta rue des Remparts, raggiungo la grande piazza dove sorge la splendida Cattedrale inondata di sole con la stupenda torre campanaria che si eleva solitaria ad una cinquantina di metri dalla parte absidale della stessa. La rue des Remparts, termina davanti alla elaborata facciata della Cattedrale con le due alte guglie che racchiudono il Portail Royal dal timpano abbellito da Giudizio Universale, e dagli Apostoli, mentre il secondo arco della volta, ospita una statua di San Giacomo pellegrino con una conchiglia sulla sacca. Il sagrestano sta aprendo il portone nello stesso momento che lo spingo, così, dopo la mia richiesta, mi guida in sacristia per timbrare la credenziale, dicendomi anche che questa mattina non vi è la S.Messa qui, ma di dirigermi alla Chapelle de Sainte-Madeleine, a circa 700m da qui, fornendomi una piantina per arrivarci. È sabato oggi, e mi spiacerebbe non poter assistervi, non sapendo se a Gradignan, al Prieuré, ne avrò la possibilità, tantomeno domani nella prima tappa che mi porterà attraverso le Lande… Mi trattengo un poco nella vasta piazza, scattando foto alla Cattedrale ed alla torre campanaria, poi mi accorgo che, incastonate nel marciapiedi, vi sono delle formelle tonde di bronzo raffiguranti una conchiglia con tre pesci, delle onde, e cinque stelle, segnalanti un percorso jacobeo pedonale messo a punto dalla Municipalità per i pellegrini, al fine di collegare tutti i siti di interesse, come Cattedrali, Cappelle o altro, inerenti al Cammino di Saint-Jacques-de-Compostelle. Raggiunta la Chapelle di Sainte-Madeleine, parlo con il chierico il quale, dopo aver telefonato, mi dice che nella chiesa di Gradignan, dopo un matrimonio, vi sarà la S.Messa alle 19, mentre qui dovrò attendere le 12, ed ora sono le 10,30… Gambe in spalla e pianta della città alla mano (cercando di tenere d’occhio anche le formelle in bronzo sul marciapiedi senza scontrarmi con gli altri pedoni), mi dirigo alla Basilica di St-Michel, a circa 2 Km dalla Cattedrale per completare il mio piccolo tour jacobeo, incamminandomi lungo Cours Victor Hugo, ma quando arrivo alla grande piazza, vedo che è affollatissima, poiché è il giorno del grande mercato rionale detto “Marché aux Puces” (Mercato delle Pulci…). A fatica per la grande folla, in massima parte immigrati, riesco ad arrivare alla entrata della Basilica, con le bancarelle che occupano intieramente tutto lo spazio del Sagrato; all’interno vi è un incontro di una Congregazione di Suore Domenicane, con cori e recite di salmi, per cui non posso scattare foto, ma ad una bellissima statua di San Giacomo in legno dipinto la scatto comunque, per poi sgattaiolare di nuovo all’aperto… Appena fuori dal portone vengo bloccato da una coppia di coniugi; mi avevano visto entrare e mi hanno atteso, poiché anche loro sono stati a St-Jacques-de-Compostelle, e gradirebbero sapere se sono un pellegrino, da dove provengo e se sono diretto a St-Jacques, confidandomi che per loro è stata una bella e grande esperienza. Riparto dopo venti minuti fendendo di nuovo la folla verso la Place de Capucins, ed appena posso scatto una foto alla torre campanaria della Basilica chiamata “Flèche de Saint-Michel”, anch’essa discosta dal corpo della Basilica. Anche Place des Capucins è invasa dalle bancarelle di un mercato ortofrutticolo, in massima parte gestito da immigrati, ed i suoni, i colori, i profumi di spezie e dei frutti che si diffondono sotto le volte dei tendoni, è quasi frastornante! Quanta folla, e quante differenti genti di provenienza extraeuropea, si accalcano attorno ai banchi in un cicaleccio di lingue e suoni incomprensibili per me…! In un solo giorno, mi sono rimesso in media con la solitudine di tutte le tappe precedenti…! Sempre con la mappa alla mano, mi dirigo a Nord-Ovest passando per la Porte-d’Aquitaine per prendere, più avanti a sinistra in direzione Sud, la rettilinea rue Saint-Genès che diviene poi Cours Gambetta, ed infine, dopo la Église de Talence (quartiere Sud di Bordeaux), il lungo Cours de la Libèration verso Gradignan. Vi entro camminando lungo il Cours Genèral De Grulle, sotto un sole rovente come mai, e quando raggiungo la Prieuré de Cayac, nell’omonimo Parco alla periferia del grande quartiere, vedo con grande sollievo che è immersa in un ambiente di grandi ed ombrosi platani che cingono un placido laghetto. La statua bronzea di un pellegrino a grandezza naturale, seduto su una panca, mi tiene compagnia mentre, accaldato come un mietitore agostano, mi riposo sdraiato all’ombra di un ospitale platano Troppo sole, troppa folla, troppa città, troppo rumore, ed ora finalmente questo angolo di pace e calma…La Prieuré de Cayac anticamente era un Ospitale fondato nel XII° sec. dagli Ospitalieri di Saint-Jean-de-Jerusalem, ed una parte delle sue mura, ancora originali, rammentano al pellegrino di oggi, l’ampiezza della sua costruzione; ora tutto il sito è in corso di restaurazione, ed attualmente ospita il rifugio per i pellegrini. È Patrick, il gestore, che apre quando mi decido a rialzarmi ed a suonare il campanello della gîte; un grande salone e delle bellissime camerette, con dei servizi all’altezza, fanno onore a questa Prieuré de Cayac, probabilmente uno dei più bei rifugi sul Cammino visti finora. Mentre pranzo con il formaggio divenuto quasi liquido per la permanenza nello zaino, entra una coppia di pellegrini spagnoli che avevo notato aggirarsi prima. Assente Patrick per delle commissioni, faccio gli onori di casa accogliendo Diegues e sua moglie Maria. Nativi di Santiago de Compostela ma abitanti a Pamplona, sono in cammino per raggiungere St-Jacques, ed iniziano oggi il loro pellegrinaggio che terminerà a Roncisvalle. Mentre esco per comprare i viveri a Gradignan, arrivano anche Marc e Jean anch’essi ben rosolati, che trovano posto nella accogliente cameretta. Il supermercato si trova a circa un Km da qui, costringendomi di nuovo ad una cura elioterapica tra l’andare ed il ritornare con la borsa dei viveri per la cena e per domani. Passando per il centro cittadino, avevo controllato l’orario della S.Messa sul portale della chiesa trovando conferma della funzione alle 19. Alle 20,30 dopo la S.Messa, ci riuniamo tutti al grande tavolo per cenare. Vi è anche il gestore Patrick con sua moglie, che ci offre uno sformato di verdure con formaggio e uova molto delizioso, mentre noi pellegrini mettiamo in comunità tutto quello che abbiamo, vale a dire salumi, formaggi, sott’aceti, birra e vino con grande allegria, poi Marc con un colpo da maestro, fa uscire dallo zaino una torta di ciliegie, ed a questo punto, Patrick non può esimersi dal dare fondo alla botticella di “eau-de-vie” che riserva per le occasioni simpatiche ed uniche come oggi… Patrick è nativo dei Paesi Baschi mentre sua moglie è francese, così tutti abbiamo la possibilità di chiacchierare sia in francese che Castellano, con grande partecipazione fino alle 22,30, quando ai bravi pellegrini cominciano a chiudersi gli occhi nonostante il desiderio di tirare tardi…
Domenica. 19-06-05. 26ª Tappa: (Prieuré de Cayac) Gradignan – Le Barp. Km 27. Hébergement pèlerins. Mairie. 37 avenue des Pyrenées Tel : 05 57 71 90 90. ou 06 83 82 15 43.
Imperativo per tutti, oggi la sveglia è alle 5,45, alfine di incamminarsi presto e scampare, possibilmente indenni, al micidiale calore del sole pomeridiano che, nei lunghissimi ed assolati rettilinei di strade forestali o semplici sentieri che attraversano le immense pinete delle Lande, ci porteranno al villaggio di Le Barp, senza incontrare (con assoluta probabilità), anima viva. (Ecco una delle grandi paure dei pellegrini di un tempo quando giungevano in questo territorio, immense paludi dal suolo sabbioso e malarico, più tardi, covo di fiere e di briganti; in me, che qui assaporo il gusto dolce dell’avventura nell’addentrarmi in un ambiente vastissimo e deserto (sia pure coltivato, quindi frequentato), che dovrò solcare per cinque giorni, sorge immediato un ipotetico raffronto con loro. A quel tempo, nel XII° sec. vi erano solo degli insicuri sentieri che si inoltravano nelle fetide distese, e più tardi, XVIII° sec. tra le oscure volte resinose che tagliavano la Grande Lande, mentre io ho a disposizione dei larghi tratturi sabbiosi dove il piede, a volte, non riesce a spingermi in avanti, oppure strette piste ingombre di pigne e mucchi di aghi su cui galleggiare morbidamente (quando non pungono, entrando malignamente nelle calze). Raggelanti ululati o sinistri rumori felpati di belve a quattro o a due zampe li potevano terrorizzare anche nel chiarore del giorno, quando non accanto ai fuochi dei serali bivacchi, mentre io oggidì, se sono fortunato, posso udire o vedere caprioli e lepri che si danno prontamente alla fuga, ma l’odierno batticuore, frutto dell’incognito, resta; la meta è là ancora lontanissima, e mi sembra di comprendere cosa diveniva nella società il pellegrino di allora, “l’Homo viator” che aveva la fortuna di arrivare alla meta e di tornare a casa; diveniva veramente un “Uomo Nuovo” dentro e fuori se stesso, quale fede granitica e quale fiducia acquistava nel suo essere cristiano credente e uomo viaggiatore in terre lontane…!). Parto con Diegues e Maria, sebbene mi dicono che cammineranno più lentamente, ma anch’essi desiderano giungere il più presto possibile al termine della tappa; lasciamo Marc e Jean alle prese con la preparazione dei loro infusi (intrugli…), per la classica colazione francese che prenderà loro parecchio tempo. Appena usciti dal Prieuré, siamo già sotto le fronde dei pini districandoci nelle vie che ci porteranno verso il villaggio di Leognan senza entrarvi. Segnali non ben tracciati e nomi di vie mancanti a qualche bivio, rallentano il cammino, ma, come Dio vuole, dopo aver incrociato la D214 ed aver fatto il punto sulla cartina, troviamo la prima indicazione per “Chemin de Terre Rousses”, entrando nell’hameau di Mignon, verso lo Château de Leognan. Lascio Diegues e Maria con l’augurio di ritrovarci a Le Barp, inoltrandomi sulla lunghissima pista forestale-tagliafuoco dal fondo in terra battuta. Terminata la pineta, sono basse querce e cornioli che bordano la larga e rettilinea pista, fino a giungere ad un grande vigneto nei pressi dello “Chemin des Buchêrons” (Cammino dei Boscaioli), che evidentemente, hanno lavorato sodo vista l’immensa spianata che libera lo sguardo sull’orizzonte… Il tempo è sul nuvoloso, e se da un lato rende più accettabile la temperatura, dall’altro incupisce l’orizzonte nebbioso; immensi rettangoli di terreno strappato agli alberi hanno colorazioni grigie e sabbiose, mentre altri, già seminati o con coltivi in crescita, sono di colore marrone scuro innaffiati da potenti ed enormi impianti di irrigazione che affondano il grosso pungiglione succhiante, nelle viscere di madre terra. Passo attraverso Peyon, poche case al bordo della pista, non richiamando neanche i latrati di un cane lupo sonnacchioso che mi squadra abominevolmente scuotendo la testa; mi accorgo che non vedo né odo uccelli in questa immensità, solamente il rombo lacerante di due normali F-14; neanche i bellissimi e superbamente terrificanti Mirage! Raggiungo dopo 4 Km la Lagune de Pourriou, una enorme estensione solcata da profonde canalizzazioni che convogliano le acque della falda sotterranea nel Grand Canal de Melande, rendendo coltivabile questa parte delle Lande che è all’inizio del Parc Régional des Landes. Metto piede nel Parc, incamminandomi sulla Pista des Ardennes, in un profondo silenzio disturbato dai miei sandali, protagonisti nel far rumore spostando le pietre della pista ciottolosa e polverosa. 3 Km dopo avere attraversato il “Rau de Lacanau”, un canale di raccolta acque, vedo il puntuto campanile di Le Barp a circa 3 Km in linea d’aria alla mia destra, ma per arrivarci lungo la pista, e poi per la D108, ne avrò ancora per 7 Km. Non ha piovuto e di ciò sono contento quando entro in Le Barp alle 12,30; passando al lato della chiesa, mi indirizzo al bar chiedendo informazioni per avere la chiave della Gîte per i pellegrini. Vengo indirizzato alla Mairie (aperta anche alla domenica..!), dicendomi che avranno piacere se parteciperò alla kermesse parrocchiale che avrà inizio tra poco, nel giardino posteriore alla chiesa dedicata a Saint-Jacques, dove in effetti avevo notato delle persone che innalzavano tendoni, ed altre che rimestavano in pentoloni e barbecue. L’incaricato della Mairie, mi accompagna subito alla Gîte, estremamente piccola, che ha solamente due letti ed i servizi, incrociando poi anche Marc e Jean che avendo preso la N10 sono arrivati ora. Ci pregano di prendere parte al pranzo, senza neanche il tempo di farci la doccia (comunque con il tempo fresco nessuno di noi era sudato..), poiché ci hanno visti e ci attendono con grande simpatia. Sommersi da domande e nel medesimo tempo rimpinzati di riso con pollo, cipolle con peperoni, formaggi ed una gustosa torta, cerchiamo di dar retta a tutti, specialmente ad una signora, giornalista della redazione locale del giornale France Sud-Ouest che prende diligentemente nota di nomi cognomi indirizzi località di partenza e di arrivo del nostro attuale pellegrinaggio…Oh la la, che accoglienza, ed io che credevo di trovare una normale curiosità! Al termine del pranzo, arrivano anche Diegues e Maria, così Mme Villetorte (la giornalista), ci scatta delle foto per la pubblicazione sul giornale. La gîte ha solo due letti, che occupiamo io e Marc, mentre Jean, Diegues e Maria, sono ospitati presso una famigliola del villaggio. Villaggio sorto ai bordi dell’antica “Via Romana Bordeaux-Astorga”, ora sepolta dall’asfalto della N10, Le Barp, molti secoli addietro, era un Priorato ed aveva un Ospitale per l’accoglienza ai pellegrini, dove ora sorge la chiesa, che di quel tempo, mantiene una porta gotica ora murata, come sola traccia di quel luogo di carità. Risalente al XII° sec. il Priorato fu abbandonato attorno al XV° sec, ed ora il sito offre poco di rimarchevole o di monumentale da visitare. Però, gli abitanti del villaggio, sebbene non abbiano più il Priorato e l’Ospitale, hanno conservato nei loro generosi cuori il senso profondo dell’accoglienza ai pellegrini…Dopo una breve passeggiata, pensiamo bene di approfittare dell’ospitalità della gîte (visto il tempo neghittoso e ventoso), per stenderci nelle brande fino alle 19, quando tutti insieme ci ritroviamo a casa della famigliola che ospita gli altri pellegrini per la cena. Mme Sylviane e sua figlia Marion, graziosa e timida ragazzina dai capelli rossi e profondi occhi blu, sono dei perfetti ospiti, cucinando e conversando amabilmente con l’eterogenea combriccola di pellegrini, trattenendoci fino alle 22, quando per me e Marc giunge l’ora di rientrare alla gîte. Mentre Marc domattina ritornerà qui per ripartire con Jean, io mi accomiato definitivamente da Mme Sylviane e Marion, ringraziandoli per la squisita ospitalità e cortesia verso tutti noi.
Lunedì. 20-06-05. 27ª Tappa: Le Barp – Saugnacq-et-Muret. Km 26. Gîte d’étape de Saugnac. Chemin vicinal a 3 Km Est da Le Muret. Tel : 05 58 07 73 01.
Anche oggi la sveglia è alle 5,45; un chiarore stanco e lattiginoso filtra dalla finestra da dove, una civetta infrattata nella siepe, ha lanciato il suo richiamo lugubre e lamentoso per tutta la notte, ma evidentemente non sapeva di disturbare il sonno di due “Marcheur de Dieu”. Sfortunatamente per me (che ho il sonno leggerissimo), alle 04 si era messo in funzione anche l’impianto di irrigazione dei giardinetti antistanti la gîte, facendomi pensare che fosse pioggia insistente e continua…Partendo, saluto Marc (che si sta arrabattando con le sue tisane), entrando nel bar del villaggio, fortunatamente aperto essendo punto di ritrovo per i tanti camionisti e viaggiatori in transito sulla N10. Mi riscaldo prendendo una grande tazza di caffelatte bollente, ma niente croissant o brioches, essendo troppo presto l’orario di apertura per il panettiere. Ripartendo, mi incammino a sinistra della N10 sulla Rue Castor, una larga pista rettilinea di circa 4 Km, poi ad un bivio prendo troppo a destra ritrovandomi a marciare su una larga pista sabbiosa dove i piedi, sprofondando, non riuscivano a spingermi in avanti…Faccio una fatica tremenda per raggiungere un altro bivio, passando accanto a ciò che resta di una vasta porzione di pineta, dove l’altro ieri, si era sviluppato un incendio del quale avevo avuto notizia a Le Barp; vi è anche una vettura, ancora fumante, che ieri era andata in fiamme. Qui con la bussola, riesco determinare bene la posizione rientrando a sinistra per 500m, sempre su una pista sabbiosa estremamente affaticante. Raggiunto un grande incrocio di piste, vedo la linea elettrica di alta tensione che la guida dice essere parallela al cammino, mettendomi così al riparo da ulteriori e poco gradite divagazioni sabbiose. Lanciando una sguardo lungo le varie piste che qui convergono, vedo le due inconfondibili figure di Diegues e Maria che, ancora lontani, arrancano lungo una pista a sinistra del bosco; vado loro incontro per chiedere a Maria come si sente (ieri aveva avuto dei problemi ai piedi), ricevendo l’assicurazione che procedendo lentamente, forse ce la farà a raggiungere il termine della tappa… Di nuovo incoraggio i piedi in un’altra larga pista (sorvegliata dall’alto dai cavi della linea di alta tensione), che poco dopo un faticoso vallonamento, diviene di terra battuta, entrando in Belin-Beliet; grosso villaggio al confine tra le Landes de Gironde e le Landes de Gascogne; circondato dalla grande foresta di pini marittimi, è come un’isola in mezzo ad un mare verde. Fu un “Castrum”Romano, del quale sussiste tutt’ora la “Motte”, (un monticulo di terra dove si ergeva il primitivo accampamento). Sito rinomato nel Medioevo, entra nella letteratura epica dando i natali alla Duchessa Aliénor d’Acquitaine, poi Regina di Francia e d’Inghilterra, ma soprattutto, a causa della leggenda Carolingia, secondo cui qui nella antica Belin, vennero sepolti i compagni di Rolando (Paladino di Carlomagno, l’eroe della battaglia di Roncisvalle): Olivier Re di Frisia, Ogier Re di Dacia, Arastain Re di Bretagna, Garin Duca di Lorena e numerosi altri, anch’essi periti nel massacro susseguente alla imboscata di Roncisvalle. Al giorno d’oggi, le loro tombe sarebbero sotto il tumulo che si eleva nel cimitero della chiesa di Mons (antico priorato di Saint-Pierre a poca distanza dall’odierna Belin-Beliet), ed all’interno della chiesa, un capitello raffigurerebbe i cinque Cavalieri…Passando accanto alla chiesa di Belin-Beliet, simile nello stile alla chiesa di Le Barp, mi accorgo che inizia a piovere; sono a poco più di mezza strada da Saugnacq e questa non ci voleva…Dando retta a ciò che mi aveva detto la responsabile della gîte di Saugnac (niente negozi a Saugnacq), mi affretto verso una epicerie per comprare qui le provviste di oggi e di domattina, caricando lo zaino di altri 3 Kg, pensando bene poi di evitare le piste sabbiose per non sprofondare di più…Esco da Belin-Beliet, incamminandomi sulla N10 per arrivare alla Église di Mons con una piccola deviazione a destra; come temevo, è chiusa, ma la pioggia non mi impedisce di dare un fugace sguardo alla fontana di Saint-Clair ed alla “Croix des Pèlerins”, che, nel cimitero, veglia sulle tombe dei Paladini. La lunga N10 mi porta all’entrata di Le Muret, dove in mezzo ad un vasto bosco di castagni secolari, la bella Chapelle di Saint-Roch attira su di sé i raggi del sole finalmente vivo, facendo risaltare il contrasto di colori delle pietre in arenaria con cui è costruita, tali sono l’Alios” o la “Garluche”. (“Alios o Garluche”, sono blocchi di pietra arenaria formatasi attraverso l’accumulo e la successiva pressione di strati di sabbia nel corso dei millenni; hanno il contenuto in ferro che può arrivare al 25%. Di colore ruggine o bruno dai riflessi rossastri, si trova in banchi circa 1m sotto il livello delle attuali Landes. Scavato intensamente per ricavarne ferro, fu anche impiegato nella costruzione di chiese e di case fortificate, dando una particolare calda bellezza ai muri, specialmente quando vengono inondati di sole). Pranzo con alcuni operai forestali, nella attrezzata area pic-nic sotto le querce, discorrendo della grande tempesta che nel 1999 investì anche questo territorio lasciando tantissimi pini sradicati e spezzati di cui ancora oggi si stanno occupando, con la successiva riforestazione di intere pinete andate completamente con le radici per aria…. Entrando nel villaggio di Le Muret, vedo su un palo una inconfondibile targhetta gialla che già mi guidò nel 2003 lungo la “Via Lemovicensis”, nel tratto da Vézelay ai Pirenei ma questa volta, è della”Societé Landaises des Amis de St-Jacques “Voie de Tours”! Poiché la guida mi segnala di dirigermi a Saugnacq incamminandomi lungo la D20 e poi tornare indietro per prendere la D348 verso Saugnacq, decido di seguire il segnale che mi porterà dal centro di Le Muret, a solcare una pista attraverso la foresta. Per un sentiero boschivo, passo l’autostrada A63 sotto un tunnel, seguendo poi un largo stradello asfaltato costeggiando il bordo Ovest della foresta fino a quando vedo il segnale che, apposto ad un palo, mi invita ad inoltrarmi nella vasta pineta. La pista sabbiosa ricoperta da una spessa coltre di aghi di pino non mi pone eccessivi problemi sostenendo adeguatamente il mio peso, ma dopo circa un Km non vedendo più alcun segnale comincio ad avere dei dubbi, quando il sentiero invece di filare diritto pieno Ovest, inizia ad incontrare altre piste non segnalate da ambo le parti, svanendo poi inopinatamente in una sempre più labile traccia sabbiosa, nel bel mezzo di un appezzamento riforestato…! Ritorno sui miei passi trattenendomi dall’insultare chi ha messo il segnale all’inizio della pista, pensando che la colpa sia da addebitare alla tempesta che ha distrutto gli alberi. Riprendo a costeggiare la foresta parallela alla A63 con il sole che splende spropositatamente come non mai…Un Km più avanti, ecco un altro segnale apposto su un appropriato cartello che mi invita di nuovo ad inoltrarmi nella foresta; decido nuovamente di dare fiducia alla “Società des Amis”, incamminandomi sulla pista, ponendo grande attenzione per scorgere eventuali segnali. Ben presto mi accorgo che i segnali mancano o sono spariti, il sentiero risulta rivoltato da tracce di grandissime ruote, e solo procedendo con testardaggine, cerco di seguire la bussola verso Ovest, arrendendomi solo quando esso finisce in una vasta piana di pini rivoltati come calzini, al bordo di una collina cespugliosa dalla quale dipartono tre esili sentieri… Abbastanza seccato ed irritato, più per il caldo patito che per il tempo perso, decido nuovamente di ritornare indietro con le pive nel sacco e la sabbia nei piedi, verso la pista parallela alla A63, decidendo (saggiamente), di prendere la asfaltata ma sicura D348 per arrivare alla gîte di Saugnacq, arrivandovi estremamente accaldato dopo 4 Km di graticola. È un centro di vacanze con diverse possibilità di alloggiamento in piccoli cottages, sistemati in un parco ben tenuto vicino al corso dell’Eyre, con la possibilità di noleggiare kayak e canoe alla locale scuola di canoa. Mi viene assegnata una bella camera dove posso prendere finalmente una corroborante doccia, poi approfittando del fatto che tutti i ragazzi sono ancora al fiume, posso lavare per bene tutte le mie cose piene di sabbia, che stendo sul retro del cottage in pieno sole. Nonostante la sabbia imbarcata a chili nei miei sandali, i piedi sono divinamente perfetti e di questo rendo grazie alla decisione di camminare sempre con i sandali, che se da una parte (come oggi), ti rendono i piedi come un “Piede Nero”, dall’altra li tengono ben asciutti ed areati…. Non vi è traccia di Marc e Jean che probabilmente avranno chiesto ospitalità al Presbytére di Le Muret, così alle 20, dopo una passeggiata al fiume, dove in un grande tendone vengono custoditi numerosi kayak e canoe biposto, ceno in compagnia di un gruppettino di giovani vogatori, fin troppo abbrustoliti e desiderosi di placare la sete con birre a gògò…Alle 22, giunge un autobus carico di ragazzi e ragazze che prendono alloggio in uno chalet antistante il mio, e prima che cali il livello di allegria (e di chiasso), scoccano le 02…
Martedì. 21-06-05. 28ª Tappa: Saugnacq-et-Muret – Labouheyre. Km 27. Abrì du Pèlerin. Mrs. Jacques et Jacqueline. Tel : 05 58 07 04 59.
Il cottage pur senza finestre, si è rivelato abbastanza fresco, e d’altra parte non ho voluto aprire gli abbaini per non doverli richiudere al mattino, oppure, essendo assonnato, dimenticarli aperti…È una colazione impropria quella di stamane; senza latte (venduto solo in Tetrapak), ma con succo d’arancia, di pesca e pane al cioccolato, un miscuglio dolciastro che farebbe pena perfino ad un tedesco…Mi incammino lungo la D110 fresca e silenziosa che mi conduce in 4 Km al villaggio di Castelnau, crocevia di numerose dipartimentali, ed all’incrocio con la D20, mentre mi immetto sulla pista forestale, sopraggiungono Marc e Jean provenienti da Le Muret; non hanno dormito al Presbytère, non avendo posto, ma al camping in una caravan dal costo accessibile. Ci incamminiamo insieme sulla lunga pista erbosa che evidenzia il passaggio di fuoristrada, dai profondi solchi che hanno messo a nudo la sabbia bianca, peraltro compattandola ben bene; teniamo una buona velocità intanto che il cielo, nuvoloso ma non pronto alla pioggia, ci permette di non sudare. Lepri e fagiani scappano già quando siamo ancora lontani da loro, mentre rumori secchi di rametti spezzati, nel fitto sottobosco ingombro da altissime felci, ci fanno pensare a qualcosa di piu grosso e pesante dei pur numerosi e curiosissimi scoiattoli che vanno e vengono su e giù dai pini. Dopo 7 Km di pista, incrociamo la D43 che, perpendicolare al nostro cammino, collega il villaggio di Liposthey a quello di Pissos, riprendendo la pista aldilà del nastro d’asfalto percorso da grossi camion trasportanti grandi carichi di carote o di tronchi di pino. Subito la grande piana, sgombrata dai pini, si mostra intensamente coltivata, ed estesissimi appezzamenti di mais sono punteggiati da rilucenti ventagli di arcobaleno dovuti agli enormi impianti di irrigazione in funzione. Lunghi centinaia di metri, questi impianti attraversano anche la nostra pista, per cui oltre ad infangarci per bene, veniamo costretti ad una veloce corsa che non ci impedisce di prenderci una fredda doccia. Numerose persone, chine sul terreno, sono all’opera per la raccolta fine degli ortaggi, specialmente nelle zone in cui i grandi macchinari hanno avuto difficoltà, mentre grossi pick-up sgommano, schizzando fango, per non restare impantanati nelle piantagioni irrorate. Un tratto di pista sabbiosa stretta nell’abbraccio della foresta, ci conduce di nuovo su una lunghissima pista perfettamente rettilinea a perdita d’occhio, che ci porta nella cittadina di Labouheyre. Giungiamo nella piazza alberata dove stanno allestendo dei grandi tendoni e tavolati; oggi è il 21 giugno, festa della musica per la Francia, e la municipalità di Labouheyre, a quanto pare, si sta attrezzando al meglio con il concerto serale di un gruppo musicale e la preparazione dei necessari padiglioni per le cucine. Dietro mia richiesta, vengo indirizzato all’Abrì du Pèlerin, a poca distanza dalla piazza, mentre Marc e Jean intendono recarsi nuovamente al Presbytère, per poi ritrovarci qui nel pomeriggio. Mentre ci aggiriamo incuriositi, veniamo adocchiati dall’Assessore al Turismo locale, che ci invita tutti quanti a partecipare alla festa di questa sera durante il concerto, quando verranno aperti gli stand gastronomici, con la degustazione dei prodotti locali e dei vini, cosa che ci fa molto piacere e mette ancor più di buon umore i pellegrini…L’Abrì du Pèlerin, è la casa di Jacques e Jacqueline, pellegrini di Digione che dopo essere stati pellegrini a Saint-Jacques ed essere andati in pensione, hanno deciso di venire qui sul Cammino Landaise di Saint-Jacques, per dare accoglienza ai pellegrini in transito, memori delle accoglienze che essi stessi hanno avuto nel Cammino durante il loro pellegrinaggio, e significativamente, i loro nomi tradotti in italiano, sono Giacomo e Giacomina… Mi dicono che, purtroppo, non vi è accoglienza al Presbytère, preparando la cameretta anche per Marc e Jean che, sorridenti, bussano alla porta mezzora dopo venendo accolti con grande simpatia. Pomeriggio libero per la visita alla cittadina, con solo l’obbligo di trovare delle pile al litio per la macchina fotografica che mi manda degli evidenti segnali di scarsa carica, avendo la grande fortuna di trovare un Tabac-Épicerie-Bazar, che vende di tutto per cui, ecco la Provvidenza anche per la tecnologia. La chiesa, dedicata a Saint-Jacques, risale al XII° secolo, quando qui sorgeva un convento di Carmelitani che dava ospitalità ai pellegrini, ed è il solo lascito di quei tempi; di stile Romanico, è costruita con l’impiego di arenaria “Alios o Garluche”, dalla bellezza discreta e solida, mostra l’influenza del cammino di Saint-Jacques nelle volte del Portale, ornato da una splendida spirale scolpita con conchiglie e gigli di Francia, mentre all’interno, oltre ad una bella vetrata raffigurante Saint-Jacques in abito da pellegrino con bordone e conchiglia, si può ammirare una commovente “Annunciazione”, ed una raffigurazione di Sainte-Jean-d’Arc…Gli acquisti di provviste per domani, mi fanno incontrare un biker Olandese che indirizzo all’Abrì, restando poi a chiacchierare con Jacques al riguardo delle tappe mancanti ai Pirenei. Mi dice che da qui in avanti il percorso è perfettamente segnalato con le placchette della “Societè des Amis de St-Jacques”, e che la guida mi servirà solo come riferimento, o per poco probabili varianti. Alle 19 con il sole che splende, la piazza è già animata particolarmente sotto un tendone dove un gruppo di ragazzini, guidato da adulti, sta suonando degli strumenti a fiato o a corda, tipici di questa zona, tra cui una splendida “Ghironda” dei “Liuti”, una “Gaita Landaise” (zampogna), alcuni flauti e dei bellissimi “Accordeon”, (piccole fisarmoniche), che ben introducono il pellegrino nell’atmosfera di questo angolo di Francia; i fumi dei barbecue ed i profumi che vengono dalle cucine, fanno a gara per allontanare i baldi pellegrini dal tavolo dei vini, dove un simpatico ex pellegrino, ci sospinge senza incontrare alcuna resistenza (anzi…). Ceniamo ad una grande tavolata con gente del posto che, cercando di superare il crescente brusio, spiegano che questa parte del Cammino comincia ad essere percorsa ogni anno da più pellegrini, dei quali la maggior parte sono dei bikers. Irrompe sulla scena un gruppo di scatenati musicisti “Ska”, che non permette più alcun tipo di dialogo, ma coinvolge tutta la gioventù presente in divertiti balli e battimani, lasciando raramente spazio a musica più abbordabile o ballabile per gli Over 50~60, che comunque non si tirano indietro nel bailamme generale. Sebbene noi fossimo in tre nel dar fondo ai Rosè o ai profumatissimi Bianchi, va detto che abbiamo dovuto alzare bandiera bianca nei confronti dell’Olandese “Bevente”, con il quale avevamo ingaggiato una divertita e gustosa gara. Non potendo andare a letto per ovvi motivi (Abrì a 50m dalla rumorosa piazza), siamo rimasti tutti ben arzilli a gustare la festa (ed altre cose), fino alle 02, quando tutti si convincono che domani, mercoledì, è comunque giorno di lavoro, così che, rientrati tutti alle rispettive maison, anche i pellegrini possano adagiare le stanche membra (più per lo spasso che non per la marcia), nei comodi letti del provvidenziale Abrì du Pèlerin…
Mercoledì 22-06-05. 29ª Tappa: Labouheyre – Onesse. Km 26. Hôtel Auberge Caule**. 35 Route de Mimizan. Tel : 05 58 07 30 01.
Appena appoggio il capo sul cuscino, subito suona la sveglia!.. Nooo… Sono già le 5,45, e le poche ore di sonno sono trascorse in un amen, assolutamente non sufficienti per riequilibrare la “fatica” godereccia della festosa serata di ieri, ma Jacques e Jacqueline, già effondono un buon profumo di caffè per la casa, ed anche se a tentoni, facciamo amicizia con la fredda acqua dei lavabos. Di nuovo ho lo zaino stracarico per il peso dei viveri acquistati ieri e non consumati, ma anche Marc e Jean hanno gli zaini che non scherzano in quanto a peso. Un forte abbraccio con Jacques e Jacqueline, poi ci incamminiamo per uscire dalla cittadina già percorsa da un discreto traffico veicolare, in una alba strana che vede il sole assorbito da una veloce nuvolaglia scura proveniente da Ovest. Costeggiando la foresta di pini alla nostra sinistra, il percorso, ben segnalato, ci porta a camminare a pochi metri dall’Autostrada N10 – E5 – E70, percorsa da giganteschi TIR i cui conducenti, evidentemente avvezzi a vedere i pellegrini in questo tratto, strombazzano i potenti claxon salutandoci con ampi gesti, mettendomi addosso una felice commozione; che sensazione bellissima è quella di essere salutati con effusione, anche se non si è conosciuti…É l’effetto conchiglia, simbolo universale del pellegrino, che tutti noi indossiamo con affetto ed orgoglio…La nuvolaglia scura passando bassa sulle nostre teste, ci scarica addosso pioggia per circa un Km, svanendo veloce come è arrivata, lasciando un’afa ed una umidità pazzesca per il vapore che il sole, già gagliardo, solleva dal nastro d’asfalto. Al grande incrocio di strade di Cap-de-Pin, scavalchiamo l‘Autostrada portandoci alla sua destra, seguendo il segnale che ci immette su una erbosa “Piste Forestière”, dal fondo sabbioso ben compattato che ci permette di viaggiare veloci fendendo, con piacere, la marea verde della pineta ai nostri fianchi. L’incontro con un bellissimo “Chevreuil” (capriolo), che sbuca dalla pineta 50m avanti a noi ci blocca di botto; evidentemente non si era accorto del nostro arrivo lungo il sentiero (avevamo la brezza in senso contrario), ma quando lentamente mettiamo mano alle macchine fotografiche, ci vede con la coda dell’occhio e schizza tra le alte felci scomparendo fulmineamente nella pineta, seguito da un altro più lontano che fugge galoppando a grandi balzi lungo la pista. Riprendiamo il cammino tenendo le macchine fotografiche in mano pronte all’uso, ma forse l’allarme ormai si è propagato nella foresta, e solo dei lontani “Lapin”, impossibili da fotografare, ci mostrano irridenti il loro bianco fondoschiena appena ci avviciniamo… A pochi Km da Onesse, passiamo accanto alle case sparse di Lesbordes, rendendoci conto di cosa significasse ai tempi abitare nelle Landes. Nei secoli andati, le Landes erano solamente delle vastissime piane sabbiose paludose ed insalubri, e chi veniva ad abitarci circondava la sua tenuta da querceti e castagneti, ed al centro di queste grandi isole boschive, viveva nella sua casa in completa autosufficienza alimentare, con pecore (che provvedevano ad ingrassare i prati..) polli, maiali, ecc, il mulino per i cereali con il forno (che si può vedere ancora in qualche casa), il pozzo per l’acqua ed i magazzini. Questa “isola” di sopravvivenza, era detta “Airial”, ossia una area dove era possibile vivere anche se assediati dalla insalubrità della regione, ma nel 1857, con una legge promulgata da Napoleone III, i Comuni delle Landes e delle Landes Girondine, furono obbligati al risanamento e al rimboschimento intensivo di questi territori (da privatizzare in seguito per rientrare dalle spese sostenute), così che questi “Airial”, che ai tempi erano una isola boschiva in mezzo alla vasta piana paludosa, ora sono delle praterie verdissime sparse nella immensa pineta forestale…!! Jean è rimasto senza acqua, e mentre passiamo accanto ad uno di questi “Airial”, abitato, ne esce una vettura con a bordo una signora che gentilissima, dopo aver dato una bottiglia d’acqua a Jean, si ferma a chiacchierare spiegandoci a grandi linee la vita che la sua famiglia trascorre in questa parte del territorio. Per meglio collegare le poche case, qui la pista diviene una larga e polverosa strada bianca, ottima per le jeep, ma caldissima per il pellegrino a piedi che, quando transita una vettura o un enorme trattore, si deve mettere un fazzoletto antipolvere sulla bocca e scuotersi come un cane per levarsi la polvere di dosso poi…! Al bordo di questa strada, passiamo accanto a delle vecchissime querce da sughero; delle vere opere d’arte della natura e dell’ingegno dell’uomo che ha abilmente potato i suoi rami tali da farli sembrare un enorme ombroso ombrello dalla spessa scorza…Poco prima di Onesse sostiamo per lo spuntino di mezzodì su un comodo tronco, riparandoci dai cocenti raggi del sole meridiano come meglio possiamo, arrivando poi nella piazza del villaggio circondata da platani e panchine immerse nella profonda ombra. Prendo subito la direzione dell’Auberge all’incrocio della D38, mentre Marc e Jean vanno al Camping per vedere se vi è possibilità di alloggio, accordandoci per rivederci nel tardo pomeriggio nel giardino antistante la chiesa. Una spaziosa cameretta mi da la possibilità di rimettermi in pari con il poco sonno di stanotte, non prima di aver lavato e steso ad asciugare tutto quanto mi era possibile, compresi pantaloni e giubbetto che, al termine del sonnellino, vale a dire circa due ore, me li ritrovo completamente secchi dal rovente sole! Ci deve essere della ruggine tra la proprietaria dell’Auberge ed il proprietario del camping, in quanto parlando con Marc e Jean (che mentre io dormivo sono venuti qui per pranzare), mi dicono che gli è stato chiesto il prezzo per l’alloggio al camping, e se sia stata loro rilasciata la ricevuta fiscale che qui all’Auberge è norma. Come capisco, anche qui tutto il mondo è paese, non solo nella furba Italia…Un provvidenziale piccolo supermercato è aperto per le compere di domani, poiché a Taller, non vi è alcun negozio, poi mi reco in Place des Platanes per visitare la chiesa, trovandola chiusa, non trovando altro da fare che rientrare all’Auberge, attendendo davanti ad un boccale di birra e chiacchierando con la madre della proprietaria (che sta filando la lana con un curioso trespolo), l’orario della cena che definire pantagruelica, è dire poco; sono l’unico cliente “cenante” per il momento, e vengo trattato come un principe; zuppa di legumi, prosciutto con cetrioli cipolle peperoni, insalata con pomodori, quindi pollo con riso e peperonata, per dessert una squisito dolce basco e mezzo litro di vino rosso completano l’opera di accoglienza al pellegrino. Pragmatica, la signora mi consegna la colazione per domattina, con latte e caffè in thermos caldi, assieme alla baguette burro e marmellata; come esimermi dal fare ottima pubblicità a queste persone, ai pellegrini che incontrerò o che chiederanno consigli quando sarò ritornato a casa? Non potendo fare di più, chiedo a San Giacomo, se gli sarà possibile, di appianare le divergenze ( anche fiscali) che hanno con il gestore del Camping…!
Giovedì 23-06-05. 30ª Tappa: Onesse – Taller. Km 24. Hèbergement a la Salle des Fêtes. Mairie. Tel : 05 58 89 41 05. fax : 05 58 55 00 95.
L’ondata di caldo ha tenuto banco anche di notte, nonostante dormissi (si fa per dire..) con tutto l’apribile aperto; comunque sono sopravvissuto alla sauna ed alle 06, dopo aver fatto colazione nella mia cameretta, scendo per attendere Marc e Jean provenienti dal Camping. Una bella nebbia “Landaise”, (niente a che vedere con la “scighera” meneghina), avvolge i due che arrivano già umidi ma in buona forma. Da Onesse, imbocchiamo la lunga D140 perfettamente rettilinea fino al ponte sul “Rouissou d’Onesse”, che si indovina scorrere sotto un manto fluttuante di bambagia grigio-argentea, frutto del sole da poco innalzatosi sulle cime degli alberi. Marc e Jean decidono di prendere una pista erbosa segnalata a sinistra che si inoltra nella foresta mentre io proseguo sull’asfalto della dipartimentale non volendo bagnarmi i piedi; a volte, appaiono dei piccoli stagni dove la vita vegetale si evidenzia in bellissimi fiori chiamati “Fleur de soleil” per il bocciolo color giallo dorato, oppure delle fenomenali felci frammiste a giunchiglie, ma niente tracce di vita animale, tipo gracidio di rane o rospi, forse perché messi in allarme dai miei passi sulla poca copertura della falda freatica in questa parte delle Lande chiamata “Forêt de Marensin”. Entro in Lesperon, piccolo villaggio crocevia di 4 dipartimentali, ammirando il massiccio campanile che domina la piccola chiesa; un vero e proprio “Donjon”, torre-fortezza che appartenuto al Re d’Inghilterra, nel XIV° secolo, venne preso da bande di briganti che ne fecero la loro base d’azione in queste plaghe. Un pannello posto a pochi metri dall’Hôtel-Restaurant Darmaillaq, mostra disegnata una grande conchiglia con l’indicazione “Compostelle a 893Km”, con accanto la placchetta gialla della “Voie de Tours”; certo che non so se rallegrarmi o deprimermi, visto che mancano cosi tanti Km alla mia meta… Un manipolo di operai forestali stanno trafficando attorno a delle aiuole ripiantando fiori, mentre un grosso trattore rasa velocemente i larghi cigli della dipartimentale che dovrei prendere, ma i cartelli sono stati spostati, così chiedo loro l’esatta direzione, venendo avvertito che più avanti, vi è un altro cartello con l’indicazione per Compostelle; quale non è la mia sorpresa vedendo che in poco più di 500m, ho percorso (stando al cartello) ben 22 Km! Difatti il secondo cartello mi informa che a Compostelle, mancano “soltanto” 871 Km! Un piccolo “Proxi” (supermercato), non segnalato dalla guida, mi permette di acquistare ancora qualcosa per la cena e anche se lo zaino si appesantisce, è meglio avere del pane in più che in meno, perché non so se il bar-épicerie di Taller sarà aperto o no…Altre piste sabbiose che si aprono a destra od a sinistra, permettono di distogliere lo sguardo dal noioso asfalto, ma proseguire qui è la maniera più veloce di arrivare a Taller poiché il sole ora sta scaldando parecchio, e stare all’interno della foresta, su qualche pista sabbiosa e calda, non è proprio il massimo per i piedi…Entro in Taller alle 11,30, indirizzandomi al bar-épicerie dove mi appongono il timbro sulla credenziale, affidandomi poi al custode della Salle des Reunions, una grande sala provvista di un palco da teatro, con panchine e tavoli su cui dormire, ed un lavabo per lavarsi. Dei grandi cartoni ed un materassino in PVC che trovo sul palco, ma faranno da giaciglio questa notte, sperando che il parquet del palco non sia tanto duro…Dopo il solitario pranzo ed una fresca birra presa al bar, attendo l’arrivo di Marc e Jean, che dopo la divagazione nella foresta, si sono visti costretti a riprendere la D140 da alcuni giganteschi macchinari che, tagliando e deramificando gli alberi come fossero stuzzicadenti, occupavano ampi tratti di percorso rivoltando la terra da riforestare in un secondo tempo. Al bar trovano un pompiere della locale stazione che dà loro il permesso di prendere la doccia in caserma, dopo che erano andati invano a contrattare il prezzo di una esosa Chambre d’hôtes alla periferia del villaggio…Anche per loro i giacigli saranno le dure panche, ma oggi avremo compagnia, poiché alle 18 circa, si apre il grosso portone ed entra un altro pellegrino. Francese della Bretagna, anche lui provvisto di barba, è da poco che è in cammino ed è alla sua prima esperienza da pellegrino Compostellano; partito oggi all’alba da Labouheyre ha percorso 50Km, viaggia con poco carico nello zaino ed ha una piccola borsa a tracolla. Durante la cena ci confida che è un medico chirurgo, ed ha chiesto un periodo di congedo per cercare di vederci chiaro nella sua travagliata vita professionale, così ha pensato di mettersi in cammino verso St-Jacques, affidando tutte le sue pene esistenziali al Cammino, grande dispensatore di saggezza ed apportatore di serenità. Da lui, abbiamo notizie anche di Diegues e Maria, ed anche di Olivia che, finalmente, ci dice, ha inviato a casa ben 9 Kg di zavorra inutile che aveva nello zaino. Ne siamo contenti; il tam-tam del cammino è sempre apportatore di gioia, ed anche se non potranno mai raggiungerci, sappiamo che il loro cammino continua, e giorno dopo giorno Santiago di Compostella si avvicina anche per loro…Dopo cena, ci rechiamo al bar per festeggiare Jean che domani terminerà il suo cammino nella città di Dax; in vena di confidenze, Jean ci confida che anche per lui è la prima esperienza di cammino, ed aveva molti timori di non farcela, ma ora è contentissimo, ed i festeggiamenti proseguono con grande allegria affollando di bottiglie di birra lo striminzito tavolino….Anche questo è Cammino…!
Venerdì 24-06-05. 31ª Tappa: Taller – Dax. Km 24. Maison d’Accueil l’Arrayade. 26 b. rue Aspremont. Tel : 05 58 58 30 30 .
Il parquet del palco doveva essere di legno particolarmente duro, probabilmente di legno del ferro di provenienza dai territori d’Oltremare Francesi, visto che per quanto cercassi di sistemare i cartoni sotto la schiena, sembrava che riposassi le ossa su un tavolato d’acciaio… Come San Giacomo ha voluto ( forse per fare penitenza viste le birre “seccate” della sera precedente), dopo la notte tribolata, il mattino si è fatto avanti anche oggi, e mai il suono elettronico della sveglia, altre volte vituperato, mi è sembrato gradevole ed agognato. In un amen siamo tutti in piedi riponendo le nostre cose negli zaini, con i fasci delle lampadine frontali che disegnano ghirigori bianchi o blu nella vasta sala immersa nel buio mattutino. Sono il primo a mettere il naso fuori, e ciò che vedo non mi piace; il cielo è lì sopra la testa, buio e cupo con la pioggia che cade ad intermittenza, ma la temperatura è fredda, ed i propositi formulati ieri sera di incamminarci sulla pista forestale, vengono immediatamente cancellati senza alcun ripensamento. Sebbene numerose vetture transitino in questo crocevia già a questa ora, il bar rimane ostinatamente chiuso, negandoci un gradito e caldo “cafè au lait”, e visto che non incontreremo alcun villaggio prima di entrare in Saint-Paul-les-Dax, il grande quartiere periferico della città Termale di Dax, facciamo colazione come meglio possiamo; i francesi preparandosi le tisane con l’acqua tiepida del boiler, ed io bevendo mezzo litro di latte a temperatura ambiente…Roba da pellegrini…Alle 6,10, siamo in cammino sulla D140 diretti velocemente alla D947, per arrivare in fretta a Dax, dove Jean prenderà il primo treno disponibile per rientrare a casa; poche vetture transitano permettendoci di camminare senza problemi in questo ultimo tratto di grande foresta letteralmente ricoperta da pini che emergono da un foltissimo ed impenetrabile rigoglio di alte felci. Quando giungiamo all’incrocio con la D150 che a sinistra va a Gourbera, decidiamo di prendere gli ultimi 500m di larga pista erbosa che ci conduce alla trafficata D947, dando l’addio alla grande foresta delle Lande che per tanti giorni ci ha visto incedere sulle sue piste. Altra cosa è camminare al bordo della D947; la grande città termale di Dax attira moltissime persone occupate nelle varie attività, e come tutte le grandi città, è invasa da autovetture e camion che ci sventagliano sui volti la finissima pioggia, temporizzata come le luci di un beffardo semaforo. Ponendo attenzione come poche altre volte sul cammino, entriamo in Saint-Paul-les-Dax, dirigendoci immediatamente all’Office de Tourisme per avere la pianta della città ed il timbro sulla Credenziale di Jean, accompagnandolo poi alla Stazione Ferroviaria. Come sempre vi è emozione e rammarico quando si è costretti ad una separazione sul cammino, ma l’allegria prevale, ed anche Jean è contento di ritornare a casa, promettendoci che ritornerà per terminare il cammino, questa volta fino alla meta naturale di Santiago di Compostella. Anche noi ci lasciamo qui a Dax, dandoci appuntamento nelle tappe a venire, poiché io ho l’alloggio a l’Arrayade, circa 1,5 Km fuori dal centro cittadino, mentre i due Marc, il Brettone ed il Piccardo, cercheranno un albergo qui in centro. Seguo la D947 divenuta Route d’Orthez, fino al Faubourg Saint-Pierre, poi 500m della D106 che mi conduce al grande complesso de l’Arrayade immerso in un grande parco verde. Il sole ritornato in grande stile ora che sono in città, brucia come poche altre volte, sollevando una ondata di afa da togliere il fiato…Entro nella hall della Maison alle 11,30; sono atteso e mi viene assegnata una bella camera singola con la possibilità di pranzare alle 12,30, vi è anche un folto gruppo di turisti-pellegrini che fanno un baccano inverosimile magnificando l’un l’altro gli oggetti ed i graziosi cappellini comprati poco prima.. Vorrei recarmi subito in centro città, ma la stanchezza derivata dalla notte insonne si fa sentire, decidendo di recuperare un po’ di sonno, ma anche di evitare le caldissime prime ore di questo pomeriggio. Alle 16,30 mi avvio verso la Cattedrale di questa città sviluppatasi lungo il corso del fiume Adour, ma nata e nota sopratutto per le sue fonti termali, dalle grandi virtù terapeutiche e guaritrici dai reumatismi di ogni forma. Le strette vie e piazzette che attorniano la grande piazza della Cattedrale, brulicano di turisti e termalisti di ogni età e lingua, che si affollano per la fotografia di rito attorno alla statua del Legionario Romano e del suo cane che scoprirono (come recita la leggenda), le virtù terapeutiche delle acque e dei fanghi di questa città. Non troppo appariscente, la severa Cattedrale di stile greco-romano è l’ultima ricostruzione di una serie di rifacimenti dai differenti stili ben individuabili dalla vista esteriore, ed il bellissimo “Portale degli Apostoli” di forma ogivale, che è situato all’interno nel transetto di sinistra, è il solo retaggio gotico che impreziosisce lo scarno interno. Ospita uno splendido “Albero di Jesse”, che vede il Cristo giudicante circondato a destra ed a sinistra dai dodici Apostoli (dove è ben individuabile San Giacomo con la borsa ornata da conchiglie), mentre una folta coorte di angeli e santi lo attorniano nelle sei volte ogivali del Portale. Una veloce capatina ai Bagni Termali (che nei secoli andati accoglieva i pellegrini, rigenerandoli gratuitamente dalle fatiche del cammino, mentre oggigiorno non possono nemmeno permettersi di entrare, pena un bel buco nelle già scarse finanze), per vedere la celebre fonte di acqua calda che sgorga a 64° di temperatura, ed alle Mura di cinta che portano a passeggiare ai bordi dell’Adour, poi riprendo la via dell’Arrayade, gustando la robusta brezza che scompiglia le fronde dei tigli della piazza antistante la Cattedrale. L’Arrayade, registra l’accoglienza di un folto gruppo di Sapeurs-Pompiers (Vigili del fuoco), ciclisti-pellegrini diretti a Roncisvalle che affollano la hall, mentre le loro bellissime e variopinte macchine a pedali, alloggiate nel cortile, sono assistite da ben due meccanici. Dopo la gustosa ed abbondante cena rallegrata dai festeggiamenti ad uno dei ciclisti (probabilmente il sergente), mi ritiro nei miei appartamenti ringraziando il Signore per la giornata di oggi, ma chiedendo a San Giacomo se è possibile avere meno varietà di climi…Stamattina pioggia, freddo, poi vento, ancora acqua, quindi sole bruciante ed afa, ed ora una bella e sana brezza che spero apportatrice di bel tempo per domani… Ehh..!! San Giacomo mi direbbe: Il pellegrino non esige, ma gradisce ciò che gli viene offerto; questo è il comandamento principe da osservare con umiltà nel cammino! Ma forse, se può mettere una buona parola…
Sabato 25-06-05. 32ª Tappa: Dax – Sorde l’Abbaye. Km 27. Gîte d’étape pour pèlerin. Rue Lesplaces. M. Michel Binquet. Tel : 05 58 73 61 01.
La parola ”Discontinuità “, abusata nel gergo politico, è quella che più si attaglia al mio riposo di stanotte; complice il caldo e forse il sonnellino pomeridiano, ho ammirato per parecchio tempo le luci notturne di Dax, ed un argenteo raggio laser che, saettante, forava la volta del cielo. Colazione con pane al cioccolato e caffelatte munto dalla macchina automatica (come non voler bene a questi prodigi della tecnica?), in compagnia dei Pompieri-ciclisti-pellegrini ciarlieri e dispensatori di crema alla canfora (disgustosa!!) alle proprie gambe ben rasate, ed eccomi in cammino sulla D29, umida e con piccole pozzanghere in via di assorbimento…Forse che sia piovuto..? È finita l’uniformità di territorio, e me ne accorgo subito dalle piccole collinette e valloncelli solcati da innumerevoli stradine. Anche se sono ancora nel Dipartimento delle Lande, la Regione della “Chalosse” è completamente differente: là piatte distese sabbiose e foreste di pini a volontà, qui colline con boschi di alberi fronzuti, le cui foglie rimpiazzano gli aghi di pino. L’agricoltura ritorna a disegnare il paesaggio, con ampi appezzamenti di mais e grano frammezzati da pascoli brumosi e spianate coltivate ad ortaggi; non più villaggi solitari, ma solitarie fattorie e casette fiorite ben distanziate tra loro, disseminate ai bordi delle compartimentali. Il cielo sgombro da nuvole che richiama a sé occasionali lembi di nebbia, fa ben sperare nel bel tempo mentre entro nel villaggio di Saint-Pandelon, secoli fa produttore di salgemma estratto dalle sue miniere; i segnali del cammino qui divergono in modo irritante l’un l’altro, così decido di continuare sulla D29 seguendo il noto proverbio “Nel dubbio astienti..!”. Nei pressi delle case di Bizens, saluto una persona alla guida di un grosso trattore che mi ricambia con un sorriso; dopo pochi metri ritorna indietro chiedendomi se desidero bere un caffè, «Con molto piacere!» è la mia risposta. Dopotutto le tappe abbastanza corte permettono di spendere un po’ di tempo per conoscere la gente del posto; è uno dei lati affascinanti del Cammino, e se sono gli stessi abitanti che desiderano fare conoscenza, è ancora più bello. Mi invita nella sua splendida casetta presentandomi a sua moglie ed a sua madre, che subito mette sul fuoco una caffettiera super…Comodamente seduti in cucina, Pierre mi racconta che con sua moglie è stato a Santiago, «In macchina però..!», si affretta a dirmi strizzando l’occhio, rimanendone affascinato, e che più volte ha potuto offrire del caffè a pellegrini transitanti da queste parti. Rubandosi le frasi l’un l’altro, mi raccontano di un pellegrino Belga trainante un carrello accompagnato dal suo cane, anch’esso provvisto di uno zainetto, che sostarono in giardino per una notte con la loro tenda. Un altro pellegrino portatore di handicap che viaggiava in carrozzella seguito da un amico in macchina ed un altro in bicicletta. Simpaticamente mi fanno un sacco di domande a cui è bello poter rispondere spiegando chi-come-dove-quando-perché…Trascorsi una trentina di piacevoli minuti, è tempo di riprendere il cammino, così chiedo il loro indirizzo per una doverosa cartolina da Santiago, accogliendo la richiesta di preghiere là, nella cripta dell’Apostolo ed una forte stretta di mano, suggello di amicizia tra pellegrini diversamente mobili…Alcuni Km più avanti, seraficamente seduti ai tavolini di un bar, ritrovo i due Marc in procinto di riprendere il cammino, così ricomponiamo il trio decidendo di lasciare la D29 per riprendere i segnali verso Cagnotte. Ad un centinaio di metri dalla chiesa di Cagnotte, una macchina si accosta ed il guidatore chiede se siamo pellegrini e se desideriamo visitarne l’interno…Lui ne è il sacrestano, ed è ben felice di accogliere i pellegrini ed apporre il timbro sulla loro Credenziale. Dedicata a Sainte-Marie, mostra una strabiliante facciata perfettamente simmetrica e pulita, mentre l’interno ospita diverse antiche tombe e sarcofagi, e l’antica statua in legno della Vergine, vede ai suoi piedi un cane in segno di fedeltà. (“Cagnotte”, significa piccola cagnolina… e da qui, ecco il nome del villaggio..). Ricostruita nel 1060 sul sito di una precedente Abbazia Agostiniana del VIII° sec. dedicata a Notre-Dame, fu la Necropoli dei Visconti d’Orthez, e fino al XIII° sec. aveva due Ospitali per l’accoglienza ai pellegrini, ed al tempo delle Guerre di Religione fino alla Rivoluzione, conosce la triste decadenza comune a molte altre grandi Abbazie. Seguiamo il cammino entrando su un bel sentiero sottobosco che sbuca sulle creste delle colline permettendoci delle stupende vedute paesaggistiche dai delicati cromatismi. Serpeggiando tra gli appezzamenti di coltivi, entriamo in Peyrehorade, dirigendoci alla svettante chiesa neo-gotica di San Martino; costruita nel XIII° sec, in pietra ocra proveniente dalle cave di Bidache, ospita il campanile-porticato che da accesso alla navata. Sfortunatamente chiusa per ragioni di orario, non ci è permesso di ammirare le preziose vetrate ed i mobili antichi che custodisce al suo interno. In un piccolo supermarket provvediamo per i viveri per oggi, dato che a Sorde l’Abbaye vi è solo una panetteria, poi mi infilo nell’Ufficio Postale per inviare a casa cartine, film, Kway ed ombrello per un peso totale di 1,4 Kg, che mi consentirà di camminare più leggero. Incamminandoci verso Sorde, superiamo la Gave di Pau, il fiume che bagna anche Lourdes, incrociando un pellegrino bicimunito proveniente da Santiago; allegro e ben abbronzato, ci informa che il Camino Francès è alquanto affollato di pellegrini, ma si sta ancora bene… Poco prima del villaggio, vediamo una signora china in un campo, che sta raccogliendo dei fagiolini dai filari che la macchina ha tralasciato; da buoni pellegrini, ed avendo del tempo a disposizione, le offriamo il nostro aiuto ricevendo un caldo ed allegro benvenuto tipo «Era ora che arrivaste!» Lei è Arlette, una signora che aiuta M. Binquet, il gestore del rifugio per i pellegrini, ed i fagiolini che sta raccogliendo sono per noi, per la nostra cena…! In men che non si dica, molliamo gli zaini riempiendo sveltamente di freschi fagiolini due capaci borse, con sommo divertimento ed allegria, arrivando poi alla Gîte nel bel mezzo del villaggio dove M. Binquet ci attende. Mme Arlette però ci deve lasciare, poiché è attesa ad un matrimonio dove lei sarà l’animatrice della festa, e se ne avrà il tempo, tornerà a ritrovarci. La Gîte consta di un grande salone con dieci letti, una grande cucina, con servizi e docce all’esterno. Mentre i fagiolini cuociono borbottando, abbiamo tutto il tempo di sistemarci ben bene, pranzando alle14 circa con M. Binquet che ci offre una buona bottiglia di rosso ed il timbro sulle Credenziali. Al pomeriggio, con un gruppettino di persone, dedichiamo tutto il tempo al sito della Abbazia, guidati da una espertissima ragazza. Posta su un sito Gallo-Romano, la Abbazia, dedicata a Saint-Jean, fu edificata nel XII° sec. da monaci Benedettini dei quali l’imponente costruzione in fase di restaurazione, porta tuttora la loro precisa impronta. Costruita sulla riva della Gave, possiamo ammirare i numerosi magazzini posti a livello del fiume, nei quali i barconi attraccati al porticciolo, scaricavano direttamente le granaglie. Era a questo potente Monastero che convergevano i pellegrini per poter traversare la Gave nei secoli andati. Accolti, sfamati e curati nel corpo e nello spirito, i pellegrini, venivano ancor più assistiti durante la perigliosa traversata, ed oggi si può vedere il sito dove era l’imbarco che porta tuttora il nome di “Toumbe”, a ricordo dei pirati del fiume. Numerose stele funerarie discoidali disposte in una sala Museale, ricordano quella epoca, mentre un grande plastico, posto nella sala di accoglienza, riproduce la grande e potente Abbazia ai tempi del suo splendore. Attendendo invano Mme Arlette fino alle 20, ceniamo con un buon piatto di caldi fagiolini, condividendo le provviste che avevamo acquistato al mattino a Peyrehorade; foie-gras, formaggi, ciliegie, banane e bionde profumatissime birre che ci propiziano il sonno cullato dalla fresca brezza che entra dalle porte lasciate interamente aperte; chi mai disturberebbe il giusto sonno dei “Marcheur de Dieu…?
Domenica 26-06-05. 33ª Tappa: Sorde l’Abbaye – Saint-Palais. Km 33. Maison Franciscaine « Zabalik ». 1 Av. de Gibraltar. Tel: 05 59 65 71 37.
Anticipiamo la sveglia alle 5,10, trafficando un poco in cucina con il latte, le tisane e la necessaria pulizia di scodelle ed affini, ed alle 06, riprendiamo il cammino ritornando sui passi di ieri per un Km, giusto per prendere a sinistra la D123 scavalcando la Gave d’Oloron, per inoltrarci su stradine fiancheggiate da estese coltivazioni di Kiwi. Percorso tormentato e tormentoso, poiché i segnali a volte non sono presenti dove sarebbero utilissimi, apparendo più avanti senza alcuna necessità, ma anche per i continui su e giù in un paesaggio mortificato dalla bruma che riesce persino a bagnarci, tanto è grassa. Scavalchiamo l’Autostrada A64-E80, lasciando il Département des Landes per entrare nel Département des Pyrénées-Atlantiques, attraversando il villaggio di Saint-Pé-de-Léren per dirigerci alla Chapelle d’Ordios, dove nel XII° secolo, i pellegrini trovavano accoglienza nel Priorato di Sainte-Madeleine, ma come recita la guida, l’antico Hospital non esiste più, ed in quel che resta dell’antica Chapelle, ora risiedono le vacche, essendo stata inglobata in una fattoria, evidentemente poco rispettosa della sua Storia. Camminiamo nell’antico solco del Cammino di St-Jacques de Compostelle, dirigendoci alla Chiesa Parrocchiale della Beata Verginie Maria al villaggio di Arancou, un altro sito importante del Cammino; qui sorgevano due Hospitales, uno (ora casa privata), sorgeva vicino alla fonte che ancora sgorga a fianco della chiesa, mentre l’altro, a poca distanza da qui, era una Commanderia di Roncisvalle a protezione dei pellegrini. La chiesa sita all’interno del cimitero, ha un porticato dove ospita una stele discoidale, adorna di una scultura in rilievo del Cristo in croce, molto naïf, riportante la data 1790. Approfittando del bel portico, sostiamo qualche minuto per prenderci una veloce doccia al provvidenziale rubinetto del piccolo cimitero… Il sole ora alto e splendente, illumina le vecchie pietre color ocra della sua possente costruzione, cinta da contrafforti e da una originale torre pentagonale alla quale non sappiamo dare una plausibile funzione… Marc, il Brettone, riconosce (essendoci stato anni fa per il matrimonio di suo cugino), la bella chiesa di Viellenave-sur-Bidouze (Villa Nuova), dove arriviamo passando la Bidouze sull’antico ponte (nei secoli andati era a pedaggio), che ci introduce nel Paese Basco. La chiesa è dedicata a Saint-Jacques, ed è quasi identica a quella di Arancou, salvo il campanile; il Portale ospita quattro colonnette tondeggianti che compongono la volta, poggianti su dei bei capitelli, ed uno splendido Timpano con la raffigurazione di cinque teste umane, di una Luna e di un Rosone simboleggiante il sole, mentre altre teste sono scolpite nel pendente al centro del portone. La chiesa risalente al XIII° sec. è stata restaurata nell’anno 2000. È appena terminata una cerimonia religiosa e molte persone sciamano fuori vestite a festa, così possiamo entrare anche noi a vedere l’interno ornato da tre sculture discoidali sigillate nel muro della chiesa riportanti le date: 1673 – 1786 – 1800, probabilmente a ricordo di pellegrini qui deceduti, dato che essa era un Priorato-Hospital. Sono molto contento di questa parte del Cammino, ed anche i due Marc, sebbene siano alle prime esperienze di pellegrinaggio, ne sono affascinati ed emozionati, vedendoli aggirarsi felici come bimbetti un po’ cresciuti…Il ponte di Biscay è sbarrato per lavori, e questo ci costringe ad attraversare il fondo di un vallone passando a guado un torrentello, fortunatamente non rigonfio di acqua rinfrescandoci i piedi (io avevo i sandali), poi combattendo fieramente con un nugolo di moscerini, usciamo di nuovo sulla D11 entrando in Garris a prenderci nuovamente una bella lavata ed una doccia al “Saint-Rubinett” (mai tanto adorato), dell’acqua vicino alla chiesa…Un errore di percorso e relativo ritorno sui nostri passi, ci allunga il cammino per riprendere il nascosto sentiero botanico che ci porta in basso alla valle, mantenendoci però in una gradevole ombra, fino a quando intravediamo la cittadina di Saint-Palais, arrivando alle 16 all’entrata della Maison Zabalik, il Convento Francescano. Alla scampanellata, risponde Padre Vannik, un giovane frate che ci conduce alle camere, dandoci anche le disposizioni per il disbrigo delle faccende “pellegrinesche”, gli orari di cena di colazione e l’orario di Compieta se volessimo parteciparvi. Sapendo che sono italiano, mi chiede di dove, e quando gli dico che abito ad Oreno dove vi è un convento di frati Minori, mi dice che vi è stato anni fa quando fu in visita a Milano…Proprio piccolo il mondo eh… Domani sarà un mese che l’Amico Rino mi ha lasciato per sempre, e non sapendo se domani potrò assistere alla S.Messa, prego per lui durante Compieta assieme ai frati e ad altri pellegrini, amici di Marc il Piccardo, che, giunti oggi, inizieranno domani il loro pellegrinaggio a Saint-Jacques. Padre Vannick è anche un ottimo cuoco e la cena vede una tavolata numerosa e cordiale, poiché tra gli amici di Marc vi sono anche delle pellegrine, sue cugine, che cominciano gia sin d’ora a sommergerlo di raccomandazioni e di avvertimenti, poiché sarà lui la loro guida…Povero amico pellegrino, anche se sicuramente acquisterai tante indulgenze…Che San Giacomo ti salvi…!
Lunedì 27-06-05. 34ª Tappa: Saint-Palais – Saint-Jean-Pied-de-Port. Km 34. Accueil Saint-Jacques. 39 rue de la Citadelle. Tel : 05 59 37 05 09.
Oggi siamo solo io e Marc il Brettone che prendiamo la colazione alle 5,30; Padre Vannick aveva già preparato pane burro e marmellate caserecce, ed a noi non è rimasto altro che far scaldare il caffè ed il latte nella grande cucina. Ieri sera al termine della cena avevamo salutato tutti gli altri pellegrini scambiandoci gli indirizzi per tenerci in contatto in avvenire, e Padre Vannick, cortesissimo e attento, aveva offerto un giro di “Orrujo” (grappa) alle erbe, sollevando un coro di “Ohhh…”. Alle 06 lasciamo il silenzioso Convento risalendo la D302, lo “Chemin de Saint-Jacques”, rivedendo le amatissime frecce gialle dipinte sui muri o sui pali, che ci condurranno per mano fino a Compostelle. Una fitta nebbia grava su queste alte colline mentre ci avviciniamo lentamente alla “Stele di Gibraltar”, famosa tra i pellegrini di tutto il mondo; sito mitico e simbolico dei Cammini di St-Jacques, dove la “Via Turonensis” proveniente da Tours, incontra la “Via Podensis” proveniente da Le-Puy-en-Velay, e la “Via Lemovicensis” proveniente da Vézelay. La vista della grande catena dei Pirenei ci è negata dalla nebbia quando arriviamo alle stele, prendendo delle foto dallo sfondo grigio ma veritiero di ciò che il Cammino dispensa giorno per giorno; ieri grande caldo, ed oggi siamo ben coperti per il freddo…Risalendo la pietrosa collina che ci porta ad un altro luogo mitico del Camino, La “Chapelle de Soyarza”, tra felci e basse brughiere, scorgiamo la Chapelle solo quando ne siamo a pochi metri; una sosta e d’obbligo per pregare la Vergine posta all’interno, ed anche per firmare il “Livre d’Or”, a perenne testimonianza del passaggio. Anche se ci sono passato già due volte, a causa della fitta nebbia sbaglio sentiero, dovendo ritornare indietro per ricercare con più accuratezza i segnali; li ritroviamo ben presto sotto delle pietre rivoltate dal passaggio di moto da trial o spostate dai numerosi greggi di pecore o mandrie di mucche. Seguendo il bel sentiero, troviamo un’altra stele posata recentemente, quindi arriviamo al villaggio di Harambeltz, proseguendo per il sentiero che ci porta nella foresta, ponendo attenzione alle pietre umide per non cadere, con la nebbia che, dispersa da provvidenziali refoli di brezza, si dissolve svelando ai pellegrini l’ambiente pastorale tipico di questa landa prepirenaica. Pungolando una piccola mandria di vacche, entriamo nel villaggio di Ostabat; da “Ostatu”, che in lingua basca significa Albergo, altro luogo mitico del Cammino, dalla antichissima vocazione Ospitaliera; ai tempi contava circa quindici “Hospitales”, dei quali oggi supplisce perfettamente con grande generosità, la sola “Maison Hospitalia” di M. Etchepareborde. Sostiamo al Bar-Epicerie per acquistare dei viveri per oggi, ma soprattutto per prenderci delle bollenti tazze di caffèlatte, vero toccasana per riscaldarci, dopo i molti Km in mezzo alla nebbia. Dopo il bellissimo “Crucero” di Galcetaburu, gli algidi segnali biancorossi della GR65 proveniente dal Cammino della “Via Podensis” (continueranno fino a Puente la Reina..), che si sovrappongono alle ammalianti frecce gialle (veri fari del Cammino che fendono la nebbia ed allargano il cuore al pellegrino), cercano di mandarci a destra su percorsi collinosi, ma non ci casco più, mettendo sull’avviso anche Marc, proseguendo lungo la D933 attraversando Mongelos per andare a vedere lo Château d’Harispe, la Chapelle de St-Blaise, e l’ancora più bella Chapelle de Saint-Jean Baptiste, che non sarebbe possibile vedere camminando sulla GR65. Anche con Marc il Brettone è giunto il momento dei saluti; si fermerà qui, poco dopo St-Jean-le-Vieux da un suo cugino per un paio di giorni, per poi proseguire sul “Camino Francès” verso Santiago. Un sentito e forte abbraccio a suggello di un forte feeling nato sul cammino, vede i nostri passi divergere sensibilmente d’ora in avanti, ma non disperiamo di ritrovarci a Santiago alla fine dei nostri pellegrinaggi; per lui vi sarà il Camino Francès, ricco di storia e di monumenti ineguagliabili, per me, il Camino del Norte, selvaggio e montuoso, segnato dalle antiche orme dei pellegrini di San Martino… Sono le 15 quando entro nella ben conosciuta Saint-Jean-Pied-de-Port dalla Porta di St-Jacques in alto alla Cittadelle, dirigendomi subito all’Accueil per la registrazione; già vi sono dei pellegrini, ma meno della folla che mi attendevo, così non vi è alcun problema ad avere un letto al rifugio quasi vuoto. Dopo la doccia, faccio anche il bucato, poiché domani nel rifugio di Irun non sarà possibile, poi mi dirigo subito alla Stazione Ferroviaria per informarmi sui treni di domani per Irun: Regionale per Bayonne alle 6,57, quindi Diretto per Irun alle 8,42.! Meglio di così sarebbe stato impossibile…È tempo di fare il turista anche se fa caldo e vi è afa, ma non dimentico di acquistare i viveri per domani, tappa ferroviaria che mi porterà al nastro di partenza del Camino del Norte, nella grande città di Irun in Spagna, seconda parte di questo pellegrinaggio. Telefonando a casa, mi viene detto che là vi sono 39 gradi di temperatura (mica male per essere fine giugno), mentre qui ora vi sono dei nuvoloni che corrono da tutte le parti, essendo ai piedi dei Pirenei e vicini all’Oceano; un bel miscuglio di situazioni meteorologiche da gustare giorno per giorno…Poco prima di rientrare al rifugio per cenare, incontro Marc il Piccardo insieme alle sue cugine pellegrine venute qui in macchina per visitare la Cittadelle, piacevole incontro interrotto ben presto da una leggera pioggia che mi costringe a correre al rifugio per ritirare il bucato steso nell’ampio giardino, e loro a riprendere la vettura per rientrare a St-Palais. Rientrando al rifugio, vedo che i letti sono tutti occupati da pellegrini di tutte le nazionalità, ma nessun italiano; numerose coppie di Olandesi e Tedeschi, un paio di Inglesi, numerosi Francesi di tutte le età, due giovani coppie di Cecoslovacchi e Polacchi, oltre agli Spagnoli, ed il curioso di tutta questa babele di pellegrini, è che tutti loro domani prenderanno il Camino Francès! Questo sì che è il benvenuto più bello che il Camino del Norte avrebbe potuto darmi…!
Martedì 28-06-05. Tappa « ferroviaria ». Saint-Jean-Pied-de-Port – Irun. Albergue « Amigos del Camino », Calle Luca de Berroa 16. (a 400m dalla stazione ferroviaria).
Anche oggi la sveglia per me suona alle 5,30 e mentre tutti gli altri pellegrini non fanno una piega, scendo in cucina per una buona colazione con lo zaino già pronto; fuori è ancora buio, ma si vedono le stelle, e tutti questi pellegrini tra poche ore si rammaricheranno di aver dormito, invece di prepararsi alla impegnativa salita del “Sentiero Napoléon, prima forte asperità che li porterà alla Collegiata di Roncisvalle, e se vi sarà caldo saranno dolori…Il treno delle 6,57 per Bayonne parte in perfetto orario trasportando numerosi pellegrini Francesi e Belgi che rientrano a casa; la maggior parte di loro proviene dalla Via Podensis e ieri hanno terminato qui la prima parte del loro Cammino per riprenderlo l’anno prossimo fino a Santiago di Compostella. Dai loro occhi persi aldilà del finestrino, intuisco che stanno ancora camminando, non più a piedi, nella smisurata mole dei ricordi, ripercorrendo virtualmente una volta di più il loro Cammino…Il diretto per Irun ha un ritardo di 30 minuti, poi in un attimo, eccomi nella stazione di Irun; aspiro forte per dissimulare l’emozione di essere alle porte di un nuovo Cammino, poi mi dirigo dove presumo essere l’Ayuntamiento o la Oficina de Turismo, seguendo la grande Avenida (come mi viene spiegato), per un paio di Km, fino alla Plaza de l’Ayuntamiento. Un agente in divisa mi appone prontamente il timbro sulla Credenziale fornendomi anche la piantina della città, avvertendomi subito che il rifugio per i pellegrini è vicinissimo alla stazione ferroviaria! Dopo l’acquisto delle necessarie tessere telefoniche, fendendo la marea di persone che affollano i marciapiedi, ritorno alla stazione dove vi è la possibilità di pranzare a prezzi modici, e cosa non da poco in una grande città, le toilette a disposizione…É grande la mia sorpresa, quando entrando nella sala del bar annesso, vedo un cartello (appeso ad un pilastro) diretto ai pellegrini, informandoli del rifugio a 400m, e cosa ancor più bella, mentre esco per dirigermi al Bar Aterpe (ad un centinaio di metri) per pranzare, visti i piatti ed i prezzi modici, noto delle inconfondibili frecce gialle dipinte sul marciapiedi opposto a quello che avevo preso al mattino! Immediatamente le seguo, dandomi del salame per non aver notato subito né il cartello sul pilastro, né le frecce gialle che mi avrebbero condotto al rifugio senza andare all’Ayuntamiento! In capo a venti minuti, sono davanti al rifugio Beti-Guria degli Amigos del Camino, però, il cartello appeso, dice che si apre alle16. Al Bar Aterpe si pranza molto bene ed abbondantemente, ed il costo si aggira su 8 €, poi sedendomi fuori, non avendo nessuna voglia di girovagare per Irun con lo zaino sulle spalle ed il sole a picco, attendo anche per vedere (inutilmente), se giunge qualche altro pellegrino. Telefono all’Albergue Juvenil Ondarreta-La Sirena di San Sebastian per riservarmi un posto, poi alle 15,30, sono davanti al rifugio attendendo l’hospitalero, venendo avvicinato da un simpatico attaccabottoni, amico dei pellegrini, che mi tiene compagnia fino a quando comincia a piovere per un improvviso temporale, tipico da queste parti, essendo Irun sull’Oceano Cantabrico. Un provvidenziale porticato mi ripara anche dal vento freddo sorto in un amen, mettendomi sull’avviso di come può essere variabile il clima da queste parti. Puntuale alle 16, l’hospitalero apre il ben attrezzato rifugio, potendo finalmente prendermi la desiderata doccia calda che mi rinfranca in un attimo. Moncho, l’hospitalero, è un po’ taciturno sulle prime, poi quando gli dico che anche io sono un hospitalero del Camino, a San Nicolás de Puente Fitero (che conosce bene), diventa molto più espansivo, avendo così modo di parlare del prosieguo di questa parte del Camino in Guipúzcoa. Verso sera, rientrato al rifugio dopo aver fatto le compere nel vicino Supermercato, vedo giungere un pellegrino spagnolo; si chiama Jorge, viene da Cadice ed anche lui è un hospitalero del Camino a Grañon, a pochi Km da Santo Domingo de la Calzada, così, eccoci riuniti tutti e tre a parlare del Camino, mentre fuori è di nuovo ritornato il sole ad asciugare le strade, tanto che quando esco per recarmi a cenare mi metto in maniche corte…Formidabile davvero questo primo approccio con il clima del Camino del Norte che, ben presto, dovrò imparare a decifrare…La branda mi accoglie alle 22, e probabilmente per festeggiare i due pellegrini giunti in città, alle 23 inizia a suonare una banda musicale basca piazzata nel grande parco ad una cinquantina di metri da qui con strumenti tipici come tamburi di tutte le dimensioni, gaitas, trombe, ecc, ed infine, attorno a mezzanotte inizia una sarabanda di fuochi pirotecnici spettacolari per colori e fragore…In cuor mio ringrazio la città per l’accoglienza cosi tanto calorosa a due soli pellegrini; figuriamoci se fossimo stati una decina…
Mercoledì 29-06-05. 35ª Tappa. Irun – San Sebastian. Km 26 (sentiero B). Albergue Juvenil “ Ondarreta – La Sirena”. Carretera de Igueldo 25. Tel: 943 31 02 68.
Complice l’apertura del rifugio, tassativamente alle 07, oggi la sveglia è alle 6,20 e la colazione con Jorge e l’hospitalero Moncho, si protrae tranquillamente ben aldilà del dovuto, ponendo i piedi sul cammino alle 07 in una Irun già animatissima. Le frecce gialle mi guidano bene, ed io pongo la massima attenzione nel cercarle fino a quando mi portano in periferia dove, ad una fermata di Autobus, mi mandano a sinistra verso il “Camino de los tres Puentes”, una zona di “Marismas”, acque basse di salvaguardia ecoambientale, ricche di flora e fauna acquatica. Un ben segnalato percorso misto asfalto-cemento, mi porta alle falde del Monte Jaizkibel coperto da nebbie, per prendere il sentiero che mi porterà alla Ermita di Nuestra Señora de Guadalupe. Ripido e ciottoloso, dal fondo argilloso-traditore, si inerpica nell’umidissimo sottobosco facendomi sudare già di primo mattino fino a farmi sbucare nel piazzale della Ermita. Vi sono dei lavori di restauro in corso, e tutto il porticato e l’entrata sono abbracciati da ponteggi impedendomi una doverosa foto al complesso. Da qui si gode una ottima vista della baia di Txingudi, oggi mortificata dalla foschia e dalla nuvolosità con i raggi del sole che si irradiano su Irun. Chiedo ai muratori addetti al restauro, appena giunti con un camioncino, se posso visitare l’interno, ricevendo un diniego dato che non sono in possesso della chiave…Mah! Le frecce gialle ed il segnale biancorosso della GR121 (Gran Ruta), mi indirizzano ad una larga pista pietrosa che, dopo un tornante in forte salita incrocia altri segnali, sconsigliati dalla guida, poiché mi porterebbero in cima al monte seguendo una stretta carretera adatta ai ciclisti, solamente per godere della vista dell’Oceano…Il mio cammino, prende ora una ripida e larga pista in terra argillosa color ocra che taglia tutta la costa Sud del monte; umida e con pozzanghere per la pioggia di ieri, mi chiede parecchia attenzione a dove posare i piedi, poiché gli occhi sono sempre attirati dall’abbagliante brillio delle baie marine alle mie spalle e dalla larga valle verdeggiante dove giace Irun. Raggiunta quota 250m slm, inizia la lenta e lunga discesa (circa 10 Km), verso le scalinate che piombano al pueblo di Pasajes San Juan, dove è la barca per traghettare il braccio di mare verso Pasajes San Pedro. Estremamente solitario ed immerso nella boscaglia, il sentiero fa sorgere più di un dubbio sulla sua esattezza, ma è il solo presente sul fianco del monte, quindi, avanti con fiducia e speranza che le nubi non mollino i rubinetti, altrimenti ci vorrebbero gli stivali, altro che i sandali…In alto, tra la selva di querceti e di felci, sorgono ancora resti di torri d’avvistamento, da dove i pescatori scrutavano il passaggio dei grandi cetacei e banchi di pesci nel sottostante Oceano Cantabrico. A pochi Km da Pasajes San Juan, anche se il sole splende tra la nuvolaglia, ecco le prime raffiche di pioggia mista a vento che mi obbligano a coprirmi per bene, così come dei coraggiosi bikers che risalgono il sentiero devono sveltamente mettere piede a terra per ricoprirsi. Poco prima delle scalinate che ripidamente scendono a Pasajes San Juan, le cateratte del cielo si aprono definitivamente, così, con la piena torrentizia che riempie la stradina, le scale, ed anche i miei piedi, scendo al pueblo accompagnandomi ad un abitante del posto di nome Felix.. Anch’egli è stato più volte pellegrino a Compostella, facendo parte de l’Asociación de Amigos del Camino di San Sebastian; gentilissimo e locquace, mi accompagna direttamente al punto d’imbarco dal traghettatore amico suo, offrendomi il passaggio verso Pasajes San Pedro dove lui stesso abita. La guida dice che vi sarebbe un sentiero che sale al Monte Ulia con dislivello di altri 200m; alla richiesta di un consiglio mi dice che, visto il tempo di oggi, è assolutamente da evitare e di raggiungere San Sebastian seguendo la carretera, così venuto il momento di salutarci, ripariamo in un bar per offrirgli della buona “Cerveza”(birra), ringraziandolo per l’aiuto ed i consigli. Sei lunghi Km di varie Avenidas, mi portano in San Sebastian, al bellissimo Paseo della Playa de la Zurriola, poi alla altrettanto splendida Playa de la Concha (conchiglia), entrando per la galleria sotto il Palacio de Miramar, alla Playa de Ondarreta, ed al termine della Avenida Satrústegui, salendo a sinistra per 200m, trovo l’Albergue Juvenil Ondarreta La-Sirena. Con il tempo che sembra mettere giudizio, entro nel bel complesso ed anche se non è orario di apertura, un gentile addetto, viste le mie condizioni estremamente umide, mi assegna un posto in camerata per potermi fare una doccia calda onde evitare possibili noiose complicanze. Rimessomi a nuovo, ritorno in città lungo il Paseo de Satrústegui al bordo della Playa de Ondarreta, affollata da bagnanti, per il giro turistico alla Catedral del Buen Pastor e al Parque de Alderdi Eder dove è il palazzo dell’Ayuntamento ed il Kursaal, nonché il “Casco Viejo” (centro antico). La Bahia de la Concha, con l’Isola de Santa Clara al centro, è veramente incantevole, punteggiata da colorate barche a vela sballottate dal vento che ha rinforzato, rimorchiando greggi di nuvole biancoblù di incerta decifrazione. La visita alla Catedral del Buen Pastor, a metà della Calle de San Martin, mi porta via parecchio tempo senza entusiasmarmi tanto, volgendo i miei passi verso la Chiesa di Santa Maria e di San Vicente situate nel Casco Viejo alla base del Monte Urgull. È tempo di rifare all’indietro i tre Km che mi separano dall’Albergue giungendo alle 20 in cucina, dove già vi sono ragazze che si cucinano profumati piatti di prosciutto e pancetta fritti con le uova, trovando anche per me un tegamino su cui rosolare le mie fette di pancetta, ma senza le uova…La ritirata qui suona alle 24, ma la maggior parte, alle 23 sono sotto le coltri, compreso Jorge, arrivato alle 19 dopo aver sostato a lungo alla Playa, “para descansar un ratito…”.
Giovedì 30-06-05. 36ª Tappa. San Sebastian – Zarautz. Km 23 (opción B) Albergue Juvenil “Monte Albertia”. Calle San Ignacio 31. Tel: 943 13 29 10.
A differenza dei pellegrini del Camino Francés, i pellegrini del Camino del Norte iniziano la tappa molto più tardi; sia perché il mattino è sempre molto fresco, ed il più delle volte pioviggina, ma soprattutto, è che durante il giorno non si raggiungono le alte temperature tipiche del Camino Francés. Così sarà anche per me già da oggi poiché la colazione è servita dalle 08 (anche se la cuoca mi fa accomodare alle 7,45 essendo un pellegrino), ed alle 8,15 posso partire, mentre Jorge, che ieri non aveva ritirato subito la Credenziale rimasta al Bureau, è obbligato ad attendere le 09 quando rientrerà l’addetto. Il giorno si annuncia magnifico, così come il sentiero che, iniziando a poca distanza dall’Albergue, si impenna risalendo ai 300m del Monte Igeldo per innestarsi in una piccola carretera che corre alta lungo la costa, permettendomi una stupenda vista del mare Cantabrico: Ha ben ragione la guida quando dice che è una delle tappe più appaganti del punto di vista panoramico…Poco avanti, vi è una bella “Fuente” di acqua, con due sedie ed un tavolino con il timbro, messa a disposizione dal pellegrino del luogo, José Mari Soroa, per tutti i pellegrini di passaggio, poi un segnale mi devia a sinistra su una salita tremenda per arrivare davanti all’Asador Nikolas, dove la proprietaria, allarmata dal continuo abbaiare del cane, mi dice che è un segnale sbagliato, e di continuare diritto poiché più avanti i cammini si ricongiungono. Contornando la costa del monte Mendizorrotz, un lungo sentiero erboso stretto ed infestato da una specie di rovo che, tagliato e secco è estremamente pungente, mi conduce, assieme a Jorge prontamente giunto, ad una ripida discesa verso la Venta de Orio. Improvvisamente, risalendo da una curva del sentiero, sbuca una persona che, quando siamo ad una ventina di metri, si ferma sorridendo puntando il dito verso di me…Sulle prime resto interdetto, poi ecco che riconosco la persona; è Ramon Lasa, un grande pellegrino di San Sebastian, amico mio e compagno di cammino nel 1999 sulla Via di Le-Puy-en-Velay! Gli avevo scritto mesi fa, avvertendolo che forse sarei passato da queste parti, non potendo però specificare il giorno esatto, ed anche lui (che solitamente di questi tempi è in cammino verso Santiago), ha avuto dei contrattempi che (la Provvidenza o San Martin?), sommatisi, oggi hanno fatto sì che ci incontrassimo su questo piccolo sentiero…Un grande abbraccio tra due amici vicinissimi nello spirito, ma lontanissimi per dimore, è il primo grande regalo che il Camino del Norte mi elargisce; nuove notizie e ricordi recenti di altri amici pellegrini, ci vedono conversare gioiosamente al bordo del sentiero; chi mai avrebbe saputo scommettere per un incontro così inatteso..? Ci salutiamo accordandoci per risentirci alla fine di Settembre, quando anche lui sarà rientrato da Santiago, riprendendo il cammino per raggiungere la Ermita Romanica di San Martin de Tours, patrono dei pellegrini di questa zona; molto bella e circondata da un prato ed un giardino fiorito, da qui si gode la vista del mare ai suoi piedi, ma sfortunatamente è chiusa, così decidiamo di attendere, seduti sotto al bel porticato che nei secoli andati serviva da hospital ai pellegrini, qualcuno che possa aprirla. Chissà mai che San Martino provveda…Riparto dopo mezzora, lasciando Jorge disteso nel prato occupato ad addentare un notevole bocadillo, scendendo al pueblo di Orio in una piccola calle che ha al suo fianco la Iglesia-Fortaleza di San Nicolás, con un bel porticato di ronda (al tempo, essa faceva parte del recinto difensivo del pueblo), ed una curiosa passerella aerea che la collega alla casa di fronte. Orio è un pueblo di pescatori, con il porto incastonato al bordo della Ría de Orio che lo collega all’oceano, così che per incamminarmi verso Zarautz, devo costeggiarla per attraversarla sui due ponti, della Carretera e un altro pedonale, mentre ai tempi andati, vi erano dei “barcos” che trasbordavano i pellegrini gratuitamente, venendo ripagati, per questo servizio, dalle pochissime tasse a loro richieste per il traghetto di persone e merci ”normali”, dai Los Reyes Católicos. Camminando lungo il porto-canale, ho modo di scorgere una infinità di grossi pesci “pascolare” vicinissimi alla riva, mentre coloratissimi battelli, vanno e vengono spinti dal caratteristico ronfare dei motori diesel. Un’altra ripida salita seguita dall’altrettanto gemella discesa, mi porta in Zarautz che, bellissima, mi appare adagiata nel fondo della valle guarnita da una stretta falce di spiaggia battuta da bianchi frangenti, scorgendo più lontano la sagoma inconfondibile del “Ratón”, l’istmo di Getaria. Costeggiando la spiaggia sul lungomare fiancheggiato da anonimi edifici ed alberghi di vacanze, arrivo, seguendo le frecce gialle, davanti alla Iglesia de Santa Maria la Real, prendendo a sinistra per arrivare con qualche difficoltà all’Albergue Juvenil Monte Albertia. Mentre il tempo cambia velocemente verso il nuvoloso con pioggia, mi viene assegnata una grande camera con doccia, poi mentre esco per recarmi in centro per acquistare delle calze ed i viveri per domani, arriva anche Jorge che viene alloggiato nella stessa camera. Ho giusto il tempo di aggirarmi nel Barrio Viejo della cittadina, fare qualche foto al mare e gli acquisti, prima di dover rientrare di corsa all’Albergue sotto ventosi scrosci di pioggia. Restando a chiacchierare con una simpatica ragazza addetta al Bureau, veniamo a sapere che mentre oggi abbiamo posto nell’Albergue deserto, domani non vi avremmo trovato neanche un buco libero dato che arriveranno delle comitive di giovani in vacanza… A cena siamo solo noi ed una anziana coppia di francesi, ed alle bravissime e gentilissime cuoche che ci avevano preso in simpatia, non è parso vero di tenerci compagnia offrendoci abbondanti portate di sopa di verdure, riso con pomodori, petti di pollo ed alla fine, dei dolci al cioccolato molto raffinati, dividendo con loro le nostre robuste scorte di birre, accordandoci perché ci preparino la colazione per domattina alle 07. Ci assicurano che domattina troveremo sicuramente il bel tempo, e se lo dicono loro che qui vi abitano, noi lo accettiamo come un simpatico augurio infilandoci nel sacco a pelo alle 22, mentre fuori fischia il vento e piove che Dio la manda….
Venerdì 01-07-05. 37ª Tappa. Zarautz – Deba. Km 26. Albergue de peregrinos. 50m dalla spiaggia. Chiave a Oficina de Turismo. Calle Portu. Tel: 943 19 24 52.
Notte tranquilla al “Monte Albertia”, e come avevano previsto le cuoche, questa mattina il tempo è bellissimo con il sole che sorge da una muraglia di basse nubi sedute sull’Oceano. Anche la colazione è già pronta, quindi non mi resta altro da fare che uscire lasciando dormire Jorge che evidentemente, non avendo nelle gambe i miei 1000 Km già percorsi in terra di Francia, risente di più i continui faticosi dislivelli fin qui avuti. Passando accanto alla Iglesia di Santa Maria la Real, mi incammino sulla pista pedonale ricavata a fianco della carretera a picco sul mare verso Getaria. Una bellissima passeggiata con tutti i sensi impegnati a godere dello spettacolo che la natura mi offre; solo i piedi calcano l’artificiale asfalto, mentre occhi, orecchi, naso e gola, vedono-ascoltano-annusano-aspirano il creato primordiale…L’istmo di Getaria, Monte San Antón, ha proprio la forma di un verde “topolone”(Ratón), ma anche la cittadina è bella, istoriata da piccole calles che conducono al porto ed alla Iglesia di San Salvador. Una ripida e larga calle “empedrada”, di grossi blocchi di pietra, mi porta in alto alla carretera, poi in un susseguirsi di discese e salite, mi conduce ad Askizu, alla preziosa Iglesia di San Martin de Tours, dove vicino, vi è anche un albergue de peregrinos. Continuo il cammino di cresta sul mar Cantabrico ruggente contro le scogliere, o delicatamente sciabordante in piccole insenature pietrose affollate da stormi di bianchi gabbiani, entrando in Zumaia, un piccolo pueblo medioevale sorto lungo le rive del Rio Urriola che, dominato dalla possente mole della Iglesia de San Pedro sorta sulla collinetta prospiciente la scogliera, attraverso su un arcuato ponte pedonale, la cui piccola piazzetta offre asilo ad un antico cannone da nave, Scorgo 200m avanti a me la sagoma di due pellegrini, perdendoli di vista nell’intrico di incroci per uscire dalla cittadina. Ora il cammino prosegue lungo bei sentieri di erba chiusi da “Vallas” (cancelli), che bisogna premurarsi di richiudere alle spalle, pena la fuoriuscita di mucche o pecore che pascolano nel recinto. Al merendero di Elorriaga, posto panoramico a 200m sopra il livello del mare, sosto per qualche minuto, vedendo che è un punto di arrivo di escursionisti provenienti da vari sentieri o carreteritas locali; non vi sono boschi, essendo zona di ampi pascoli, e solo il verde scuro di dense pinete punteggiano il verde chiaro delle colline. Attraverso in salita una di queste pinete camminando su un sentiero che, in caso di pioggia richiederebbe degli stivali, aprendo e richiudendo svariati cancelletti fino a costeggiare un piccolo torrentello che, invadendo il sentiero stretto da muriccioli in pietra, mi obbligando a saltare nel pascolo a fianco, guardato in malo modo da alcuni manzi. Raggiungo il Santuario de Itziar, dedicato alla vergine Maria, che custodisce una statua in legno dorato della Madonna con Bambino risalente al XIII° sec., eletta protettrice dei naviganti Baschi e meta dei pellegrini di passaggio. Poco più avanti, una discesa da fare con il freno a mano tirato, porta alla bella e solitaria Ermita di San Roque, anch’essa chiusa, ma dal portale a griglie di legno, ho modo di vedere l’interno dai muri in pietra, e di fotografare la statua posta dietro l’altare dedicata a San Roque in abiti da pellegrino, ma con un bambino al posto del consueto cane. Arrivo in alto a Deba camminando su una carretera, e per scendere, vi sono dei capienti ascensori per superare il notevole dislivello che vi è per scendere alla cittadina a livello del mare. Un cortese Agente de Policia posto all’uscita della piazza degli ascensori, mi indirizza alla Oficina de Turismo per avere il “Sello” (timbro) sulla Credenziale e la chiave per accedere all’Albergue de Peregrinos, posto vicinissimo alla spiaggia. L’Albergue, ben tenuto e spazioso, ha 6 letti ed i servizi con la doccia, e vi è anche una utilissima centrifuga per il bucato che permette di stendere gli indumenti quasi già asciutti! Dopo essermi ben sistemato, esco per visitare Deba sotto un sole rovente, dirigendomi, dopo una prima occhiata alla stupenda spiaggia, alla Iglesia Parroquial, anch’essa dedicata a Santa Maria la Real, cosa che mi rallegra visto che il mio pellegrinaggio è incentrato per l’appunto, alla Vergine Maria ed a San Martino…La massiccia costruzione è sostenuta all’esterno da robusti archi gotici, mentre il portico custodisce un policromo Portale gotico a sesto acuto di stupenda fattura, con il Cristo Benedicente raffigurato nella colonna centrale, attorniato dalle statue degli Apostoli poste alle colonne laterali, mentre il Timpano raffigura episodi della vita della Vergine Maria. All’interno, dopo aver atteso che delle mujeres terminassero le pulizie, ho modo di fotografare la statua della Virgen uguale a quella che è custodita al Santuario di Itziar, ed un’altra bella statua di San Roque, questa volta con a fianco il classico cane che gli porge il pane. Deba, non ha null’altro di interessante per il pellegrino a piedi, così mi dirigo alla spiaggia dopo aver visto che all’Albergue, sono arrivati altri pellegrini; Jorge, una pellegrina Danese che parla un po’ di inglese, e due ragazzi spagnoli. Alla sera, ceno in un ottimo bar del centro con “platos combinados”, (un piatto unico con differenti pietanze o verdure, sempre abbondante ed a basso prezzo), rientrando alle 21,30, notando che tutti gli altri pellegrini sono già in branda! Che pellegrini..! Per gli abitanti di Deba inizia ora il divertimento per i prossimi due giorni di fine settimana…!
Sabato 02-07-05. 38ª Tappa. Deba – Monasterio di Cenarruza. Km 30. Monasterio Cistercense di Cenarruza. Tel: 946 16 41 79.
Rifugio piccolino, ma con ottimi materassi, ed a quanto pare, “las fiestas” non hanno tirato le ore piccole, permettendo un ottimo riposo ai pellegrini. La pellegrina Danese è la prima a prendere il cammino alle 5,30; dove andrà mai nel buio visto che l’alba è di là da venire… mah… misteri dei pellegrini, ma anche gli altri partono alle 06, troppo presto per andare da qualsiasi parte senza la necessaria luce…Dopo la colazione, mi incammino anch’io alle 6,45 richiudendo il rifugio, così come lo avevo aperto ieri. Il tempo è fresco, e dopo aver passato il ponte sul Rio Deba, è subito montagna vera, inerpicandomi su una pista in mezzo a conifere e rovereti, che non smette mai di salire per, portarmi alla Ermita de El Calvario, sempre in vista del mare ed in mezzo ai pascoli. Un ulteriore strappo ed una decisa discesa, mi portano al Barrio di Olatz, poche case addossate ad una Ermita dedicata a San Isidro, e da qui in avanti, salgo sempre su una solitaria carretera in mezzo ad una fitta abetaia fino a 500m di quota, passando il pueblito di Kostolamendi, in un paesaggio estremamente boscoso e verde che il sole illumina da par suo. Ora la guida dice che inizia una lunghissima discesa verso l’abitato di Markina, ed in effetti, dapprima su asfalto, poi giunto ad un “caseario” in ristrutturazione, su un sentiero pietroso, che scende a rotta di collo sul fianco del monte deforestato, segnandolo con delle serpeggianti cicatrici bianche che offrono alla vista tutta l’ampia vallata sorvegliata da lontanissimi bianchi generatori eolici. Seduta sul bordo del sentiero, ritrovo la pellegrina Danese che, alla mia domanda se tutto procede bene, mi fa cenno di si…Tutta la costa del monte deforestato è solcata da sentieri come una tela di ragno, ed il sole radioso scalda come mai i cespugli spinosi e l’erba tagliata, sollevando zaffate di caldana dalla vegetazione sobbollente. Scendo nei dintorni di Markina-Xemein con i dischi dei freni color rosso fuoco, passando accanto alla bella Iglesia gotica di Santa Maria risalente al XVI° secolo; uno dei maggiori monumenti religiosi del Paese Basco, dominata dal possente campanile quadrato e dall’altissimo Portale. Entro nella grande piazza della cittadina di Markina, perdendo i segnali del cammino, poi chiedendo a più persone, vengo indirizzato a destra dove la carretera B1-633 curva, portandomi a passare davanti alla Iglesia Parroquial di Santa Maria, dalla semplice facciata adorna solo della statua della Vergine e da due torri campanarie ai lati. Più avanti, il segnale mi invia a destra della carretera, in un sentiero che attraversa prati ed orti per arrivare a Bolívar, pueblo natio della famiglia del Libertador de Sur America, Simón Bolívar. Sbuco di nuovo sulla carretera, ed a una curva della stessa, in prossimità di un bar, non mi avvedo di una conchiglia posta in alto alla casa, ed una freccia gialla dipinta per terra, ambedue nascoste da un grosso camion parcheggiato. Vengo richiamato ad alta voce ed ampi cenni, da tre persone sedute ad un tavolo sotto le ombrose fronde di enormi castani; mi invitano a sedermi, ed indicandomi i segnali nascosti dal camion, mi mostrano che stavo sbagliando strada…! Li ringrazio sentitamente, ma non vogliono che riparta senza sedermi con loro a prendere un bicchiere di vino e dei salumi, cosa che faccio ben volentieri vista la loro cortesia, intrattenendomi a chiacchierare ed a gustare i loro spuntini, composti da prosciutto salumi e formaggi con dell’ottimo vino che, fresco e buonissimo, potrebbe anche tagliarmi le gambe per i restanti 2 Km in ripida salita…Mi fanno notare di essere cittadini “Baschi” abitanti da queste parti, ed essendo oggi sabato, sono in visita ad amici che dovrebbero arrivare tra poco, e che potrei attenderli anch’io qui al fresco sotto le fronde, “picando y tomando unos vasos de tinto”. Ci facciamo una grande risata quando dico loro che se resto a “tomar vasos de tinto”, va a finire che non arrivo più al Monastero e che mi tocca passare la notte dormendo nel bosco..! Dopo venti minuti di vivace compagnia, li saluto ringraziandoli di nuovo, ricevendo una forte stretta di mano ed un “Buen Camino hasta Santiago”, poi riprendo il cammino che si inerpica dapprima vicino a delle case, poi in un caldissimo bosco di abeti. Finalmente metto i piedi sul sentiero “empedrado” che mi porta al Monastero mai tanto desiderato. Sono le 14,30, tutto è in silenzio, così faccio il giro per arrivare al grande cancello posteriore, alla guardiola del Padre Guardiano ed al piccolo negozietto di souvenir, dando il primo squillo al campanello. Ne occorrono ben quattro di squilli affinché arrivi il Padre, poi ecco che mi accoglie con sollecitudine, accompagnandomi al rifugio posto all’esterno del Monastero, su una grande terrazza che dà sulla carretera. La primitiva Chiesa risale al XI° secolo, si trasformò in Collegiata nel XV°, e solo nel 1994 divenne Monastero con l’arrivo dei Monaci Cistercensi. Sul frontespizio del Portale di accesso al Monastero, vi è un cartiglio raffigurante un’aquila con un teschio tra le grinfie che, secondo la leggenda, artigliò nella Ermita di Santa Lucia nel pueblo di Gerrikaitz, lasciandolo cadere su questa collina. L’episodio fu visto come un segno divino, dando inizio alla costruzione della primitiva chiesetta. Ho tempo di sistemarmi per bene, assistere alla funzione di Nona, poi di girare attorno e nel Monastero, fino a quando giungono anche Jorge, la Danese, ed un gruppetto di 6 ragazzi, pellegrini spagnoli, da due giorni in cammino. Poco prima dei Vespri, parlando con la pellegrina Danese capisco che ha dei problemi ai piedi, dovuti probabilmente a delle vesciche, così gli spiego che, se vuole, posso aiutarla. Assai timida, mi porge entrambi i piedi, rendendomi conto che ha delle dolorose vesciche, e tutte mal curate da se stessa. Ci vogliono circa tre quarti d’ora di cure per drenarle, disinfettarle per bene e poi proteggerle con strisce di cerotto, ricevendo un sentito grazie. Jorge ed io, unici tra i pellegrini presenti, assistiamo anche ai Vespri, quindi arrivate le cuoche, abbiamo una ottima cena che tutti consumiamo comodamente seduti in terrazza. Avendo parecchio appetito, mi permetto di prendere tre piatti di gustosissime lenticchie (sembra che gli spagnoli non li apprezzino…), poi delle crocchette di carne, quindi delle enormi pere, sicuramente conservate sino a poco prima in un freezer (tanto sono ancora ghiacciate all’interno..), infine dei gustosi biscotti di cereali offerti benevolmente dal Padre, ma niente vino, (sicuramente per me è stato sufficiente quello che avevo bevuto con los amigos Bascos al pomeriggio…). Un tramonto bellissimo con il sole rosso che accarezza le cime degli abetaie e dei monti circostanti, ci vede rientrare di nuovo nel Monastero per la recita di Compieta con i monaci che recitano i Salmi cantando con l’accompagnamento di un piccolo organetto. I ragazzi e Jorge, chiedono poi al Padre il permesso di portare i materassi sotto il porticato della Chiesa, per dormire fuori all’esterno, ricevendone il divertito assenso, così, alle 22,30 tutto il Monastero ed il Creato intorno, giacciono nel silenzio e nella Pace più assoluta, nell’autentico spirito del Camino…!
Domenica 03-07-05. 39ª Tappa. Monasterio de Cenarruza – Lezama. Km 42. Refugio de Peregrinos. ( prefabbricati con servizi e aria climatizzata) 200m a destra del Centrocittà.
Con tutti gli spagnoli che dormivano fuori sotto il porticato della chiesa, ho riposato come mai nel piccolo rifugio, forse anche per la durezza della tappa di ieri, o forse per la leggerezza dello spirito data dalle preghiere in comune con i Monaci, ma credo che sia stato perché è la prima volta che qui in Spagna, ho dormito in un autentico “rifugio” per il corpo, e sopratutto per l’anima dei pellegrini. La pellegrina Danese parte già alle 06, ancora al buio, mentre io attendo che si levi il sole, poi dopo la colazione, prendo il sentiero nel bosco alle 7,30. Il tempo sembra buono ed il cammino è subito in salita; ripido e stretto si fa strada in un tunnel arboreo che rilascia sottilissimi fili di seta sul viso già sudato: Come mai? Se la pellegrina Danese fosse passata da qui, le ragnatele avrebbero dovuto essere state strappate, o forse… che abbia desistito dal continuare il Cammino? Non lo saprò mai, e se così fosse, mi spiacerebbe moltissimo, ma propendo che nel buio dell’alba, si sia incamminata lungo la carretera verso Gernika. Ben presto, dopo una leggera discesa, riprendo a salire tra pini ed eucalipti che effondono un soave profumo (anticipazione di quello che sarà in Galizia..), per arrivare all’Alto de Gontzegarai. Iniziando a discendere, attraverso pascoli chiusi da cancelli per prendere la carretera diretta a Munitibar, passando accanto alla Basilica di San Miguel su una dura pista di cemento in Aldaka. Fortunatamente, vi sono le frecce gialle che mi conducono quasi per mano, altrimenti con tutti i sentieri e le piste che trovo, sarebbe stata una bella scommessa azzeccare il cammino giusto…Una salita di 1,5 Km, mi porta alla Ermita de Santiago, poi di nuovo in discesa su un lungo sentiero ingombro di radici; estremamente fangoso, ripido e traditore, attraversa il bosco fradicio, sbucando sulla carretera. Un centinaio di metri più avanti, mentre recito delle sacrosante giaculatorie a colui che ha determinato l’assurdo percorso (sarebbe stato più semplice proseguire sulla carretera…), incontro una giovane pellegrina Francese che ritorna da Santiago! Come va? Come stai? Dove sei diretta? Ecc.. Proviene da Gernika, ed ha deviato dal Camino Francés poiché vi sono troppi pellegrini, ed i rifugi sono affollati. Mi chiede come è il cammino più avanti, cosi le consiglio di seguire la carretera almeno fino alla Ermita di Santiago, evitando assolutamente il sentiero da me seguito, anche perché, in salita sarebbe parecchio più infido. Evidentemente, è una tappa sfortunata quella di oggi, poiché ad un bivio, prendo un sentiero segnalato in direzione di Elexalde, mal interpretando la guida! Brutta idea è stata; fango e pietre fanno a gara con i rovi e le ortiche, fino a quando sbuco, dopo un Km di salita, in alto ad un piccolo pueblo dove è la chiesa. Non vi è alcuna indicazione, né frecce gialle da seguire, così resto nel dubbio di aver preso un sentiero di escursionisti locali; busso ad una porta chiedendo lumi ad una gentile signora, poi un gruppetto di ciclisti appena arrivati, mi dicono di prendere la carretera in discesa, ritornando indietro fino a giungere a Marmiz dove, sotto una leggera pioggia, ritrovo le frecce gialle. Alle 11 entro in Gernika decidendo di non fermarmi e di proseguire fino a Lezama a 25 Km da qui. La pioggerella non smette, impedendomi di fare un piccolo tour per la città; mi reco a vedere solamente il “Roble Seco”, il famoso rovere di 300 anni di età, sotto al quale anni fa, ancora si riuniva la giunta del Pueblo. Sono di nuovo in salita, verso Gerekiz che non arriva mai, su un largo sentiero forestale rovinato da lavori di deforestazione, con enormi tracce di escavatori che, per mia fortuna, la leggera pioggia non ha tramutato in fango. Con un ultimo deciso strappo, raggiungo l’Alto de Morga ammirando finalmente dei paesaggi magnifici ai quali manca solamente il sole per trarne delle splendide cartoline…La carretera scorre su e giù in mezzo a boschi di eucalipti alleviandomi, perlomeno, la fatica che accumulo mentre salgo verso Eskerika, per poi precipitare in un vallone, risalendo di nuovo sulla costa opposta fino ad incontrare il percorso per ciclisti che giunge da Muxika. Una doverosa sosta su dei tronchi tagliati, mi permette di pranzare e di asciugarmi al sole che nel frattempo è spuntato, visto che da qui dovrei solamente discendere verso Lezama a circa 8~10 Km. Un poco più pimpante, riprendo la marcia discendendo i fianchi del monte sulla carretera, che si attorciglia come un serpente, arrestandomi di botto quando vedo due pellegrini seduti su una catasta di tronchi al bordo della carretera. Che sorpresa! É la coppia di coniugi tedeschi, pellegrini, che avevo notato al rifugio di Saint-Jean-Pied-de-Port! Avevano proseguito sul Camino Francés fino a Pamplona, poi trovandolo affollato, sono ritornati ad Irún per fare il Camino del Norte, un poco a piedi ed a volte con l’autobus. Oggi è l’ultimo giorno di cammino per loro, dovendo rientrare a casa, ma hanno sbagliato il cammino in alto a Gerekitz, e sono parecchio stanchi. Li informo che il rifugio di Lezama è a soli 6 Km e di farsi coraggio, poiché vi è soltanto discesa, dando loro appuntamento a più tardi. Finalmente entro in Larrabetzu facendo un largo giro (sempre i segnali insensati…), per vedere la chiesa che naturalmente è chiusa, così riprendo la carretera per arrivare a Lezama, meta desiderata che non arriva mai… Che tappa! Quando entro in Lezama, il vecchio rifugio non esiste più, tribolando un po’ per trovare quello nuovo; sono dei prefabbricati provvisti di servizi e di aria condizionata, posti un una zona sportiva a poche decine di metri dalla carretera, venendo accolto molto affabilmente dagli hospitaleros che dopo avermi assegnato il letto (numerato..), mi regalano una bellissima Tshirt del Camino!! Dalle docce esce la coppia di tedeschi vista prima di Larrabetzu, che evidentemente troppo stanchi, hanno chiesto un passaggio ad un automobilista per essere trasportati qui. Alle 20, vengo accompagnato ad un restaurante da un cortesissimo abitante, anche lui di tanto in tanto hospitalero, mettendoci d’impegno a “picar tapas y vasos” con grande allegria, anche se il tempo fuori si è di nuovo messo al brutto. Ma cosa importa? Sono a tavola con amici, vi sono anche i pellegrini tedeschi, il “dueño” offre delle buone cervezas a “los peregrinos que se quedan aqui”, in un pueblito che, a differenza di Gernika, ha messo a nostra disposizione delle strutture di accoglienza che fanno grande onore ai suoi abitanti affezionati ai pellegrini… Che Santiago li colmi di grazie…!
Lunedì 04-07-05. 40ª Tappa. Lezama – Portugalete. Km 36. Albergue de Peregrinos Municipal. Centro città. (vicino Puente Transbordador Bizkaia).
Ieri sera rientrando al rifugio sotto la pioggia ed il vento, ho trovato altri 5 pellegrini ciclisti Spagnoli da poco giunti; ancora umidi, erano indaffarati a sistemare le bici nella zona docce, accudendole amorevolmente, proprio come se fossero delle cavalcature in carne e ossa…Per ovviare alla temperatura discesa bruscamente, abbiamo anche fermato l’impianto di condizionamento dell’aria, per non dover infilarci nei sacchi a pelo vestiti, cosa che ci ha permesso di dormire molto bene alla giusta temperatura. La mia sveglia oggi suona alle 6,20, accorgendomi subito che fuori cade la pioggia accompagnata dall’ancora più fastidioso vento. Anche la coppia di Tedeschi si muove, ma per loro, più tardi vi sarà il comodo autobus da prendere per arrivare a Bilbao. Decido di attendere per vedere se la pioggia cali di intensità, poi alle 7,30, dopo aver mangiato un panino, mi incammino ben intabarrato, verso Zamudio lungo i 3 Km di carretera già trafficata, cercando di vedere se ai vari distributori di carburante, vi siano dei bar aperti per prendere qualcosa di caldo, prima di prendere il sentiero che mi porterà in alto al Monte Avril. In Zamudio, passo accanto alla Iglesia de San Martin, poi entro nel poligono industriale Pinua, su un sentiero di terra nera ed argillosa messo sottosopra da opere di scavi. Davanti a me il Monte Avril coperto da nubi, fa il paio con l’incessante pioggerella, che mi impedisce di levarmi la fastidiosa mantella, sul sentiero che sbuca sopra la nuova Autopista di Txorierri, riprendendo nuovamente a salire appena giunto aldilà, con il fango che la fa da padrone, ponendo attenzione per non scivolare. Un ultimo tratto di sentiero tra l’erba alta e bassi alberi, che mi scaricano addosso la pioggia, mi porta a delle case, sollevando una cagnara di latrati di alcuni “perros” (poco avvezzi a veder passare dei pellegrini), iniziando la lunga e ripida discesa verso Bilbao, entrandovi per il ponte sopra la carretera. Delle scalinate, denominate “Camino de Zamudianos”, mi conducono alla Plaza Arabella, fino ad arrivare alla Cattedrale di Nuestra Señora de Begoña Patrona della Biscaglia, rifugiandomi al suo interno per scampare alla pioggia. Posando lo zaino accanto al fonte Battesimale, non posso fare a meno di pensare a questo pellegrinaggio sempre accompagnato dalla pioggia ogni volta che arrivo in una grande città; parrebbe quasi una sorta di maleficio che Giove Pluvio mi ha condannato, così, per suo cinico divertimento…L’attuale Cattedrale fu costruita nel XVI° secolo sopra i resti di una antica Ermita, ed anche se la pioggia mi impedisce di ammirarlo, il suo stile gotico ricorda molto le Cattedrali di Francia, così come le altissime crociere delle sue navate, sorrette da leggiadre colonne, sono superbamente intarsiate. Riparto discendendo le lunghe “Escaleras”, dirigendomi alla Cattedrale di Santiago nel cui interno cerco invano una statua dell’Apostolo. Molto bello è il suo Portale Rinascimentale, sormontato da un raffinato Rosone, sotto al quale, nei secoli andati, i pellegrini in transito a volte vi si riparavano per dormire. Discendo ancora per dirigermi alla Ría de Bilbao, per seguire il lungofiume passando accanto al Museo Guggenheim. Tenendo fede alle sue bizzarrie, il sole fa capolino tra le nubi facendo salire subitaneamente la temperatura, così mi fermo per una sosta sulle panchine del parco antistanti la moderna silhouette del Guggenheim. Vi è molta gente che passeggia, ma non fa caso al pellegrino che si libera dell’attrezzatura subacquea, per restare in calzoncini corti, respirando a pieni pori ed apprezzando la brezza che si è levata. Un percorso, abbastanza lungo e tedioso per carretera, verso Zorrotza-Lutxana ed infine Sestao, mi conduce in Portugalete passando accanto a delle belle case. Non scendo all’unico ponte che lungo la passeggiata del Rio Nervión, mi avrebbe portato al Puente Colgante vicino all’Albergue de Peregrinos, ma resto in alto sulla Avenida, fino a quando, giunto ad un incrocio che mi sembra quello giusto, una gentilissima ragazza mi indirizza a destra, all’Albergue situato a 200m, in un strada che conduce alla passeggiata sul Rio Nervión vicinissimo al Puente Colgante o Transbordador. Ora sono le 14,30 ed il rifugio apre alle 15, così attendo, facendo gli onori di casa a due pellegrine Francesi, contentissime di poter parlare finalmente nella loro lingua con me! Alle 15,30 arriva la cortese hospitalera che ci introduce nel grande Albergue, informandoci altresì sul percorso che ci attende all’indomani. Dopo le incombenze del bucato, il padre della hospitalera, loquace e gentile, mi accompagna ad una Cafeteria dove stasera potrei cenare, raccomandandomi al proprietario, quindi rientrato per prendere di nuovo gli attrezzi per le immersioni (visto il tempo che va a cambiare una volta di più), scendo alla passeggiata sul lungofiume per scattare finalmente delle foto accettabili, ma anche per poter telefonare a casa da una cabina. Vi è molta gente che passeggia incurante sia del vento che della pioggia che di quando in quando spruzza, ma nessuno di loro ha a portata di mano un ombrello o altro.. Probabilmente, loro sono abituati alle bizzarrie del tempo… Alle 19, mi reco alla Cafeteria Miramar dove, accolto con cortesia, ceno abbondantemente rimettendomi in sesto, visto che oggi, complice il brutto tempo, non ho mangiato quasi nulla se non un bocadillo, attendendo l’apertura dell’Albergue…Al rientro all’Albergue, trovo la camerata occupata anche da due giovani ragazze cecoslovacche un pellegrino tedesco e due ciclisti spagnoli, così, anche oggi siamo in 8 pellegrini…!
Martedì 05-07-05. 41ª Tappa. Portugalete – Castro Urdiales. Km 27. Polideportivo.
Notte tranquilla e riposante nel grande Albergue, ed alle 6,20 la sveglia non ammette ritardi; anche i due ciclisti spagnoli raccolgono le loro (poche) cose, trattenendoci insieme per una frugale colazione nel grande andito. Non riesco a decifrare il tempo che vi è fuori, ma visto che sicuramente non piove, alle 07 parto già in pantaloncini corti risalendo la via fino all’incrocio con la Avenida, prendendo poi, in forte salita, la lunga e faticosa Avenida Carlos V° e la carretera de Ortuella, per uscire da Portugalete in direzione della Valle de Traparagán, trovando un forte traffico di vetture che si riversano in città. La prima meta dell’inizio tappa, è una pista ciclopedonale lunga circa 10 Km, chiamato “Bidegorri” (in lingua Euskera =Cammino.), che partendo dalla zona alta della città, contorna tutti i monti che fanno corona alla grande vallata, discendendo fino alla Playa de la Arena. Qui sul “Bidegorri”, vi sono parecchie persone che passeggiano incrociando altre che, mettendoci più impegno, camminano velocemente, e curiosamente, la maggior parte di queste ultime, sono “mujeres”! I due ciclisti spagnoli passandomi accanto, mi salutano scendendo a rotta di collo per la larga carretera, e tra pochi minuti saranno in vista dell’Oceano, il cui profumo salmastro mi solletica le narici già qui nella valle. Dolci salite e comode discese, mi portano in breve alla grande Playa de la Arena, dove mi ricreo nel mettere i piedi a mollo nel grande mare, prima di cercare il “Puente Azul”, passante sopra il Río Barbadum, situato al fondo della grande Playa. Sbuco in una zona di parcheggio, ed ecco a destra il segnale che indica chiaramente di salire una lunga scalinata scavata nella roccia per arrivare in alto, dove era una antica linea di ferrovia mineraria. Ora dismessa, è stata trasformata in una stupenda passeggiata aerea costeggiante tutto il Capo, con una fantastica vista panoramica della Playa e dell’Oceano Cantabrico. Passo dentro un lungo tunnel scavato nella roccia, camminando sempre sul largo sentiero a picco sul mare, osservando dei pescatori scesi sulle rocce per prendere i granchi. Il tempo è estremamente variabile con una alternanza di repentine schiarite e di rannuvolamenti prodigiosi, però con nessuna avvisaglia di pioggia. Passato il pueblo di Ontón, la guida dà due indicazioni di percorso; uno di circa 16 Km con una deviazione verso l’entroterra, mentre l’altro di soli 6 Km porta a prendere la Naciónal, passando per il bel pueblo di Mioño. Scelgo la seconda, più corta, per avere abbastanza tempo, una volta giunto a Castro Urdiales, di acquistare un paio di sandali, visto che i miei hanno le suole quasi completamente consumate, ed anche per poter ammirare la bella cittadina. Lasciata la Naciónal, il cammino, scende a capofitto in Mioño, dando modo di apprezzare la sua bella spiaggia riparata in una profonda insenatura, per poi risalire, altrettanto ripidamente, su un gradevole sentiero, l’altura retrostante. Entrando poi in Castro Urdiales lungo la Playa de Brazomar, mi dirigo alla Oficina de Turismo per avere indicazioni del Polideportivo (visto che la guida non dà l’indirizzo), ed una pianta della cittadina. Chi mai avrebbe potuto supporre che anche Castro Urdiales, come Deba o Zarautz, fosse così bella ed attraente? Raggiunto il Polideportivo alle 13,30, ai piedi della collina ed a poche centinaia di metri dal centro, vengo ospitato nella zona docce, ricevendo un grosso materasso di gommapiuma come letto, e la possibilità di entrare ed uscire quando voglio, fino alle 22 di sera. La doccia ed il bucato mi prendono parecchio tempo, poi dopo un rapido pranzo, esco per il tour al centro città, nella zona del porto. Le nubi hanno lasciato il campo ad un sole sfolgorante che fa risplendere i vivaci colori delle numerose e coloratissime barche ormeggiate, ma è la monumentale Iglesia de Santa Maria de la Asunción del XIII° secolo, che, insieme al Castello-Faro, attira lo sguardo del pellegrino. Castro Urdiales, oggi una delle città più turistiche della Cantabria, ai tempi era la colonia Romana Flaviobriga, fondata dall’Imperatore Vespasiano, e davanti alla Iglesia, costruita a picco sull’Oceano, vi è un “miliario” Romano risalente all’anno 61 d.C. Passeggiando sulle mura che difendono la città dai poderosi marosi oceanici, posso fotografare anche il Ponte Medioevale accanto alla Ermita di Santa Aña, poi nella zona portuale, scatto parecchie foto ai “marineros” che riparano e verniciano le imbarcazioni. Traccheggiando su e giù per il porto e la passeggiata a mare, incontro gli altri pellegrini di Portugalete, indirizzandoli al Polideportivo, poi cominciando a sentire le gambe un poco molli per il continuo camminare, conquisto una comodissima panchina fronte porto, rifocillandomi con enormi bocadillos y cervezas a portata di mano, gustando il va e vieni di turisti di tutte le razze e di tutte le tasche, che si consumano le suole dentro e fuori i negozietti e le strette “calles” della zona vecchia della cittadina. Verso sera, mi ricordo a tempo dei miei sandali in fin di suola, infilandomi in un negozio a poche decine di metri dal Polideportivo per acquistarne un paio di scorta, ad un prezzo accessibile, giusto in tempo prima della chiusura…Rientrando nella stanzetta del Poli, vedo che è ingombra di pochi materassi, mancando le pellegrine francesi ed i ciclisti, ed è tutta festonata dai fili su cui sono stesi ad asciugare calze, camicie, Tshirt ecc, ecc, che le due ragazzine, il tedesco ed anche io, abbiamo provveduto a tirare, con il risultato che essendo anche il locale-docce, vi è una umidità pazzesca…Anche qui, come a Portugalete, scelgo il Restaurante Cafeteria “La Ceramica”, a pochi passi dal rifugio, per cenare molto bene ad un prezzo che più modico non si può; solo 8 Euro, cosa che le tasche del pellegrino apprezzano con molto piacere…
Mercoledì 06-07-05. 42ª Tappa. Castro Urdiales – Colindres. Km 30. Refugio Municipal de peregrinos. Calle Eliodoro Fernandez 27. Chiave presso la Policia.
Probabilmente la tappa di ieri deve essere stata faticosa non soltanto per me, ma evidentemente anche per lo spilungone tedesco e per le due ridenti ragazzine Ceche, visto che alle 21,30, quando sono rientrato al Polideportivo, già dormivano saporitamente… Stamattina ho tacitato la sveglia, poiché è gia da parecchio tempo che la pioggia mi ha svegliato da un riposante dormiveglia; sono le 6,30 quando decido di portare lo zaino nell’atrio del Poli per non svegliare tutti gli altri, e sbirciando fuori, vedo le strade luccicanti per la pioggia. Mi attardo preparandomi per le immersioni (pantaloni lunghi, scarpe, mantella e ombrello), e facendo una generosa colazione con latte e pane, poi decido di partire infilandomi nelle malinconiche calles in direzione di Laredo-Santander. Nuvole basse, niente panorami, e lo stillicidio insistente delle gocce di pioggia sull’ombrello, mi deprimono più del dovuto, facendomi decidere il cambiamento del percorso della tappa di oggi. Non andrò verso La Magdalena per prendere il Medievale Puente de Peregrino sopra il Rio de Agüera, ma al pueblo di Gurienzo, mi incamminerò sulla Naciónal 634, intersecando poi il Cammino nei pressi di Lindo. Non sarà una tappa di 39 Km (lunga e bellissima col sole), ma corta e con tutta probabilità tremendamente uggiosa ed umida. Salite e discese in zone di pascoli prospicienti l’Oceano, mi permettono di allargare un poco il grigio orizzonte visivo, fino ad arrivare al pueblo di Islares con la pioggia che sembra scemare di intensità. I grani della piccola corona scorrono lentamente tra le dita aiutandomi a trascurare il lungo nastro d’asfalto che mi si presenta davanti; mi riportano alla mente i volti degli amici e di coloro che durante il cammino mi avevano chiesto di ricordarli nelle preghiere, rendendo la tappa odierna, orfana dei panorami da cartolina, più intimista e introversa. Mentre sono diretto alla località chiamata “El Pontarron”, dove vi è la freccia del Camino Oficial che indica a sinistra la deviazione per La Magdalena vedo 5 ragazzi, probabilmente pellegrini usciti dal Camping di Islares, che mi precedono di circa 200m, camminando senza darsi cura di coprirsi sotto la pioggia di nuovo battente. Anche il gruppo di ragazzi non prendono il Camino Oficial, ma proseguono sulla 634 che in questo punto richiede parecchio attenzione essendo un tratto in salita senza alcun spazio per i pedoni nelle curve cieche. A volte, quando la pioggia smette, posso aprire la mantella permettendo alla forte brezza di asciugarmi un po’, stando ben attento a ricoprirmi quando essascroscia di nuovo. I ragazzi davanti a me si fermano ad una zona di “descanso” (riposo) provvista di panchine, decidendo di ricoprirsi (tardivamente); passando loro accanto, chiedo loro se tutto procede per il meglio, dandomi risposta che due di loro hanno delle vesciche e si sono fermati per mettere dei cerotti intanto che la pioggia è cessata. Anche io ho le scarpe bagnate, capendo che su questo Camino del Norte, degli scarponcini in Gore-Tex, sono indispensabili per via di queste piogge improvvise e durature che da un’ora all’altra tengono banco; e fortuna che ancora non ho trovato fango! Nella valle di Liendo, mi fermo ad una Parada de Autobuses per lo spuntino meridiano, poi riparto di nuovo intabarrato, guardando se anche i ragazzi siano sulla carretera; raggiunto un bivio nei pressi di Tarrueza, una bella freccia gialla mi tenta per andare a sinistra, ma per mia fortuna mi rendo conto che mi porterebbe parecchio indietro, decidendo così di rimanere sulla Naciónal 634 seguendo il Camino Oficial che è quello raccomandato anche per i ciclisti. Passo accanto alla Iglesia de Santa Cecilia, prendendo una dura salita al quartiere di Santa Ana dove vi è la Iglesia, fino ad intravedere la grande mezzaluna della Playa di Laredo al fondo della discesa. Non essendoci un rifugio per i pellegrini in Laredo, avevo scelto di terminare la tappa a Colindres, un pueblo 4 Km più avanti, dotato di uno dei più bei rifugi del Camino. Una serie di scalette segnalate al lato della Naciónal, mi fanno discendere in Laredo al livello del mare, addentrandomi nelle calles ed Avenidas verso Plaza Cachupin, dove dovrei trovare la Avenida Duque de Ahumada sulla Carretera General verso Colindres. Ma oggi è un giorno veramente brutto per il pellegrino, e quando sto decidendo di incamminarmi nella parte vecchia della città per raggiungere la Playa e sostare in riva all’Oceano, riprende a piovere come non avesse mai piovuto da mesi. Un provvidenziale bar in una grande piazza mi accoglie permettendomi di sostare e di riscaldarmi con una bollente tazza di café con leche (caffelatte), attendendo per una mezz’oretta che la sfuriata temporalesca si acquieti, riprendendo poi il cammino lungo la periferia di Laredo verso Colindres. Vi è molto traffico sulla Carretera, e forse avrei fatto meglio a cercarmi un Hostal qui in Laredo, ma oramai la decisione è stata presa ed ho proprio voglia di vedere il bel rifugio di Colindres, così tanto decantato nella guida. Un’altra freccia gialla tentatrice, mi induce a lasciare la trafficata Carretera ed a prendere una stradina a sinistra che si inerpica sulla collina, per poi ridiscendere ad un bivio, ad altre frecce gialle che mi indirizzano ancora in alto ed a sinistra…«Non può essere!» mi dico, così mentre consulto la guida, un provvidenziale ragazzino in bicicletta sbuca da un portone avvertendomi che le frecce gialle portano su in alto ad una Ermita, e che Colindres si trova scendendo a destra verso la locale stazione di Polizia e l’Ayuntamento, sulla medesima strada. In breve sono alla stazione di Polizia, e dopo un noioso rimandarmi ai vari uffici, arrivano due cortesi agenti che mi timbrano la Credenziale e mi portano al rifugio con la vettura di servizio… Che comodo essere scarrozzati in macchina sotto la pioggia…! Il rifugio è veramente bellissimo; ho una cameretta tutta mia ed i servizi sono conformi ad un Hotel a tre stelle, con i letti provvisti di lenzuola e di coperte…Nella cameretta ho modo di stendere i vestiti ad asciugare, e dopo una caldissima doccia, mi infilo sotto le coperte per un buon sonno ristoratore, venendo svegliato alle 16 da due pellegrini ciclisti provenienti da Portugalete, anch’essi gocciolanti. Vi è poco da vedere qui in Colindres, e se smette la pioggia, vi è sempre il vento che soffia gagliardo a raffreddare la temperatura, così, dopo aver acquistato il necessario dei viveri per stasera e domattina, non mi trattengo più di tanto nelle sue vie rientrando al rifugio, dove sono giunti anche il gruppetto di ragazzi e le due pellegrine Ceche. Con dei fogli di giornale datomi da un ciclista, farcisco le scarpe per asciugarle sperando di non doverle usare domani, poi esco per andare nel Bar dei pensionati, sottostante il rifugio, per informarmi sugli orari della barca che da Laredo trasborda a Santoña, avendo una mezza idea di fare tappa a Santander domani, incamminandomi sulla carretera CA-141 per un totale di circa 40Km. Un gruppettino di cordiali pensionati mi prende in mezzo ad una animata conversazione riguardante le barche che traghettano da Laredo, e dopo un giro di bicchieri di vino tinto, decidiamo, convinti da un tipo più allegro, che tempo prima faceva il marittimo, che l’orario dovrebbe essere alle 08 in località “El Puntal”, al termine della lunga linea sabbiosa della Playa di Laredo! La tappa di oggi, si conclude in branda alle 21 con il rombo del tuono che, rotolando giù dalle alture alle spalle di Colindres, non mi lascia ben sperare per il domani, ma finché c’è vita c’è speranza diceva qualcuno, forse eccessivamente ottimista…
Giovedì 07-07-05. 43ª Tappa. Colindres – Santander. Km 40. Albergue de peregrino “Santos Martires” Calle Ruamayor, a 5 minuti dalla Cattedrale.
Ieri sera non avendo proprio sonno, mi ero messo a sfogliare la guida e, raffrontando i percorsi per le due tappe a venire (Colindres-Güemes, e Güemes-Santander), tutti estremamente tortuosi, volevo dare corpo all’idea di raggiungere Santander in una sola tappa, incamminandomi da Santoña sulla carretera CA-141, fino alla località di Linderrio, rientrando poi nel Camino Óficial su un carril-bici (pista ciclopedonale), fino a Somo per prendere la lancia-traghetto che mi avrebbe traghettato aldilà della Baia di Santander. Alle 6,30 ho la sveglia, ed alle 07, ben coperto con il tempo che minaccia ancora pioggia, ritorno indietro verso Laredo, per raggiungere il punto d’imbarco a El Puntal. Ad una rotonda, prendo la direzione del Barrio di La Pesquera, camminando sulla passeggiata a mare che costeggia la lunga Playa de Salve, fino a terminare sulla sabbia di fronte al braccio di mare che separa Laredo da Santoña. Chiedo informazioni ad un pescatore, ricevendo assicurazione che la barca arriverà alle 8,30, gettando la passerella proprio dove si trova lui in questo momento, così è difatti, quando vedo una barca che si stacca dal Pontile di Santoña a circa 500m, dirigendosi alla mia volta. Al costo di 1 Euro, vengo traghettato comodamente, prendendo poi la CA-141 per uscire dalla città. Il tempo abbastanza fresco mi obbliga a muovermi per riscaldarmi, raggiungendo poco fuori Santoña, la zona delle “Marismas de Victoria y Joyel”, una delle zone umide Riserva Naturale del Sud-Europa per gli uccelli migratori. Il sole inizia a farsi largo tra le nubi, e ben presto mi devo mettere in pantaloncini corti, apprezzando il calore che mi mette di buon umore. La CA-141 non è molto trafficata, e quando sale in cima ai colli mi permette di vedere l’Oceano a qualche Km. Non ho alcuna necessità di cercare le frecce gialle essendo su un percorso tutto mio, e la relativa facilità di marcia mi permette di viaggiare parecchio veloce, giungendo infine a vedere Santander aldilà della sua baia dall’alto di una ennesima collina. Arrivato al pueblo di Linderrio, un “Letrero” (cartello del Camino), mi informa che il pueblo di Galizano si trova a circa 500m, incamminandomi poi sul carril-bici in direzione di Latas, sorridendo, quando vedo che al posto delle normali sagome di bicicletta che indicano la corsia riservata, hanno dipinto per terra la sagoma di una persona, più assomigliante a qualcuno investito da un camion… Sotto un sole bruciante, arrivo nella cittadina costiera di Somo, cercando indicazioni per arrivare al punto d’imbarco della lancia, fino a che qualcuno alle mie spalle mi chiama: «Hola peregrino!, ¿Adonde vas? ¿Estas buscando por la lancha de Santander?» (Ehi pellegrino, dove vai? Stai cercando la lancia per andare a Santander?). È una simpatica signora, anche lei pellegrina, abitante qui a Somo che mi ha visto chiedere informazioni, per arrivare all’imbarcadero. Accompagnandomi al punto d’imbarco distante ancora 1 Km, mi dice che fatto il cammino due anni fa, trovandolo molto bello e che forse, se trova il tempo, ripartirà da Oviedo in Settembre con altri due pellegrini. Mi dice che Santander è molto bella, ma di ritornarci come turista per visitarla, poiché ci vogliono almeno due giorni…Mi lascia al punto d’imbarco affidandomi ad una ragazza che stacca i biglietti per la lancia ad una decina di persone già in attesa, dandomi l’arrivederci su qualche tratto del Cammino, se Santiago vorrà farci rincontrare…Nonostante il sole, quando sono sulla lancia, mi devo mettere la Tshirt per la brezza fredda che vi è nel bel mezzo della ampia baia; il mare è di un blu intenso, ponendosi in contrasto con il biancore della città che si avvicina e del verde intenso che tappezza le colline alle sue spalle. La “Pedrenera” (il nome della lancia), mi deposita davanti ai bei giardini di Pereda, a pochi passi dalla Oficina di Turismo dove, oltre alle indicazioni per il Rifugio de Peregrinos, ottengo anche una piantina della città, indirizzandomi subito nel gran traffico della Avenida Calvo Sotelo. Il rifugio è veramente a pochi passi dalla Cattedrale, in una via che sale ripida a sinistra, e quando entro, trovo la gentile hospitalera che, dopo avermi dato un dolce fatto da lei, mi assegna subito un letto in una camera di 12 letti, dei quali uno è già occupato da una giovane pellegrina tedesca. Dopo la riconfortante doccia, mi dice che, se desidero pranzare, vi è ancora qualcosa in cucina, così mi prendo un piatto di cipolle dolci con delle patate al forno ben rosolate…Rapidamente, scendo alla Cattedrale, aggirandomi nel suo interno cercando di scansare le numerose comitive di turisti al seguito delle vocianti guide. La Cattedrale, risale al XII° secolo, costruita sopra l’antico Monastero de “Los Cuerpos Santos Emeterio e Celedonio”, dai quali, risale anche il nome della Città derivata dal latino “Sancti Emeteri”. Di questa Cattedrale mi piace molto il chiostro di chiara impronta Cistercense, databile al XIV° secolo. Un giorno di sole splendido e prodigioso come questo (rispetto alla tetraggine di ieri), mi vede aggirarmi in lungo ed in largo nella zona del porto turistico, ventilata da una robusta brezza che impedisce ad una coltre di neri nuvoloni di farsi strada nella bellissima baia. Quando rientro al rifugio, vi trovo un giovane hospitalero di nome Jaime, che mi riconosce come il Mauro di San Nicolás..!! Ullallà! Molto sorpreso, gli chiedo spiegazioni. «Claro!». Mi dice che conosce molto bene San Nicolás essendovi stato come hospitalero anni fa insieme a Ovidio Campos, ora hospitalero al Convento di San Anton, conosce anche José e Santiago, hospitaleros al Refugio di San Esteban di Castrojeriz altri miei carissimi amici, anche gli italiani Aldo e Claudio, hospitaleros e miei Confratelli… Sta a vedere che è stata la Provvidenza a farmi decidere di arrivare a Santander oggi! Non lo saprò mai, ma domani Jaime non sarà qui poiché dovrà ritornare a casa a Madrid, ed io non l’avrei mai incontrato, e non avrei mai avuto notizie di tutti gli altri amici…! Il Cammino a volte, è veramente prodigioso e dispensatore di felicità quando meno te lo aspetti e quando più ti senti abbacchiato dopo la tetra e buia giornata di ieri… Dice che oggi vi sono pochi pellegrini (la ragazza tedesca, un paio di ciclisti spagnoli ed io), mentre ieri era strapieno, poiché molti pellegrini arrivano a Santander con i voli Low Cost della Ryan Air, dirigendosi poi con il treno, a Irun o ad Oviedo. Restiamo a chiacchierare fino all’orario di cena, dandogli una mano prima a cucinare patate pollo e “chorizo frito” assai piccante, poi ancor più allegramente aiutandolo a dar fondo ai pentolini e ad una bottiglia di tinto “milagrosamente” saltata fuori da uno striminzito armadietto…A sera prima di stendermi in branda, chiacchiero un poco con la simpatica ragazza tedesca, che parla solamente inglese e qualcosa di francese; oggi per lei è l’ultimo giorno sul Cammino, e domani rientrerà con un volo Ryan Air a Stoccarda dove abita. Ne è dispiaciuta, poiché ne ha percorso solo alcune tappe partendo da Bayonne, e l’amicizia con i pellegrini che ha trovato lungo il cammino, gli hanno acceso il desiderio di ritornarci quanto prima possibile. Ah, che bel giorno è stato questo; anche se oggi ho divagato dal Camino Óficial, forse è stato perché qualcuno o qualcosa mi ha “chiamato”, e di questo ne sono contentissimo…!
Venerdì 08-07-05. 44ª Tappa. Santander – Santillana del Mar.(Camplengo) Km 40. Albergue Privado Arco Iris de Camplengo ( a 1 Km da Santillana). Tel: 942 89 79 46.
Nonostante il rifugio sia in pieno centro di Santander, non un rumore ha disturbato il riposo dei pellegrini; la ragazza tedesca è la prima a svegliarsi ed alle 6,30 mi saluta per recarsi in aeroporto. 10 minuti più tardi, lascio anch’io il rifugio incamminandomi nella lunga Avenida che in salita mi porterà in periferia; i segnali per i pellegrini ci sono, ma bisogna cercarli molto bene, essendo a volte dei piccoli stikers raffiguranti la conchiglia appiccicati ai lampioni, oppure dei grossi cartelli (sempre con la conchiglia), frammisti alle insegne dei negozi, o semplicemente la commovente e pura freccia gialla dipinta sui marciapiedi o sui pali della luce. Così per non scontentare nessuno, Giove Pluvio ha deciso che oggi deve essere un giorno di pioggia (fa un giorno sì e uno no..), aprendo i rubinetti quando, arrivato ad una grande rotonda, devio a sinistra di fronte ad una stazione di “Bomberos” (Vigili del Fuoco). Un bar appena aperto, mi accoglie per un caldissimo caffelatte ed un paio di dolci estremamente zuccherosi, poi ponendo sempre estrema attenzione ai segnali, mi dirigo verso l’abitato di Peñacastillo al lato della Carretera. Da qui il cammino mi porta per sentieri e larghe piste erbose ad incrociare diverse volte il tracciato della ferrovia; attraverso campi di grano e mais, passo l’aldea (frazione) di Lula, per arrivare a Bóo de Pelagos, dove dovrei trovare il ponte ferroviario sul quale passare, per evitare un gran giro di circa 7 Km. Incontro un abitante a passeggio con il cane sotto la pioggia, così discorrendo un poco, decide di accompagnarmi fino al ponte a circa un Km da qui. Dice che tutti gli abitanti di queste parti usano passare a piedi per il ponte, anche se è proibito dato l’esiguo spazio ai lati dei binari, e che il treno composto da due carrozze soltanto, passa ogni 20 minuti, avendo così tutto il tempo di percorrere il centinaio di metri del ponte. Ci salutiamo ad un bivio presso il ponte ferroviario che scavalca la Ría de Mogro, poi lasciato passare il treno, mi avventuro velocemente lungo la stretta banchina di servizio al lato del binario. Con grande sollievo arrivo alla fine del ponte inoltrandomi in uno stretto sentiero pietroso invaso dall’erba, ritrovandomi in un attimo con i piedi completamente fradici, giungendo alla stazioncina di Mogro. Da qui risalgo su una carretera alla Virgen del Monte, da dove si ha una buona vista sul fiume sfociante nell’Oceano, con paesaggi che sarebbero degni un sole sfolgorante. La Ermita di San Martin, dandomi ragione circa i giorni sì ed i giorni no, naturalmente la trovo chiusa, incamminandomi verso il cimitero dove, attraversando delle praterie, mi avvicino a Miengo ed al percorso che scenderà accanto alle grosse tubazioni trasportanti la soda della impresa Chimica Solvay. La pioggia smette di cadere di botto, permettendomi di togliermi la mantella e di asciugarmi durante la lunghissima discesa di 4 Km al lato dei due grossi tubi verso il pueblo di Requejada, che raggiungo, passando su una scalinata pedonale, la linea ferroviaria. Raggiunta di nuovo la carretera, trovo le indicazioni per Barreda e Suances, ma non le frecce gialle, ritrovandole qualche Km più avanti ridandomi più serenità, anche se vi è solo la stretta carretera da seguire. Ad un bivio vicino a Camplengo, vedo un cartello appoggiato ad un casotto indicante “Albergue Iris”, 300m a sinistra; I metri sono almeno il doppio, ma non è importante, poiché quando vi arrivo alle 13,30, vi è Charo, la proprietaria e suo marito Pedro che mi aprono, poi Josè loro figlio, mi assegna una cameretta chiedendomi se desidero pranzare. Come dire di no? Dalla cucina fuoriesce un profumino tale che è impossibile non avere l’acquolina in bocca…Poco dopo, entrano 5 pellegrini spagnoli assistiti da una vettura che trasporta i loro zaini, e poco dopo, arriva un anziano pellegrino francese di ritorno da Santiago. Dopo le docce ed il lauto pranzo, lavo quasi tutto il mio vestiario approfittando del sole e della forte brezza che si è alzata, per asciugarli nel grande prato alle spalle dell’Albergue, stendendomi poi per un meritato riposino. Il pellegrino francese di nome Jacques, è di ritorno da Santiago seguendo sempre le carreteras, poiché i segnali sono molto scarsi, confidandomi che così si sente molto più sicuro, anche se è costretto a sorbirsi più Km e parecchio traffico, contando di raggiungere Tolosa, dove abita, nel giro di 2 mesi. Il luminoso pomeriggio mi permette anche di mettere i piedi a mollo in una soluzione di sali, per poter dare una bella raschiata alla pelle dei calcagni diventata troppo dura, che nel prosieguo del cammino, potrebbe darmi qualche fastidio o peggio far sorgere delle vescichette. Verso sera, arriva anche una pellegrina spagnola di mezza età di nome Carmen; partita da Santander, ha avuto dei problemi di percorso perdendosi alcune volte, ma alla fine sebbene molto stanca, è riuscita ad arrivare all’Albergue, dando modo a Charo di viziarla ed accudirla come un figliol prodigo, suscitando le nostre divertite e maschiliste proteste. Più tardi, allegri e ciarlieri, siamo tutti a cena con José, Pedro e Charo che si fanno in quattro per viziare i fortunati pellegrini, consigliando poi a tutti noi di non fare tappa domani nella cittadina di San Vicente de la Barquera, dove il rifugio per i pellegrini ha solo due posti, ma di terminare il cammino nel pueblo di La Revilla, all’Albergue Llambres, il quale pone a disposizione dei pellegrini 24 letti al costo di 8 Euro. Terminiamo l’ottima cena con un liquorino offerto da José, mentre Charo ci fa ascoltare il famoso ed ispirato poema del Camino (di cui parla anche la guida..), conosciuto da tutti i pellegrini che vengono accolti dalla loro famiglia. Anche se oggi è stata una tappa con un elevato numero di Km, il poco dislivello e la frescura della temperatura non la hanno resa dura; mi ha altresì dato il modo di conoscere questa famiglia particolarmente amica dei pellegrini, ai quali dedicano tutto il tempo disponibile. Spegnendo la luce nella cameretta che divido con Jacques, non manco di ricordare a San Giacomo che domani sarebbe meglio (per la legge del contrappasso), che vi sia il sole “durante” tutto il giorno…
Sabato 09-07-05. 45ª Tappa. Santillana del Mar – San Vicente de la Barquera. (La Revilla) Km 30. Albergue Llambres a La Revilla 11. Tel: 942 71 16 80.
La sveglia di oggi, è il profumo del caffè che invade la cameretta convincendoci a mettere mano alle abluzioni; in un amen, il gruppo di spagnoli autotrasportati è già ai saluti, mentre per noi tre, le cose sono più calme avendo io e Carmen una tappa corta, e Jacques la comoda carretera fino a Santander. Un’ottima e casereccia colazione ipernutriente, poi saluto tutti prendendo la via di Santillana del Mar alle 7,30; una serpeggiante stradina bordata da muretti in pietra, mi porta a sbucare nella grande piazza antistante la Collegiata di Santa Juliana del XII° secolo. Santillana del Mar, nonostante il suo nome, curiosamente, non è vicina al mare, ma è una bellissima cittadina dichiarata Complesso Storico Nazionale, con le viuzze e le case tutte in pietra, esattamente come erano secoli fa. Naturalmente, qui non vi è un rifugio per i pellegrini, ma solo Hostal o Pensiones per i turisti, ma meriterebbe di passarci una giornata nella Collegiata (che ospita una bellissima statua di Santiago) ed il suo Chiostro, e nei vari Musei distribuiti tra i numerosi palazzi nobiliari che la rendono unica nella Cantabria. Il mattino è troppo giovane per poter visitare qualcosa, così dopo avere passeggiato in lungo ed in largo, riprendo il cammino per arrivare alla solitaria Iglesia di San Pedro in alto ad Oreña, poi seguo la carretera che mi porta a vedere degli splendidi scorci panoramici della Cordillera e del Mar Cantabrico. Entro in Cobreces ammirando in alto alla collina l’imponente complesso della Abadía Viaceli (Abbazia Trappista di Santa Maria de Villacelis) e la vicina Iglesia di San Pedro Advíncula (San Pietro in Vincoli), dalle splendide forme e colori ravvivati dal sole. Riprendendo il cammino seguendo le frecce, vedo un centinaio di metri avanti a me, dei pellegrini in marcia, raggiungendoli ben presto poiché procedono molto lentamente. Tutti francesi, sono marito e moglie ed un loro amico partiti l’altro ieri da Santander, e lei ha dei problemi ai piedi per via di probabili vesciche; anche a loro mi offro per aiutarli, e come per la pellegrina Danese, vedo che lei ha parecchie vesciche sotto entrambi i piedi. Ci fermiamo a delle provvidenziali panchine di una area pic-nic, poco prima del Pueblo di La Iglesia, per poterle prestare le cure necessarie, mettendoci circa una ora di tempo prima di terminare l’opera di drenaggio, disinfezione e di protezione ad entrambi i piedi, precedentemente molto mal curati. Prima di ripartire, consiglio loro di fermarsi qui al pueblo di La Iglesia, dove vi è un Albergue Juvenil che dà alloggio ai pellegrini, per dar modo ai piedi di riposare, e di ripartire domani per San Vicente accorciando le tappe. Riparto accompagnato dai loro ringraziamenti, passando poco dopo accanto all’Albergue Juvenil, dove vi sono numerosi ragazzi vocianti ed allegri che mi salutano; mi dicono che vi sono ancora dei posti liberi per i tre francesi (se vorranno fermarsi qui), lasciandomi più tranquillo per il loro futuro cammino. Raggiungo l’entrata di Comillas, bordeggiando la playa ed il mare dagli splendidi colori, blu profondo e verde smeraldo, affollato da numerosi bagnanti che si tuffano e nuotano nei trasparenti fondali, poi salendo per la carretera, passo ai piedi del poderoso e superbo edificio del “Palacio de Sobrellano”, l’antica residenza dei Marchesi di Comillas, ed in alto alla collina, si delinea come uno raffinato lavoro di merletto, il grande palazzo dell’ex Seminario ed Università Pontificia dei Gesuiti (ex poiché la Università fu trasferita a Madrid nel 1960..). Sempre in vista del Mar Cantabrico, risalgo la linea di costa lungo la passeggiata pedonale della carretera, in una bellissima giornata di sole (San Giacomo si è indubbiamente ricordato..), incontrando un robusto ed accaldato pellegrino Olandese, giusto al ponte che scavalca la Ría de la Rabia, dove la freccia gialla ci indirizza a sinistra in forte salita per arrivare a El Tejo. Il cammino, ora tra praterie e pascoli di mucche, ci conduce verso il campo di Golf di Santa Marina, su un sentiero pietroso e caldo in continui saliscendi, fino ad arrivare alle bellissime e verdi piazzole dei green golfistici. Non solleviamo alcuna obiezione ai numerosi golfisti che armeggiano sussiegosi per rifilare bastonate alle bianche palline (evidentemente sono abituati a vedere passare i pellegrini), ma ci guardiamo bene da rifugiarci sotto i verdi alberi per lo spuntino, per non prenderci qualche pallina vagante ed arrabbiata…Il pellegrino Olandese si ferma accanto alla antica Ermita di Santa Maria, situata proprio vicino alla entrata del Golf, con la vela del suo campanile (senza campana), sormontata da un alberello fronzuto che gli cresce in cima come una vezzosa piuma…Arrivando in alto ad un colle dominante il mare, entro in quello che dovrebbe essere il pueblo di La Revilla, ad un crocevia vi è un bar aperto. Approfittandone per una Coca ghiacciata, chiedo dove si trovi l’Albergue Llambres, apprendendo che dovrei tornare indietro lungo la carretera per circa 3 Km, prendere una stradina a destra in forte discesa e seguente risalita, arrivando ad un grande casa dalle ampie vetrate che comunque si nota dalla carretera!! Borbottando irreprensibili moccoli, prendo all’indietro l’infuocata carretera in discesa, giungendo infine all’Albergue ben situato sulla costa della collina. Gli spagnoli autotrasportati sono già acquartierati nella piccola costruzione a fianco all’Albergue, e mentre io posso infine prendere una benedetta doccia, danno inizio al loro pranzo a base di jamon, queso y chorizos, seduti all’ombra, rinfrescandosi alla brezza che si è da poco levata. Alle 14 Antonio, il dueño dell’Albergue, mi serve un monumentale piatto di maccheroni e due cervezas ghiacciate, poi anche io mi piazzo all’ombra studiandomi le prossime tappe, pensando che oggi, forse sarebbe stato meglio arrivare in San Vicente de la Barquera, anche se avrei dovuto alloggiare in una Pénsion, poiché qui, soli soletti, siamo proprio fuori dal mondo…Anche oggi come ieri, Carmen arriva stanchissima attorno alle 20,30 pochi minuti dopo la cena; ha seguito anche lei le frecce gialle, perdendosi varie volte, e si è trovata a dover ritornare indietro per la carretera. È stanca, ma domani proseguirà per arrivare a Llanes, contando poi di fermarsi un giorno in più a Ribadesella (la tappa seguente), da una sua parente. È un pellegrinaggio che mi vede scoprire posti bellissimi in ambienti agresti e bucolici, tra zone di pascoli e montagne, mentre nelle cittadine dove vi sono delle opere d’arte o monumentali, musei o Iglesias bellissime, non vi sono alloggi per il pellegrino (salvo Santander), che sarebbe costretto, alloggiando in Pensiones o Hostales, a dar fondo al dinero già paurosamente sceso di consistenza, ma che sicuramente mi vedrà di nuovo venire da queste parti, arricchito dalla prima esperienza in questo Camino del Norte e di scelta di luoghi di tappa più significativi ed appaganti, anche dal lato storico e monumentale che un perfetto pellegrinaggio deve avere…
Domenica 10-07-05. 46ª Tappa. San Vicente de la Barquera. (La Revilla) – Llanes. Km 42. Albergue privado Escuela de Naturaleza. Antigua Estación Feve. Tel: 985 40 14 58.
Questa notte, alle 03, approfittando di un risveglio per l’eccessivo caldo che si aveva nella stanzetta abbastanza affollata, sono uscito per ammirare il cielo stellato; non una luce artificiale inquinava la notte, ed il cielo era una impagabile cappa blu disseminata di diamanti tremolanti e vividi, tali da poter cogliere a piene mani se solo avessi avuto una magica scala …Alle 06 tutto il popolo pellegrino si sveglia (tappa lunga..), solo Carmen non vuole essere svegliata dal nostro andirivieni, peraltro silenzioso, ed alle 6,30 in una bellissima alba rosata, mi incammino con gli spagnoli al seguito. Hanno depositato tutti gli zaini nella vettura e prendendo un buon passo, ben presto mi distanziano dandomi l’arrivederci a Llanes. Ieri non ho mancato di porre loro la questione degli zaini che, per il pellegrino che lo porta sulle spalle, significa l’offerta della fatica fisica come una preghiera quotidiana elevata, durante il pellegrinaggio, al Santo meta del Cammino. Risposte più o meno accettabili mi sono state date, e tutte con una dose di verità riguardo alla loro salute, però nessuno di loro ha inteso sottrarsi con una alzata di spalle o con ragionamenti tesi a minimizzare i loro intendimenti. Dopo tutto il pellegrinaggio è una espressione intima, foriera di sviluppi straordinari, a volte imprevedibili, ed anche io dico sempre a chi mi chiede quali motivazioni vanno seguite od ascoltate, di essere aperti a tutte le motivazioni, spirituali, culturali, folcloriche, anche gastronomiche, poi è il Cammino che darà la giusta risposta al tuo primo importantissimo passo…Seguendo la N-643, scendo verso San Vicente de la Barquera illuminata dai raggi del sole, ai piedi della corona della Cordillera Cantabrica, camminando sul lungo Puente de la Maza a 24 archi, che scavalca la Ría de San Vicente; una zona di “marismas” ed acque basse, ricchissime di flora ed avifauna facente parte del Parque Natural de Oyambre, che in questo punto, sono sommesse alle frequenti inondazioni delle maree. Attraversando questo pueblo da cartolina baciato dal sole, lo risalgo passando accanto alla imponente Iglesia de Nuestra Señora de los Angeles, ed alla zona peschiera. In alto al promontorio, un provvidenziale bar frequentato da automobilisti, mi permette di fare colazione ed acquistare dei generosi bocadillos a prezzi modici, convincendomi che la prossima volta dovrò fare tappa in questa cittadina…Mi trovo immerso in paesaggi bellissimi con la Cordillera Cantabrica e le verdeggianti valli a sinistra, ed a destra le dirupate coste che precipitano nell’Oceano dalle infinite tonalità di blu. Dopo Unquera, scavalcando il Rio Deva, entro nella regione delle Asturias, fotografando nell’abitato di Colombres, il bellissima ed azzurro Edificio de Quinta Guadalupe, sede del “Archivo de Indianos” e Museo de la Emigración. Da qui in avanti la segnalazione jacobea è composta da “Mojones”, (cippi) in cemento recanti una piastrella in maiolica raffigurante la conchiglia, ed anche se non sono frequenti, sono molto più visibili delle frecce gialle, a volte labili…Vengo condotto quasi per mano da questi “Mojones”, in sentieri che si addentrano tra frondosi boschi e tunnel arborei, in salite e discese quasi senza soluzione di continuità, cercando di stare alla larga dalla rumorosa carretera. Il cammino porta a vedere una curiosa scultura formata da un trattore, incastonato tra le rocce nei pressi di Tresgrandes, rientrando poi nella carretera al punto Kilometrico 287, poco prima di Pendueles. Oggi è domenica, ma a differenza della Francia, qui il traffico è sempre intenso e fastidioso, però vi sono anche le tanto apprezzate “Gasolineras”, dove si ha modo di rifornirsi di gazzose e CocaCola ghiacciate ai numerosi distributori automatici…Da Pendueles in avanti, i “Mojones” jacobei mi conducono sempre lungo la carretera verso Llanes, attraversando pueblitos di scarso rilievo, ma dal vivo interesse per il Cammino di Santiago, come una bella casa che, sul suo muro perimetrale, raffigura con “Azulejos” (piastrelle di maiolica), un bellissimo Santiago in veste di pellegrino. Entro in Llanes alle 15,30, dirigendomi al Torréon Medioevale risalente al secolo XII°, Monumento Nazionale fin dal 1876, dove è situata la Oficina de Turismo trovandola chiusa, ma la fortuna non mi manca, poiché, chiedendo ad un ragazzo dove sia l’Albergue, un cortese signore, che fortuitamente ha ascoltato la mia richiesta, si offre di accompagnarmi più che volentieri. È un ex “Carabineros” in pensione, ed a quanto capisco, giramondo per cultura, così conversando affabilmente, mi conduce alla ex “Estación de Feve” (Ferrocarril de Vía Estrecha), (Ferrovia a scartamento ridotto), dove è l’Albergue. Una simpaticissima ragazza mi accoglie, accompagnandomi alla camerata (dove ritrovo gli zaini degli spagnoli autotrasportati), mostrandomi i vari locali di quello che è un punto di aggregazione giovanile, di escursionisti-alpinisti-kayakisti ecc, ecc, simile al nostro CAI. Dopo la doccia, non vi è possibilità di fare il bucato, allora seguendo il consiglio del mio accompagnatore “Carabineros”, mi dirigo al Restaurante “La Gloria”, a pochi metri dall’Albergue per pranzare. Una coppia di anziani coniugi, amici dei pellegrini, mi serve una “Fabada Asturiana” fenomenale, ed una bistecca con patate al forno da leccarsi i baffi, benedicendo in cuor mio il bravo Carabineros… Il tour turistico, vede dirigere i miei passi alla bellissima Playa del Sablón, quasi un atollo polinesiano, abbracciato, come a proteggerlo, dal ventosissimo Mirador de San Pedro, un contrafforte roccioso a picco sull’Oceano, costruito nel secolo XIX° dagli stessi abitanti, frequentato da una folla di turisti che non sanno più che cosa fotografare da qui, poiché domina tutta la cittadina, le spiaggie, il campo da Golf, ed offre una vista mirabile dei contrafforti dei “Picos de Europa”. Da qui, Llanes è bellissima con la vista della antica Muraglia Romana, le spiaggie affollate, la zona portuale, ed il ruggente Oceano che frange i suoi marosi contro le scogliere sorvolate da bianchissimi gabbiani. Parrebbe quasi che il paradiso abbia qui una sua dépendance…Nella Plaza de Cristo Rey, in pieno centro antico, trovo la Iglesia di “Santa Maria del Conceyo”, di origini Medioevali secolo XII°, dichiarata Basilica da Papa Giovanni Paolo II°, nell’aprile 1973. Nella zona di Puerto Chico, mi arrampico al Mirador de “Los Cubos de la Memoria”; una fantastica barriera portuale di coloratissimi cubi di cemento addossata alla passeggiata conducente al Faro, dipinti in modo tridimensionalmente mirabile da Augustín Ibarrola, pittore Bilbaino, vicina alla zona pedonale portuale ricchissima di bar, cafè e negozietti di prodotti tipici, oggi affollata per il giorno festivo. Mi trattengo lungamente in questa animata cartolina vivente, rientrando all’Albergue solo dopo aver acquistato i viveri per l’indomani in un piccolo supermercato. Gli amigos spagnoli sono rientrati anche loro con uno che è alle prese con cerotti e bende, mentre un altro è sottoposto ad un massaggio di crema Voltaren al polpaccio dolorante, ma tutti sono felici di aver raggiunto il termine della lunga tappa in questo angolo di paradiso…Venire per credere!!
Lunedì 11-07-05. 47ª Tappa. Llanes – San Esteban de Leces (Ribadesella) . Km 33. Albergue de peregrinos. Tel. Dolores : 985 85 76 11. Tel. Ayuntamiento Ribadesella : 985 86 02 55.
Nella notte nessun rumore nella nostra camerata, ma al piano superiore, dei ragazzi hanno pensato bene di rincorrersi fino alle 02 di notte, facendo rimbombare il tavolato di legno fino a che l’addetto ha tirato quattro urlacci tacitandoli immediatamente…Prendo il cammino uscendo dalla cittadina alle 6,30, seguendo la carretera fino a Celorio, passando tra le playas poi accanto al Monasterio, per prendere la passeggiata pedonale sulla piccola carretera, dirigendomi verso Barro dove vedo la splendida Iglesia de Nuestra Señora de los Dolores; costruita su una penisola, riflette le sue bianche mura in una piccola baia invasa della alta marea, con la piccola playa e la verdissima collina boscosa che la cinge alle spalle. La guida dice che bisogna avere fortuna, per poterle scattare la foto quando vi è l’alta marea che la riflette, così penso che anche il cielo perfettamente limpido si assommi al giorno ed alla ora fortunati…Mi dico che le Asturie non potevano accogliere il pellegrino in modo migliore…Poco più avanti, mi fermo alla Capilla de Animas per recitare il Rosario, e mettermi un poco di crema antisole vista la tappa abbastanza corta e soleggiata che mi attende. Spariti i “mojones” in un punto cruciale dove vi sono tre vie, seguo la guida che dice di passare sotto l’Autopista, ma il tunnel è ostruito o forse la guida è in errore, così devo tornare indietro e passare sopra l’Autopista ridiscendendo dall’altra parte, arrivando in Naves con un largo giro, e da qui, in un bel sentiero arboreo, antico tracciato medioevale del Camino, proseguo verso Villahormes, senza tuttavia entrarci, passando accanto alla Ermita de San Antonio. Sempre seguendo i radi segnali, tra sentieri e carreteritas in direzione di Belmonte, attraverso varie volte il tracciato ferroviario in una zona di pascoli e di allevamenti di bovini. Il cammino mi riporta verso la costa, entrando nel pueblo di Cuerres alla Iglesia di San Mamés ed alla Fuente del peregrino, poi una piccola deviazione su un tratto di sentiero maltenuto ed erboso, mi riporta in alto alla carretera AS-263, seguendola senza più inutili deviazioni, fino ad entrare in Ribadesella alle 13. Anche questa cittadina è un frequentatissimo luogo di villeggiatura, e mi avvedo che anche se è lunedì, vi è una discreto affollamento per le vie che danno nella zona della Ría del Sella. Con qualche difficoltà di informazioni (incappo in numerosi turisti travestiti da abitanti), raggiungo l’Albergue Juvenil “Roberto Frassinelli”, vicinissimo alla playa, dove conto di trovare accoglienza. Con mio grande dispiacere, non hanno neppure un sottoscala dove alloggiarmi essendo al completo; mostro anche la tessera internazionale dell’Hostelling International, cercando di commuovere l’inflessibile e fredda ragazza della reception, ma non vi è verso alcuno: « No hay sitio, estamos al completo!». Inutile cercare alloggio negli Hostal della cittadina anch’essi al completo, così, mi dò del “pollastro” per non aver pensato almeno qualche giorno prima, ad una ovvia prenotazione, essendo Ribadesella un’altra bellissima cittadina a cui tenevo poterla visitare per bene. Poiché a San Esteban de Leces (a 4 Km da qui tutti in salita), dove è il rifugio, non vi è nulla, nemmeno l’ombra di un bar, mi dirigo al supermarket, nella via accanto ed ancora aperto, per acquistare tutti i viveri per oggi e per la colazione di domani rimuginando la sconfortante certezza che me li dovrò portare in spalla fino all’Albergue! Seduto su una panchina del largo Paseo de la playa, con gli occhi persi nell’infinito oceano, mi consolo addentando un zuccheroso “postre”(dolce), pensando alla “Pollastrite acuta“ in cui a volte, incappo malamente. Riprendo il cammino risalendo molto lentamente la carretera sotto il peso dello zaino rigonfio di provviste, arrivando ad una recentissima rotonda senza alcuna segnalazione o indicazioni di sorta. Seduto sul bordo della rotonda, non mi resta che attendere una vettura di passaggio per chiedere la direzione da prendere, e 10 minuti dopo, un cortesissimo giovanotto mi mette sulla buona strada, arrivando infine al piccolo nucleo di case della “aldea” (frazione) di Abeu, trovando l’Albergue di fianco alla Iglesia Parroquial recentemente restaurata. Sono le 15,30 quando, avvicinandomi al portone di entrata, leggo che l’Albergue viene aperto alle 18..! Come non fosse già sufficiente lo sconforto per il diniego dell’Albergue di Ribadesella…! Sono abbastanza sudato e dal momento che si sta alzando una robusta e fresca brezza, provo se mi sia possibile attendere le 18, stando seduto sui gradini del portone al sole terso ed impietoso, comprendendo di essere tra l’incudine del freddo ventoso, ed il martello del caliente sole. Non trovando in alcuna maniera una conveniente soluzione per attendere le 18, mi appiglio al cellulare, componendo il numero affisso sotto l’avviso, per sentire se sia possibile l’apertura. Un cortese addetto dell’Ayuntamiento di Ribadesella mi risponde, dicendomi che telefonerà al gestore per farmi aprire, ma di avere un poco di pazienza…Dopo 40 minuti di attesa, arriva il gestore che abita con la famiglia al piano superiore dell’Albergue, ma dato che nei giorni feriali sono tutti al lavoro, viene aperto solo quando loro rientrano alla sera, comprendendo che egli mi sta facendo un grande favore avendo lasciato la sua occupazione per venire ad aprirmi. Lo ringrazio di cuore quando mi introduce nel bellissimo Albergue indicandomi i vari locali, accendendo il boiler per le docce, mostrandomi l’ampio giardino con i tavolini ed i fili dove stendere il mio bucato che attende da diverso tempo il sapone. L’Albergue è situato accanto alla tranquilla carretera, in un paesaggio boscoso alla base della montagna dalla quale spira il vento, e buon per me che domani mi dirigerò verso la costa. A sera dopo aver trascorso il pomeriggio in giardino studiando le cartine oppure nullafacendo, arriva Dolores, l’hospitalera, per timbrarmi la Credenziale ed informarmi del cammino di domani, rendendomi conto che, con tutta probabilità, sarò il solo pellegrino alloggiato.
Martedì 12-07-05. 48ª Tappa. San Esteban de Leces – Sebrayo. Km 29. Albergue de peregrinos. Tel: 985 89 05 56.
Ieri sera, seduto al riparo nel giardino, ho accompagnato con lo sguardo e con lo spirito, in un rimescolio di emozioni-commozioni, il crepuscolo del giorno avanzante su una tavolozza di colori blu pastello che il buon Dio aveva disteso davanti alla notte abbordante l’ormai stanco sole, estinguendolo in un barbaglìo di fiamme amaranto rosso-fuoco.. Quali sensazioni sa donare il Cammino! Immerso nell’immane soffio del creato e davanti all’ineffabile opera del Creatore, mi sono scoperto una volta di più con l’anima inconsapevolmente consegnata alla preghiera contemplativa, dono di cui solo gli Eremiti possono godere…! Alle 6,45 mi pongo in cammino con il tempo bellissimo ed una temperatura perfetta, seguendo il sentiero indicatomi da Dolores, l’hospitalera, molto ben segnalato che si dirige sulle colline tra i boschi, poi scende su una pista di cemento con cubetti di porfido al centro (Antico Camino Real), verso il pueblo di La Vega e la sua splendida playa. Attento alla risacca, lascio la playa salendo un sentiero, antica “Calzada” ancora perfettamente “empedrada”, stretto da erba e rovi ma percorribile, restando sempre con gli occhi rapiti dallo stupendo panorama marino alla mia destra. In Berbes, seguo sempre la carretera poiché il cammino va e viene a destra e sinistra sempre ritornando ad essa, entrando in Prado-Caravia seguendo il “Mojon” che mi manda a destra ed in basso verso l’Arenal de Moris, attraverso una prateria digradante al mare che mugghia contro le rocce un centinaio di metri più in basso. Dopo La Espasa, il sentiero termina all’inizio di un percorso pedonale fiancheggiante la bella e lunga playa già frequentata da numerosi bagnanti. Di nuovo sulla carretera attraverso La Isla, fin quando un segnale, posto su un sentiero a sinistra, mi porta a costeggiare una casa, terminando inopinatamente tra rovi ed ortiche; resto interdetto ritornando indietro a rivederlo di nuovo, ma non vi è possibilità di errore, è proprio così…! Dall’orto della casa giunge un Señor con la zappetta in mano che, scuotendo la testa, mi dice che il sentiero è proprio questo, ma siccome non viene mantenuto libero, è stato invaso dalla vegetazione e dagli arbusti, fin quasi a scomparire, consigliandomi di riprendere la carretera per circa 4 Km fino a Colunga. Lasciando la costa, il cammino mi porta verso l’interno con delle consistenti salite e discese; tralasciando le indicazioni di “Mojones” invitanti per sentieri a destra e sinistra (la guida dice chiaramente di non prenderli), passo da La Llera e Pernús, fino ad arrivare alla Iglesia di Priesca, dedicata a “El Salvador”, risalente al X° secolo, Ripiglio la carretera fino al pueblo di La Vega prendendo, stavolta sì, un cammino segnalato che mi porta a passare sotto l’Autopista, entrando in leggera discesa a Sebrayo, una piccolissima aldea aggrappata alle boscose pendici del monte. L’Albergue, ex scuola, è proprio la prima casa del pueblo, che essendo al centro del vasto comprensorio, venne qui costruita, ed un cartello affisso sulla porta mi indirizza alla casa N° 7, a pochi metri da qui, dove la Señora Sonia ne custodisce la chiave. Per richiamare la mamma, dò una voce al bimbetto che sta giocando sul balcone, ed in un attimo ho la chiave dell’Albergue. Ho il tempo di farmi la doccia e di stendere i panni al vento nel caldissimo sole, poi giunge una coppia di coniugi pellegrini Finlandesi!! Cordiali e simpatici, si fermano anche loro qui a Sebrayo, ed in breve instauriamo un buon rapporto, sebbene faticoso per via della lingua, dato che parlano solo in inglese. Chiedendo alla Señora Sonia, vengo a sapere che qui vi è un “Panadero” (panettiere), che gira con un furgone per i vari pueblos vendendo un po’ di tutto, così chiedendo alla sua vecchia madre se sia possibile comprare qualcosa, mi dice di ritornare da lei alle 18 quando lui rientra dal giro di vendita, per acquistare ciò di cui ho necessità. Informo di questa possibilità i due finlandesi, poi scrivo il diario, non avendo null’altro da sbigare, se non riparare una porta cigolante con il pellegrino Finlandese, ex capitano dell’Esercito, ora in pensione, in pellegrinaggio con la moglie insegnante di letteratura. Poco prima delle 18, giunge un pellegrino spagnolo di nome Simon (che avrò il piacere di incontrare ancora nelle tappe a venire), andando tutti quanti a fare la spesa dal panadero, ammirando anche il bellissimo “Horreo” Asturiano fuori la sua casa. L’Horreo, è una ampia casupola poggiante su dei dischi di pietra rotonde poggiate a loro volta su delle alte pietre, coniche in Asturia, rettangolari in Galizia, dove si conservano tutte le granaglie al riparo dai topi. Generalmente di legno e raramente in muratura, l’Horreo Asturiano è ben areato da intelaiature di travetti di legno, quasi sempre con una balconata attorno, mentre l’Horreo Galiziano, oltre a non avere la balconata che lo cinge, a volte ha l’intelaiatura di graticciata di terracotta o semplice rete di maglie in acciaio. Pane, CocaCola, frutta, biscotti, aranciata, prosciutto, salame, latte; al buon panadero non par vero di sfamarci, ed a noi non par vero di trovare qui tutto quanto ci abbisogna…Poco prima di metterci a tavola per la cena, arrivano due giovani ciclisti spagnoli; sono anch’essi sprovvisti di adeguate provvigioni per la cena, così li indirizziamo a loro volta dal panadero, coinvolgendoli poi nel difficoltoso, ma divertente dialogo con i finlandesi…Se tutti i popoli del mondo usassero la disponibilità, la pazienza, e la cordialità che poniamo nel nostro reciproco dialogare, quanta pace e quanta serenità in più ci sarebbe su questa tribolata Terra…!
Mercoledì 13-07-05. 49ª Tappa. Sebrayo – Vega de Sariego. Km 23. Albergue de peregrinos. Centro città, presso l’edificio del Consultorio Medico.
In questo minuscolo pueblito la notte ha il silenzio palpabile, ma noi abbiamo il “Capitano” finlandese che lo interrompe con delle ronfate potenti ma per nostra fortuna, limitate nel tempo; e poi dicono «Ah gli spagnoli..!». Simon, che si muove a passi felpati, è il primo a prendere il cammino alle 06, mentre io attendo le 07, orario più che accettabile per una tappa corta, sebbene dall’altimetria consistente, dovendo risalire all’altitudine di 500m slm. Seguo la carretera fino ad arrivare quasi sotto l’Autopista, poi, forse sbagliando, seguo una sbiadita freccia gialla nascosta dall’erba, prendendo a destra senza passarvi sotto; continuo poi in salita, facendo attenzione alle curve cieche della carretera, ritrovando altri segnali che mi conducono in Villaviciosa dopo 5 Km. Come in quasi tutte le città del cammino, anche qui i segnali spariscono e per uscirne devo sudare le proverbiali sette camicie, ritrovandoli quando ormai non mi servono più. Mi incammino verso Camoca de Abajo e Castiello, perdendomi ancora prima di Castiello, per rientrare nel giusto percorso (grazie ad un abitante del luogo), in alto ad un incrocio, indicante nel fondo della valle a circa 2 Km di ripida discesa, il Monastero Cistercense de Valdedios, sorto attorno alla Iglesia preromanica di San Salvador risalente all’anno 893. Seguendo i suggerimenti della guida per evitare altri inconvenienti, visti i tanti incroci e le pochissime indicazioni, seguo la AS-113 fino a La Campa, entrando in un bar per acquistare due super bocadillos ed una Coca al gelo, giusta ricompensa per il tribolare d’oggidì. Quando riparto, non dò retta al segnale che mi dice di prendere una pista in cemento in forte salita (che comunque riporterebbe sulla carretera), avendo così modo di incontrare, seduto ad una pensilina d’autobus, un pellegrino francese di origini spagnole intento al suo frugale pranzo consistente in due mele, sembrandomi parecchio male in arnese e decisamente magrolino. Mi dice che stanotte ha dormito al Monastero di Valdedios, era l’unico pellegrino e forse oggi si fermerà a Pola de Siero. Riprendo il percorso seguendo le frecce in un sentiero a sinistra in forte discesa, ritrovandomi ad una biforcazione senza alcun segnale, cosa che mi fa ridere per non piangere, per la poca o nulla attenzione che da queste parti si ha per i pellegrini! Bene o male, ritrovo un “Mojon” più avanti, allungando il percorso verso la SR-1, entrando nell’abitato di Pedrosa, poi vicino a Carcabada, arrivo al “Pozo Salado”, una piccola fuente al momento in secca, che ai tempi buttava acqua salata, per entrare poco dopo, lungo la carretera, in Vega de Sariego. Al bar posto nella piazzetta, la “Dueña” (padrona), mi timbra la Credenziale e mi fornisce la chiave per accedere all’Albergue, trovandolo già aperto da una signora che sta eseguendo con grande scrupolo la “Limpieza” (pulizie) dei locali. Effettivamente, è uno dei più belli Albergue del Camino del Norte, disponendo di cucina, camerette, servizi, ed una grande terrazza con un grande tavolo. Sistematomi come un Principe Asturiano in una piccola camera, ho tutto il tempo di fare il bucato, trovare il supermarket per la spesa quotidiana e fare un sonnellino ristoratore, prima di sentire bussare con decisione alla porta. È la coppia di finlandesi che si installa velocemente in un’altra camera, addormentandosi come dei massi!! Poco dopo bussano di nuovo alla porta, ed ho la gradita sorpresa di trovarmi davanti una giovane e bella ragazza italiana con due cani al seguito; abita in Val Gerola, una valle laterale della Valtellina, ed è sul Camino del Norte per turismo (così mi sembra di capire), fermandosi con la tenda nelle playas, e raramente negli albergues. La trovo però di poche ed asciutte parole, quasi volere stare discosta dagli altri, per cui evito con discrezione il dialogo che mi avrebbe fatto piacere. Alla sera, i due finlandesi cenano all’Albergue con tonno, insalata e birra, dicendomi di essere molto stanchi e di aver trovato parecchie difficoltà a causa delle segnalazioni mancanti. La piazza è percorsa da robuste folate di vento, alle 20,30 quando vado al bar per cenare, avendo preso accordi («Despues las 8 y 30 de la tarde, y no antes!!») ( dopo le 20,30 e non prima!!), con la Dueña al mio arrivo. Con grande cordialità, mi serve una monumentale insalata mista, una enorme bistecca con uova e patate fritte e ½ litro di vino tinto, al costo di soli 7,20 Euro, sentendomi in dovere di farmi preparare due bocadillos al formaggio per la tappa di domani, poiché, se è giusto cercare di spendere poco sul Camino, credo sia molto più doveroso spendere qui i propri soldi, dando il giusto guadagno a chi, come questa gentile e disponibile Señora, si occupa e si preoccupa per i pellegrini… Che Santiago la conservi a lungo nel Camino…!
Giovedì 14-07-05. 50ª Tappa. Vega de Sariego – Oviedo. Km 25. Hotel Ovetense**. Calle San Juan (a 100m dalla Cattedrale).
Nonostante il vento la notte è trascorsa tranquilla, ed i primi rombi di motori degli abitanti che si ponevano in marcia per Oviedo, città accentratrice per tutto il circondario, si sono uditi alle 5,30, senza alcun disturbo per i pellegrini. Mi accorgo di avere dei piccoli sfoghi di “herpes simplex” sulle labbra, tipico segnale di strapazzi vari; nel mio caso, sicuramente dovuti alla solita dimenticanza di proteggerle dal forte sole con lo stick labiale, ma anche sommatoria di stanchezze fisiche e psichiche latenti e non facilmente avvertibili delle quali ho discreta esperienza…Un’alba splendida, vede il sole sorgere colorando di rosa i contorni delle nuvolette, tracciando lunghissimi raggi nell’azzurro pastello del cielo mentre mi incammino sulla SR-1, diretto al tunnel della Autovía in direzione di Barbecho. Come descrive la guida, il tunnel ha le pareti in prefabbricati di cemento, ognuna recante al centro la forma di una gigantesca conchiglia, simbolo del Cammino..! La cosa non può che far piacere, riportando in alto la media delle segnalazioni jacobee nel Cammino, e… onore all’assessore ai lavori pubblici della Regione…Il cammino, in una lunga ed leggera discesa verso Oviedo, attraversa numerose aldeas sorte ai bordi dello stesso, serpeggiando tra boschi e pascoli divisi dalla carretera, per entrare in Pola de Siero lungo la Calle San Antonio ingombra di autoveicoli, senza più alcun segnale…Mi pongo in cerca della Calle Celleruelo, per arrivare alla Iglesia Parroquial con un tedioso ed inutile giro; la trovo infine grazie ad una gentile signora, che la indica puntando il dito verso l’alto, essendo costruita al piano alto di una ex Hospederia, quella di San Pedro. Raggiunta la grande piazza lastricata di Las Campas, proseguo lungo il Barrio de La Soledad per uscire dalla cittadina non trovando più segnali. Raggiungo La Carrera ed El Berron, chiedendo sempre informazioni, fino a ritrovare il ponte che scavalca l’Autovía per entrare in Carvajal. Tappa di gran traffico e rumore di motori questa che mi porta lentamente in Oviedo, rimarcando solamente in Colloto, il bel Ponte Medioevale (che qui chiamano Romano), che scavalca il río Nora, al lato della lunghissima e tediosa N-634, e la altrettanto lunga Calle Tenderina che porta alla Cattedrale di El Salvador. La grande piazza gremita di turisti mi accoglie col caldo colore delle pietre della Cattedrale svettante contro il cielo azzurro. Decido di andare subito alla Oficina de Turismo per avere la pianta della città e la direzione dell’Albergue de Peregrinos, rimandando a dopo il tour e la visita alla Cattedrale. Amara è la sorpresa, quando, giunto alla porta dell’Albergue, un cartello recita che l’apertura è dalle 19 alle 22 !! «Sono pazzi!» mi dico, mentre entro nel negozio “Moda Petri”, indicatomi dall’OT come depositario delle chiavi dell’Albergue in mancanza dell’hospitalero. Resto di sasso quando mi dicono che non hanno più il deposito delle chiavi e non vi è alcuna possibilità di accedervi se non alla ora indicata! Telefono al numero affisso alla porta dell’Albergue, ascoltando una fredda voce registrata che recita le medesime ed incredibili delibere degli “Amigos del Camino de Santiago de Oviedo”. Begli “Amigos” mi dico, che lasciano deliberatamente il pellegrino sporco, sudato e con lo zaino sulle spalle fino alle 19, impedendogli di fatto di poter visitare Oviedo come si conviene. Per il pellegrino, il rifugio di questa bellissima città dovrebbe essere aperto almeno fin dalle 14, o perlomeno, accettare il deposito degli zaini e dei bordoni. Che delusione..! Nella pianta della città, e sul percorso cittadino del Camino, trovo l’Hotel Ovetense in Calle San Juan, a pochi metri dalla Cattedrale che mi offre una superba camera completa di servizi e colazione per 30 Euro accettandola immediatamente, ed alle 15,30, dopo aver pranzato al modico costo di 8 Euro, sono nella assolata piazza della Cattedrale in pieno assetto pellegrino-turistico, non mancando di brontolare amaramente al riguardo dell’Albergue de peregrinos e dei suoi hospitaleros…Nella Cattedrale è assolutamente proibito scattare foto, cosa che mi dispiace, per cui mi dirigo alla Camara Santa per visitare le Sacre Reliquie, ed anche per poter avere il timbro sulla Credenziale. Nella navata in penombra, ritrovo la ragazza italiana, in visita alla Cattedrale, che rincorre uno dei suoi cani scorrazzante tra le colonne; la rivedo più distesa, serena e disponibile a scambiare quattro chiacchiere. Le fornisco la mappa della città, poi le spiego la storia dell’Albergue, lasciandola stupita ed esterrefatta. L’altro cane più ubbidiente, è fuori accanto al Portale montando la guardia allo zaino, concordando con lei che sia un buon impiego di questi fedeli compagni di cammino…La lascio con un abbraccio fraterno, dirigendomi al Correo (Ufficio Postale), per inviare a casa le pagine terminate della guida, la T-shirt donatami a Lezama ed i rullini da sviluppare. In una farmacia compro una pietra pomice, ed infine l’acquisto dei viveri per la dura tappa di domani a San Juan de Villapañada, una piccola aldea dove vi è solo il Rifugio per i pellegrini; tutti impegni implicanti tempo e giri per le calles, quasi impossibili da fare con lo zaino addosso ed una doccia da fare, essendo io orgogliosamente un “pellegrino”, e non un vagabondo puzzolente, cosa di cui gli ineffabili “Amigos” di Oviedo, sembrano non tenere in alcun conto..!
Venerdì 15-07-05. 51ª Tappa. Oviedo – San Juan de Villapañada. Km 28. Albergue de peregrinos.
Dopo la colazione, esco nella Calle San Juan seguendo le conchiglie di bronzo (di cui una è proprio davanti alla porta dell’Hotel), incassate nei marciapiedi, che mi porteranno fuori dalla città coperta da pesanti nubi nerastre e bagnata dalla leggera pioviggine, estremamente umida, qui chiamata “Chiribibi”. Dopo la periferia, passato il ponticello di un rio, è subito salita su un carreterita entrando dapprima in San Lázaro de Paniceres, poi costeggiando il verdissimo Monte Naranco, dal cocuzzolo coperto da una bianca berretta di nubi, passo davanti alla Capilla del Carmen di Llampaxuga prendendo un bellissimo ed oscuro (per la mancanza del sole), cammino denominato “La Pipera”, che si inoltra in forte discesa tra i primi eucalipti, risalendo al pueblo di Loriana, dove sosto alla fonte per assaporare la sua buonissima acqua. Per sentieri tra boschi di roveri e castagni, mi avvio verso la sommità del ripido colle dove è situato Escamplero, passando accanto ad una casa signorile dove un vigoroso Señor lascia la scala addossata ad un albero di prugne per richiamarmi: Chi sei, da dove vieni, dove sei diretto, come ti sembra il cammino; tutte domande poste con cordialità e sorrisi, alle quali rispondo prontamente con altrettanta cordialità, essendo questa una delle cose più belle che il cammino ti regala. È un camionista ora in pensione, e sapendo che vengo da Parigi, vorrebbe che gli parli in francese, poiché ha lavorato molto tra Francia e Spagna, ma poche volte in Italia (dove è stato come turista con la moglie), compiacendosi di rispolverare il suo francese che ora non può più parlare, avendo terminato quella parentesi estera del suo lavoro. Non lo ha dimenticato del tutto, e sebbene con alcune “defaillances”, la conversazione fila bene, facendogli notare la sua buona memoria con suo grande piacere. Purtroppo non potendo intrattenermi più di tanto, devo incamminarmi, ricevendo un caloroso saluto ed un sacchetto di gustose prugne del suo giardino, per ringraziarmi del tempo che gli ho dedicato…Come non sentire intenerimento per questi piccoli episodi, naturali nel Camino, ma difficilissimi nella società che mi sono lasciato alle spalle molti giorni fa..? Raggiunto il pueblo di Escamplero, sosto al Bar “Casa Concha”, per riscaldarmi con un cafè con leche, riprendendo la carretera in direzione di Santullano ed Aviles, scorgendo il Mojon indicante la direzione del Rifugio di Escamplero. Sotto la fastidiosissima pioggerella, passo accanto alla Capilla di Santa Fatima in località Valsero, invidiando le vacche tranquillamente pascolanti nei prati, senza alcun fastidioso poncho addosso, poi una serie di sentieri tra i boschi, costeggianti l’Embalse del del Nalón, mi fanno attraversare su un puente il suo impetuoso affluente, il Río Andallón non molto limpido, entrando sulla carretera in sensibile salita, in Premoño accanto alla Capilla de Santa Aña, unica superstite di un antico hospital che qui dava accoglienza ai pellegrini. Chiedo ad un Señor che si sta occupando dei fiori, se sia possibile prendere il sentiero per raggiungere Paladín anche se sta piovendo, non volendo trovarmi alle prese con il fango, ricevendo assicurazioni che mi bagnerò i piedi solo attraversando il prato in fondo alla valle, poi il sentiero diventerà un buona pista “muy bien adoquinada”(molto ben acciottolata); ah, che bello poter parlare con questi abitanti che sanno spiegarti il cammino. Effettivamente scendo sul bel sentiero “adoquinado” con i piedi bagnati dall’erba del prato (ma non è gran cosa), entrando in Paladín, poi una complicatissima serie di bivi, carreteritas, sentieri, cruces, dei quali non tengo più il conto, ma ben segnalati da frecce e mojones, mi portano nella affollata cittadina di Grado, in alto alla collina, cercando la Oficina de Turismo per sapere se l’Albergue de San Juan de Villapañada sia aperto (prima di arrivarci dopo una durissima salita e trovarlo chiuso!). Un cartello affisso recita: «Llego dentro de poco, perdonen las molestias» (arrivo tra poco, scusate il disturbo), mi convince ad attendere chiacchierando con un giovanotto di Siviglia, qui in vacanza con la ragazza. Il “dentro de poco” si traduce “una ora” da queste parti, ma alla fine ottengo le mie informazioni da una gentile ragazza che tenta anche di rifilarmi piantine e libriccini su Grado e dintorni, così le spiego in modo divertito, che il pellegrino tutte quelle cose se le deve poi portare nello zaino, ma se lei lo accompagnasse a San Juan de Villapañada le potrebbe accettare tutte…Una schietta risata fa il paio con il ritiro di tutti i papiri che voleva regalarmi, poi mi dice che probabilmente, Leopoldo, il campesinos che ha le chiavi dell’Albergue sarà nei campi, lasciando abitualmente aperta una finestra; di scavalcarla per poter entrare senza timore di essere preso a fucilate, trovando il boiler delle docce già acceso e perfettamente funzionante. Stavolta sono io che ricambio la risata, promettendole che se mi impallinano, ritornerò indietro per chiederle il conto, lasciandoci con una simpatica e cordialissima stretta di mano. Anche se oggi piove ed il cielo non promette nulla di buono, questo gradevole e amichevole contatto umano verso i pellegrini bisognosi di certezze, mi dimostra quale siderale distanza vi sia con l’Albergue di Oviedo che apre ai pellegrini alle 19 nei giorni feriali, ed alle 20 (sic!) nei festivi…In un supermarket più avanti, riempio lo zaino di provviste, incamminandomi lentamente sulla tremenda salita verso San Juan, arrivando al bivio dove è il mojon con la conchiglia indicante il cammino diritto di fronte ancora in salita, mentre un’altra rivolta a destra porta la scritta “Albergue” verso una stradina che costeggiando il monte, conduce in un paio di Km alla piccola aldea di San Juan de Villapañada. Due muratori impegnati ad aggiustare il tetto di una casa, mi indicano l’Albergue costruito su un balcone naturale che sovrasta la valle, trovandolo chiuso, ma la finestra indicatami dalla ragazza di Grado è effettivamente aperta, così, scavalcandola con relativa facilità, entro nela ex scuola, trovando acqua calda per la doccia e degli ampi tavoloni per il meritato pranzo. Scendo poi alla casa del Señor Leopoldo, l’hospitalero appena rientrato dai campi, chiedendogli se prepara la cena ai pellegrini; non può, però con un largo e complice sorriso, dice che tiene « pan, chorizos, queso y cervezas, bastante para todos los peregrinos que se quedan aqui». La pioggia aveva smesso di cadere già a Grado, ed i vapori salgono dalla ampia vallata come da un calderone borbottante, rendendo l’aria fredda ed umida persuadendomi a coprirmi per bene. A scaldare l’interno del pellegrino, provvedono un paio di super cervezas prelevate nella ben fornita cucina di Leopoldo. Minuti dopo, arriva una coppia di pellegrini tedeschi, poi due spagnoli, Antonio e Manolo, ed una coppia di fidanzati spagnoli, Teresa e Lionel, (con i quali stringerò una sincera e profonda amicizia nel corso del cammino), tutti partiti oggi da Oviedo. Li informo delle disponibilità di Leopoldo, dando la stura ad un divertente va e vieni di lattine di birra e pezzi di profumato chorizos. Alle 18, arriva un gruppo di ragazzi e ragazze di una parrocchia di Madrid; sono circa 30, assistiti dai catechisti Geli e Roberto, dal Cura Jesus e da Tim, il coadiutore inglese. Forniti di una vettura di appoggio ed autosufficienti quanto a cucina, stanotte dormiranno tutti qui dentro all’Albergue, nei letti disponibili, oppure “al suelo” (sul pavimento). Una ventata di allegro caos si instaura ben presto con il via vai per le docce, con tutti gli zaini sparpagliati in ogni dove, ed un cicaleccio formidabile per inflessioni e velocità della parlata. La cosa, se da un lato mi fa piacere vedere tanti giovani allegri, dall’altro mi ispira un filo di apprensione, poiché quando nei pellegrinaggi precedenti, mi ero trovato con gruppi, la maleducazione ed il chiasso arrogante regnavano sovrani, ed ora da qui in avanti, le dure tappe ed i rifugi, avranno Km e luoghi di pernottamento quasi obbligati… Spero in bene…! Con i due pellegrini tedeschi, Peter e Frida, è quasi impossibile parlare, ma piano piano scopriamo che vengono da Costanza dove Peter è agente di commercio, mentre Frida è una bibliotecaria, dirottati sul Camino del Norte dal troppo grande afflusso di pellegrini presenti a Roncisvalle. Antonio è di Siviglia; professore di matematica, ha pochi giorni disponibili ed ha iniziato il suo cammino ad Oviedo, ha già delle vesciche ai piedi nonostante i medesimi scarponcini che l’anno scorso non gli hanno procurato alcuna noia, così gli offro il mio aiuto, prendendomi cura delle sue estremità, con suo grande sollievo. Manolo, “Catalano” di Barcellona, è un pellegrino di lungo corso sul Camino Francés, partito anche lui da Oviedo, è per la prima volta sul Camino del Norte; è un tipo simpaticissimo al limite del gigionesco, che fuma come un turco ed ingolla birra a tutto spiano, lavorando nella impresa di Cervezas “Damm”, molto nota (e molto buona). Infine Teresa e Lionel, la giovane coppia di fidanzati, provengono da Madrid, sono ambedue diplomati in informatica, lavorano in Inghilterra a Cambridge, ed è la prima volta che iniziano un pellegrinaggio verso Santiago con una certa apprensione, vista la prima tappa, ma sono decisi ad arrivare in fondo con determinazione. Descrizione lunga questa, ma che espone abbastanza bene il variegato mondo cosmopolita di ogni età e condizione sociale che si incontra sui cammini di pellegrinaggio, comprendendo perfettamente come, lungo il corso dei secoli, su queste antiche Vie di pellegrinaggio, poi di transiti commerciali, ed ora infine di pellegrinaggi cultural-turistici-religiosi-sportivi, abbiano potuto formarsi le radici della “mia” cara “Vecchia” Europa.
Sabato 16-07-05. 52ª Tappa. San Juan de Villapañada – Salas. Km 19. Hogar del Pensionista. Al lato della Plaza Mayor . Tel: 985 83 08 47.
Eravamo in 37 nell’Albergue, ma si è dormito bene, ed i ragazzi, dopo la baraonda per disporre i materassini al suolo, sono piombati tra le braccia di Morfeo in un amen; beata gioventù…Alle 6,30 l’universo pellegrino è in piedi, ed alle 07 sono il primo a riprendere la strada per ritornare al bivio, incamminandomi lungo la forte salita in mezzo a boschi di castagni, per arrivare all’Alto de Fresno al “Santuario de Nuestra Señora”; fortunatamente aperto, risale al secolo XVII°, e del primitivo Santuario del sec IX°, non vi è più nulla. Il sentiero in forte discesa denominato “los Morriondes”, porta in San Marcelo, continuando verso La Reaz su un altro sentiero in erba, stretto ma ben tenuto, quindi raggiungo La Doriga passando accanto alla Iglesia di Santa Eulalia per incrociare la carretera. Tratti corti di ripide salite e discese, mi conducono scavalcando il río Narcea, verso le prime abitazioni di Cornellana, incamminandomi poi sul largo ponte che passa il río Nonaya, verso il Monastero del Salvador, già meta di numerose vetture e turisti. Qui i monaci Benedettini accolgono i pellegrini in una ala del Monastero, come già faceva negli anni del secolo XII° l’Ordine di Cluny, a cui fu affidato il Monastero, dopo un primo insediamento monacale, che sviluppò grandemente il Camino in questa regione. Addentrandomi nelle navata estremamente oscura per il tempo inclemente, la visita mi porta a trovarvi una statua dedicata a San Martino vicino all’altare maggiore. Nel grande piazzale all’esterno, vi è un grande cartello segnaletico recante decine di frecce con i nomi delle più grandi città del mondo e le distanze Kilometriche, quasi a voler ricordare che questo sito, una volta era come l’ombelico del mondo…Costeggiando il río Nonaya, limpido e gorgogliante (vi si allevano i salmoni) affluente del Narcea, risalgo su un largo sentiero l’Alto di Santa Eufemia, un immenso castagneto steso sul fianco del monte, terminante in una grande cava di silice alle prime case di Llamas, per poi discendere verso Quintanas, dove mi fermo ad una fonte con area di pic-nic provvista di tavoli e panche. La tappa è corta, ma estremamente dura fino ad ora, ed anche il tempo non è granchè amico, non decidendosi il sole a mettere fuori il naso dalle onnipresenti nuvole. Riprendo il cammino giungendo al bel ponte Medioevale costruito sul río Nonaya, costeggiandolo poi su un buon sentiero, a volte fangoso, per entrare in Casazorrina. Seguendo la carretera, passo da Mallecín vedendo una freccia indicante un “Refugio para peregrinos” in località Godan, 2 Km fuori dal tracciato del Camino, entrando nelle prime case di Salas dopo un paio di Km. Il cammino passa accanto a ben due supermercati (concrete mete per il pellegrino..) prima di giungere nella Plaza Mayor, davanti alla monumentale Iglesia de San Martin, antica Collegiata di Salas. Vedo una coppia di ragazzi distesi su una panca della plaza (che non hanno l’aria di essere pellegrini) con a fianco degli zaini, perciò, chiedo ad un passante dove sia l’Hogar del Pensionista; gentilmente si offre di accompagnarmi di persona in una viuzza in discesa accanto al río Nonaya, ad un bar-ritrovo di pensionati. La ragazza addetta al bar, mi timbra la Credenziale, poi mi accompagna nel locale sottostante dicendomi quasi a scusarsi, che l’acqua della doccia è fredda, perché il “Fontanero” (idraulico), non ha ancora riparato il boiler: Ma via! Se anche la mia guida (vecchia di due anni), riporta che qui vi è solo acqua fredda!! Il Rifugio è estremamente spartano con soli sei letti, un tavolino e due sedie, più i servizi; in un attimo, decido di farmi la doccia anche se la temperatura dell’ambiente non è proprio “calorosa.”. Tirando quattro urlacci da indiano quando vengo raggelato dalla doccia, mi tonifico come i pellegrini di secoli fa (che sicuramente avranno sogghignato), poi ritorno al super per le compere, dovendo attendere l’apertura della Iglesia. Rientrando al Rifugio ritrovo Antonio e Manolo, poi arriva una nuova coppia di pellegrini; lei è tedesca di nome Anne, insegnante di Educazione Fisica, mentre Thomas è del Camerun, sofferente alle gambe da diversi giorni. Il tour cittadino inizia entrando nella bella Iglesia risalente al secolo XV° per ordine di Don Fernando Valdés-Salas, Arcivescovo di Siviglia ed Inquisitore del Regno, la cui spoglie mortali, vi riposano in un monumento funerario di alabastro. Un bellissimo retablo di legno dorato adornante l’altare, raffigura uno ieratico San Martino dalla fattezze tipicamente ispaniche, intento a dividere il suo mantello con il povero, qui raffigurato anche sciancato. Di fronte alla Iglesia, sorge il Palazzo dei Valdés-Salas, oggi Hotel e sede della Oficina de Turismo, accanto alla Torre dell’antico Castillo che ospita un Museo Preromanico che, come pellegrino, posso visitare gratuitamente. La parte più bella pero è il “Casco Viejo”(centro antico), con le case che sorgono accanto alle rive del Nonaya, con terrazzini e balconcini adorni di bellissimi fiori e piante aggettanti sul torrente. Verso sera giungono Teresa e Lionel in discreta forma, assistendomi poi nel curare i piedi di Antonio, che sembra faccia raccolta di vesciche lungo il cammino…Alle 21, con Manolo ed Antonio, mi infilo in un vicino restaurante, decidendo che una fumante “Fabada Asturiana” ed un paio di “vasos” (bicchieri), di vino tinto della Rioja, siano meglio dei panini, visto che il cielo ha ulteriormente deciso di irrorare questo verdissimo e piovigginoso angolo montano delle Asturie…
Domenica 17-07-05. 53ª Tappa. Salas – Tineo. Km 19. Albergue de peregrinos. Presso Ex Centro de Salud. Chiave al Bar Stop, a 100m.
Qualche riga fa, dicevo degli spagnoli roncadores..: Ecco che stanotte Manolo, Catalano de Llobregat di Barcellona, complice qualche cerveza di troppo, si era messo a russare ed a parlare nel sonno, attirandosi, da parte di chi non riusciva a chiudere occhio, qualche scarponcino che non gli ha fatto nemmeno il solletico, convincendo Lionel ha portare il suo materassino in riva al Nonaya…Fortuna per noi che le tappe sono corte anche se di notevole dislivello…Mi incammino alle 07, risalendo la cittadina deserta sotto la finissima pioggerella, una costante di questa regione, che mi accompagna assieme al gorgoglio del río Nonaya nell’erto tunnel arboreo [frequentato da grosse “caracoles” (chiocciole)], di giovani eucalipti dapprima, e poi tra castagni e roveri gocciolanti umidità, per raggiungere la carretera nei pressi di El Llanon. Numerosi bivi, deviazioni sulla N-634, su “carreiros”( cammini di montagna in Asturiano), antico Camino Medieval, e piste erbose, comunque sempre ben segnalate dai “mojones”, mi portano ai 700m di Bodenaya, vedendola all’ultimo momento per la nebbia, poi in leggera salita sulla deserta Nazionale 634, raggiungo La Espina, sostando al Bar “Casa del Cándano” per riscaldarmi con una bollente doppia tazza di caffelatte, attardandomi a conversare piacevolmente con l’anziano “Dueño”. Quando riparto, con il”Chiribibi” che ha terminato di inumidire l’ambiente, rivedo poco più avanti la coppia di tedeschi Peter e Frida, che evidentemente avevano fatto tappa in qualche locale Pensión, unica alternativa dopo Salas. Risalendo La Pereda ed oltre, ringrazio Giove Pluvio che ha chiuso i rubinetti, altrimenti lo stretto ed incassato sentiero, ora fangoso, ma percorribile saltando sulle grosse pietre, in caso di pioggia sarebbe stato l’autentico alveo di un vivace torrentello. Un piacevole cammino mi porta sui sentieri sommitali della zona boschiva di “El Pedregal”, a quota 750m; un vasto altipiano, attraversato da questo “carreiros”, un tempo intieramente “empedrado”, essendo stata una antica “Calzada” (se ne vedono ancora dei pezzi perfettamente selciati), incontrando sotto una enorme quercia un campesino che sta sistemando delle reti elettrificate attorno al suo “huerto”. Cordiale e loquace, mi spiega che questa è l’unica maniera di mettere un freno alle incursioni dei numerosi cinghiali nel suo orto, che pur di fare man bassa, scavano come dei forsennati sotto le reti entrando a grufolare tra le coltivazioni; però il danno non è tanto il grufolìo, bensì il terreno completamente sconvolto fino a 10~20 cm sottoterra!! Qualche kilometro di bel sentiero dopo l’aldea di Santa Eulalia, mi porta alla solitaria e raccolta Ermita di San Roque, entrando tra le sparse case di San Roque rasente il campo di calcio, frequentato da numerosi ragazzi ed adulti. Raggiunto un crocevia, prendo a destra l’alberato viale “ensoletado” (lastricato), del Paseo de los Frailes, e 200m avanti, ad ammirare la bella scultura ferrea di un pellegrino posta sul belvedere che sovrasta l’abitato di Tineo. Qui, una freccia indicante il Rifugio, mi invita a scendere il ripido sentiero che porta sotto, alla carretera, ma dovendo passare alla sede della Policia Municipal, nel centro della cittadina, per prendere la chiave, proseguo sul Paseo verso la vallata ed il centrocittà, 500m più in basso. Informandomi ad un gruppo di “ciudadanos” (cittadini) seduti all’esterno di un bar, raggiungo la sede della Policia, dove un solerte agente mi indica la direzione del Rifugio e del Bar Stop, depositario della chiave per accedervi. Altri 700m di risalita sulla carretera, mi portano proprio sotto la scultura ferrea del pellegrino ed al Bar Stop (ad un centinaio di metri più avanti), dove mi viene timbrata la credenziale e consegnata la chiave dell’ex Centro de Salud, ora Refugio de Peregrinos. Sono il primo arrivato nel grande e ben attrezzato ambiente, potendo sistemarmi bene e fare il bucato, avendo a disposizione un ampio spazio nel giardino per stenderlo. Ho tutto il tempo di pranzare prima che entrino Antonio e Manolo, poi come una folata di vento, giunge tutto il gruppo dei ragazzi di Madrid, assieme a Teresa e Lionel e più tardi Simon, proveniente da non so dove, oltre ad Anne e Thomas. Tineo, fin dal tempi dei Romani fù un sito minerario dedito all’estrazione dell’oro, del quale oggidì, sopravvive solo una piccola miniera a cielo aperto, ed è edificata su un balcone naturale simile ad un teatro greco, dominante l’ampia vallata. Fu zona di passo dei pellegrini del tempo, grazie ad una imposizione reale di Alfonso IX°, a favore del Monastero di Obona ubicato nelle vicinanze. È domenica, e solo i bar sono aperti; neanche la Iglesia Parroquial de San Pedro, situata vicino a quello che nei tempi andati era l’hospital de peregrinos Mater Christi è aperta, saltando così il precetto festivo…A sera, con tutti i pellegrini presenti (salvo il gruppo di ragazzi), ceniamo al Bar-Restaurante “Refugio”, piazzato nella parte bassa e nascosta della cittadina, con grande brio e amicizia, approfittando così per degustare il famoso “sidro”, ed ammirare la maestria che ci vuole per versarlo, dall’altezza di un metro, nel “culin” (bicchiere), provocando la spuma che rilascia ed esalta tutto il bouquet. L’ottima e piacevole cena, alle quale partecipano da par loro anche i simpaticissimi dueños del locale, permette una comprensione più approfondita tra tutti noi, ponendo le basi di fraterne amicizie, scoprendo più di una comunanza di ideali, inaspettati tra persone di diverse nazionalità, stili di vita, ed estrazione sociale…Anche questo è uno degli straordinari regali del “Camino”…
Lunedì 18-07-05. 54ª Tappa. Tineo – Peñaseita (Pola de Allande). Km 29 . Albergue de peregrinos. Chiave al Bar “Casa Viñas” a 100m.
Simon è il primo a prendere il cammino lasciando silenziosamente il rifugio, il cui pavimento è molto umido, quasi bagnato, a causa di qualcuno che, per il freddo, ha chiuso tutte le finestre, ed essendovi alloggiati più di 40 pellegrini…Alle 07 discendo al centro cittadino, alla già gremita fermata degli autobus, entrando nell’accogliente ambiente di un bar (attratto dall’intenso profumo di caffè) per la colazione. Il tempo è freddo, ed il cielo sgombro da nuvole viene lentamente illuminato dal sole ancora celato dalla montagna. Un buon sentiero bordato da alberi, mi porta in salita a fiancheggiare il monte alla destra di Tineo, mostrando l’ampia vallata ai suoi piedi, simile ad uno spettacolare patchwork verdeggiante. In ripida salita, raggiungo l’Alto de Piedratecha, la massima quota di oggi, 900m slm, in uno scenario reso luminoso dal sole, benvenuto e caldo quando mi avvolge, anche se lungo la salita, mi fa stillare da tutti i pori…O forse è il sidro..? Con una considerevole picchiata, il cammino scende alla carretera, incontrando il “mojon” indicante la deviazione al Monastero di Obona, poi su sentieri erbosi o piste di servizio agli sparsi “Caserios”(casali), entro in Villaluz, prestando orecchio a “los ladridos de los perros”(latrati dei cani), abbastanza numerosi (e slegati) nei vicini caserios, visto che sono un insostituibile aiuto sugli scoscesi pascoli ed allevamenti in questa zona. A volte, la vista si allarga aldilà della vallata, sui contrafforti delle montagne Asturiane-Leonesi, che si vanno coprendo di nubi. Ieri sera, chiacchierando con Simon, mi diceva che questo è il clima delle Asturias. Nell’intero arco di un giorno estivo, puoi trovarlo fresco, piovigginoso, caloroso, nebbioso, ed in inverno, ventoso e nevoso, estremamente duro anche per gli stessi abitanti. Le piccole aldeas di Vega del Rey e Berrugoso, danno vita il paesaggio, altrimenti boschivo, che porta a Campiello, dove conto di fermarmi alla “Tienda-bar” (negozio-bar), di Doña Herminia per acquistare le provviste. L’anziana coppia di coniugi mi accoglie molto cordialmente, in un negozio che vende un po’ di tutto, proprio come un bazar, rifornendomi senza fretta di ottimi bocadillos (panini), mentre sorseggio una tazza di caffelatte; ripartendo verso El Fresno ed El Espin, scorgo lontanissimi sull’alto crinale del Puerto de Palo, le argentee ed evanescenti sagome di altissimi generatori eolici. Un “mojon” dalla doppia conchiglia, mi indica a destra l’Albergue de peregrino di Borres, e diritto in forte salita, il cammino, che per uno stretto sentiero conduce al bivio per la “Ruta de los Hospitales” (una variante durissima, lunga e solitaria che si riunirà con il Camino Oficial a Montefurado), udendo delle voci poco più avanti. Sono sicuramente due pellegrini, perché li intravedo poco dopo, più in alto e fuori portata di voce, sull’altro sentiero. Forse dormiranno in qualche ex caserio, oppure tireranno diritto fino a La Mesa, non essendoci praticamente alcun alloggiamento, né approvvigionamenti su quel percorso. Sempre ben guidato dai “mojones”, in un continuo scendere e risalire su bei sentieri che tagliano i tornanti della carretera, (e le gambe del pellegrino), passo Samblismo e Colinas, per arrivare all’Alto de Porciles. Scendendo nuovamente nella valle dove è il pueblo, attraverso il río dal medesimo nome, per risalire ancora agli 800m dell’Alto de Lavadoira! Bellissimo percorso assomigliante alle montagne russe, anche se gli ambienti che si attraversano leniscono la fatica e permettono di osservare paesaggi che, credo, non siano minimamente cambiati da quelli che, secoli fa, i pellegrini si trovavano ad attraversare e, meno fortunatamente di me oggigiorno, a paventare per la sua durezza e selvaggia bellezza. Dagli 800m dell’Alto, il sentiero precipita a rotta di collo ( e legamenti di ginocchia), ai 550m di Ferroy e di Pola di Allande, avendo di fronte l’Alto del Puerto de Palo e la lunga linea di aerogeneratori, ora splendenti al sole, comprendendo che domani dovrò riguadagnare nuovamente tutti i metri di quota di questa tremenda discesa… Entro in Pola de Allande, un pueblo le cui origini risalgono al XIII° secolo, alle 13, trovando un notevole movimento di persone nella Calle principale davanti al Monumento agli emigranti. Chiedo ad un indaffarato e barbuto agente che sta cercando di sbrogliare il traffico, dove sia l’Albergue di Peñaseita, e questo lo chiede a delle altre persone lì vicino! Comunque mi viene detto che si trova circa tre Km più avanti, risalendo lungo la carretera, e di non prendere il sentiero che scende nella valle a fianco per poi risalire di nuovo. Come diceva bene Simon, il sole Asturiano, che ora è a picco, spacca le pietre, facendomi arrivare ben sudato davanti al rifugio, vedendo una coppia di pellegrini di ritorno da Casa Valiña con la chiave dell’Albergue. Sono le 14, quando entriamo nel bell’Albergue costruito al lato della carretera dominante la valle. Docce calde e buoni letti, ambiente spazioso e confortevole con cucina e tavoli; ciò che abbisogna al pellegrino in questa dura tappa, ed in più, vi è il caliente sole sotto il quale stendere tutti i nostri vestiti sul prato. Mentre io pranzo sul tavolaccio esterno con un nuovo pellegrino di nome Camilo (di professione infermiere), i due pellegrini, fanno l’autostop per discendere a pranzare a Pola, poi in ordine sparso, giungono tutti gli altri pellegrini di Tineo, eccettuati Anne e Thomas. Al Bar Casa Valiña, ci accordiamo per la cena di stasera, intrattenendoci sotto il suo ombroso pergolato a conversare con un giovane pellegrino inglese di nome Richard che ci racconta la sua tremenda disavventura alla stazione ferroviaria di Atocha a Madrid: Lasciatosi da alcuni amici all’uscita del bar, attorno alle 04 della notte, è stato sequestrato per una lunghissima ora e derubato com estrema violenza (ne porta ancora le escoriazioni sul viso), di tutto quanto aveva addosso e minacciato con i cocci di una bottiglia, a rivelare i codici delle carte di credito che aveva con sé. Anche se siamo nel XXI° secolo, il pellegrino corre ancora i medesimi pericoli causati dai briganti di strada… Anche stasera siamo come una comunità riunita a cena, poi rientrati all’Albergue con un inusuale tiepido e limpido imbrunire (inversione termica della temperatura), mi dedico alla cura dei piedi di Antonio, di Teresa e Lionel, che portano le stimmate dei pellegrini dovute alle dure salite, ma sicuramente alle più temibili (per i piedi), discese della tappa di oggi…
Martedì 19-07-05. 55ª Tappa. Peñaseita (Pola de Allande) – La Mesa. Km 17 . Albergue de peregrinos. Ex scuola rurale.
Camilo e Simon ieri sera, dandoci la buona notte, ci avevano salutati, avendo deciso di non fare tappa oggi a La Mesa, ma di raggiungere Grandas de Salime in una unica tappa di circa 32 Km con un dislivello totale di più di 2000m, poiché avendo già percorso questo Camino un paio di anni fa, hanno ritenuto La Mesa una sosta che potevano benissimo evitare, al fine di raggiungere Santiago de Compostella il giorno della festa, lunedì 25 luglio. Alle 6,30, preceduti dai due pellegrini che ieri avevano aperto l’Albergue, Camilo e Simon si avviano sulla carretera, mentre io li seguo alle 07 seguendo il sentiero boscoso che discende una decina di metri nella valle, per poi risalire alla carretera restandone sempre qualche metro sotto. Il tempo non è bello e le cime dei monti sono coperte dalle nebbie, mentre io sepolto nel ripido e ciottoloso sentiero che taglia il bosco, sudo come mai, stando ben attento a saltare i tratti fangosi od invasi dall’acqua che travasa dai numerosi fontanili, comprendendo perché gli altri avevano preso la carretera..! Dopo una prima salita di assaggio, la conseguente leggera discesa, mi porta all’aldea di La Reigada, sentendo già a 300m di distanza, i furiosi latrati di un cane che la stessa guida avverte come un pericolo per i passanti; È effettivamente un cane lupo estremamente iroso che tende la non grossa catena in modo pazzesco; sembra che impazzisca avendo qualcuno a meno di 3 metri, domandandomi cosa succederebbe se la catena si spezzasse.. Sarebbe una bella mischia.., e non smette di latrare neanche quando sono in alto alle case e fuori vista!! Da questo pueblo, comincia la dura ascensione all’Alto de Palo, attraversando nel bosco un piccolo torrentello su due ponticelli in legno; un bellissimo e bucolico quadretto di alberi, felci, acque spumeggianti e tanto muschio che mi affretto a fotografare (poi a casa rivedendo le dia scoprirò che il flash non era stato abbastanza potente per illuminare lo splendido quadro!). Sotto degli abeti, su un tappeto di muschio 20 metri più avanti, scorgo una tenda dalla quale mi giungono dei sonori «Buenos dias!»; sono i due ragazzi che avevo scorto sulle panchine della Plaza Mayor di Salas, ai quali rispondo con altrettanto piacere. La lunga salita non molla mai, anche quando giunge ad incrociare la carretera per riprendere a salire dall’altra parte, dove vi sono delle piccole escavatrici per ripianare il friabile sentiero di ciottoli e terra grigia. Sono immerso in una umidissima nebbia, e ben presto la labile traccia svanisce, così come le frecce, in altrettanti sentierucoli torrentizi, per cui non vedendo nulla a 50 metri, proseguo salendo in linea retta confidando di raggiungere la vetta e ritrovare le frecce. È con un certo disagio e timore che sbuco su un pianoro pietroso controllando l’altimetro del mio orologio che indica 1150 metri di quota. Dovrei essere in cima all’Alto de Puerto de Palo, ma non ne sono sicuro fino a quando scorgo un paletto di legno su cui spicca una liberatrice freccia gialla…Ringraziando San Giacomo, ed aguzzando gli occhi per cercare le altre, mi incammino su una traccia tra mucchietti di sfasciumi fino a quando sento sopra di me lo sfrigolio dei cavi di una linea di alta tensione, per poi scorgere la carretera, poche volte vista con così evidente sollievo! Fa un freddo cane qui al passo; con il vento che non sposta minimamente la nebbia, mi affretto a scendere sul sentiero seguendo i segnali perfettamente paralleli ai cavi dell’alta tensione, per cui mi trovo ad essere guidato dalla vista e dall’udito! Sceso di un centinaio di metri sull’altro versante, la nebbia svanisce ed il sole accede in forze nel grandioso ambiente che mi si pone davanti. Sono sul tetto del mondo! Ai miei piedi tutti i monti fanno corona intorno, con le valli che si aprono all’infinito come dei grandiosi buchi verdi coperti da ciuffi di bianca bambagia, mentre una lunga fila di generatori eolici spicca sul crinale dei monti verso cui mi porterà la tappa. Le poche case di Montefurado, aldea situata sul crinale del monte verso cui discendo (modello molto misero della peruviana Machu Picchu), sono le vestigia ristrutturate di quello che ai tempi era un antico Hospital per i pellegrini che si avventuravano tra queste selvagge contrade. Sono circondate da muretti in pietra in cui pascolano vacche, ma non vi è nessuno in vista, ed anche la guida dice che qui vi è un solo abitante come dimostra una vecchia e scassata autovettura a fianco di una casa, ed un grosso e placido cagnone di razza incerta che trotterella dietro il deretano delle vacche. Delle reti poste sul sentiero dopo il segnale, mi pongono dei dubbi sul percorso che corre sul fianco del monte tenendo la carretera in basso; mi sembra troppo ingombro di felci ed erba, e solo quando precipita, un km dopo, accanto alla carretera dove è un “mojon”, capisco che è quello giusto. Un altro sentiero ciottoloso ed ingombro di erba, stavolta sotto la carretera, corre verso l’estremità del monte, e passando accanto alla Iglesia Parroquial ed al cimitero, raggiunge in forte salita, Lago, oggi poco più di una casa e l’invitante Bar Serafín con piante all’esterno che offrono ombra estremamente gradita. Non mi par vero di sedermi confortevolmente per mezz’ora, mollando lo zaino per sorseggiare due tazze di caffelatte e delle profumate “Magdalenas” caserecce appena uscite dal forno, offerte dalla Señora, poi prendendo un sentiero a destra della carretera, entro in un vasto bosco di ombrosi pini raggiungendo Berducedo. Muggenti e ciondolanti su un largo sentiero di pietrisco bordato da muretti, mi viene incontro una colonna di grosse e cornute “vacas”, per cui mi siedo di lato su un pietrone aspettando che la lenta processione termini senza corno ferire, chiedendo alla Señora che le conduce perché muggiscano così tanto. Mi dice che è dall’inizio di giugno che non piove da questa parte del Puerto de Palo, per cui l’erba nei pascoli non è nutriente, dovendole portare ogni giorno nei pascoli più lontani per trovare foraggio più grasso. I segnali mi conducono a girovagare per Berducedo, passando accanto alla Iglesia di Santa Maria che, avendo di fronte un caserio, ha il considerevole e profumato mucchio di letame bovino, depositato a dieci metri dalla porta d’ingresso!. Dall’altura di Berducedo, ho una bellissima vista della corona di monti circostanti, dai cui costoloni la nebbia rotola fino al fondovalle, discendendo poi sulla lunga e caldissima carretera che mi porta nella grande vallata dove sorge La Mesa. La guida dice che la chiave del rifugio la tiene una persona abitante nella prima casa di pietra all’entrata dell’aldea, ma ve ne è più di una, costringendomi ad importunare più di un abitante, fin quando trovo la cordiale Señora che la custodisce. L’Albergue, anche’esso ex scuola rurale del circondario, si trova ad un centinaio di metri dalla preziosa Chiesetta costruita tutta in pietre su un monticello sottostante il cimitero, proprio ai piedi della carretera che con un’altra durissima e ripida salita, domani mi allieterà la partenza. Mentre mi sistemo nell’Albergue, arriva il“coche”( vettura), del gruppo di ragazzi madrileni con il “Cura” (Parroco) Jesus, che si prende una meritata doccia, disponendo poi con Roberto, uno dei catechisti, il luogo di tappa per tutti i ragazzi, accanto alla chiesetta sotto un ombroso e grosso albero. Il caliente pomeriggio vede i pellegrini giungere all’Albergue in ordine assolutamente sparso, chi più chi meno distrutto, per il caldo o per i piedi fumanti, ma tutti raggianti e felici per aver raggiunto la meta di una delle tappe più dure e difficili del Camino…A metà pomeriggio, assieme agli altri pellegrini, raggiungo la “Casa Rectoral” ( ex casa parrocchiale), per concordare con gli attuali abitanti (che possono fornire cena o viveri ai pellegrini di passaggio), la cena, ricevendone l’assenso per non più di nove persone, tanti quanti siamo noi…Poco più tardi, lo strombazzante (conosciutissimo da tutti i pellegrini diretti a Compostella) claxon di un “Pañadero”, ci vede assediare il suo ben fornito furgone per approvvigionarci di frutta, bevande e pane con companatico per l’indomani, ma anche di ghiacciate cervezas, sommamente apprezzate da più di un pellegrino…Apprezzando il forzato oziare ed il calore che il sole mi dona mentre sono disteso nel prato antistante l’albergue, osservo il numeroso gruppo di ragazzi, raggruppati alla chiesetta, indaffarati nel predisporre la cucina e tutto il bailamme che ne consegue (tavolini, fornelli, piatti, viveri ecc,) con molto ordine, senza fare eccessivo chiasso, comprendendo che stavolta questo è un gruppo di veri giovani pellegrini, perfettamente immersi nello spirito del Camino, guadagnandosi tutta la mia simpatia e stima. Lo splendido imbrunire, vede la luna piena spuntare lentamente aldisopra dell’alto crinale dei monti, come un algido disco di madreperla, mentre noi ci avviamo alla Casa Rectoral per la desiderata cena con allegria, cercando di indovinare quale sarà il menù. La Señora (Helena?) ( non ho ben compreso il suo nome..), ci offre: Ensalada mista, Jamon Serrano y York, Chorizo, carne guisada, pan, agua y vino ecc, in abbondanza e ad un prezzo ragionevole, ricevendo tutti i nostri sentiti ringraziamenti. Quando rientriamo all’albergue, salutiamo il gruppo di ragazzi che all’esterno della chiesetta (nella quale dormiranno stanotte), stanno dando fondo alla loro più frugale cena, facendo uno spensierato baccano, al quale i cani del villaggio (ritenendosi esclusi dalla festa), rispondono abbaiando da par loro, aumentando ancor più l’esilarante e compartecipe buonumore scaturito in questo splendido giorno di cammino, che San Giacomo ha voluto donare a tutti noi pellegrini “Hijos de Dios”…
Mercoledì 20-07-05. 56ª Tappa. La Mesa – Grandas de Salime. Km 15 . Albergue de peregrinos. Situato nella stazione della Policia Local.
La notte è trascorsa nella calma più assoluta all’interno dell’Albergue, mentre un cane (evidentemente con sangue di lupo nelle vene), accucciato nel mezzo di un pascolo, ha abbaiato tutta la notte alla luna piena splendente come un faro sopra la grande valle. Alle 07 prendo il cammino risalendo la carretera verso l’Alto, dovendo porre molto impegno nel tenere a bada con il nodoso bastone, due rognosissimi e latranti cagnetti, saltati fuori da una casa, senza che i loro proprietari dessero loro una voce per richiamarli; erano talmente esasperati che, suppongo, avranno risvegliato tutti i pueblos fino ad Oviedo…Giunto al culmine del monte, sotto la lunga linea di aerogeneratori, mi trovo alla quota di 1150 metri, dovendo discendere fino ai 150 metri dove è la diga, per poi risalire ai 650 metri di Grandas de Salime! Non c’è che dire, proprio una bella sgambata sperando che le ginocchia non protestino…La carretera passa accanto alla “Granja” di Buispol, anticamente Hospital per i pellegrini, del quale conserva una umilissima e piccola “Capilla” tutta costruita in pietre a secco, sormontata da un sobrio campanile con una campanella datante del secolo XIV° ed una esilissima croce in ferro, superstite ai fulmini ed alle saette su questo culmine. Scendendo sul sentiero lungo la staccionata, devo entrare nel pascolo delle vacche, facendo attenzione stavolta alle numerose “Mine” che le stesse non si curano di disseminare per ogni dove, venendo pedinato fino all’altro lato, affrettandomi a richiudere il pesante cancello in ferro. Dal crinale del monte, al pellegrino si offre uno spettacolo grandioso, potendo abbracciare con lo sguardo tutto il vastissimo orizzonte fino alla lontanissima lunga linea di nubi che nascondono l’Oceano, i monti, e le valli circostanti coperte dalla bruma, ed il profondissimo intaglio della valle dove scorre il Río Navia, più avanti imprigionato dalla diga per fornire energia elettrica, al momento coperto da un enorme banco di schiumosa nebbia. Il sentiero ciottoloso ed infido nel primo tratto, zigzaga ripidamente sulla brulla costa del monte colorata dai violacei cespugli di erica calluna; raggiungendo il limite di una densa abetaia, diviene un lungo falsopiano più largo e sicuro, fino a quando una gialla freccia del Camino, ed un “mojon”con la conchiglia, posto al limitare del bosco di castagni, mi deviano perentoriamente a sinistra in un ripido sentiero, dapprima stretto e via via più marcato, che mi permetterà, seguendolo, di scendere più ripidamente, sbucando sotto le nuvole, nella carretera proprio vicino alla diga, guadagnando, con questa scorciatoia, parecchi kilometri. Mi incammino sulla deserta carretera arrivando ad un tunnel nella roccia che non è altro se non un “Mirador” (punto panoramico), sbucante in un balconcino in cemento, a picco sulla vertiginosa forra al di qua della impressionante presa idrica, e sul restante rigagnolo del Río Navia che si riavvia malinconicamente verso l’Oceano Cantabrico, dopo essere stato depredato della sua acqua. L’Embalse di Salime “Embalse”( conca), fu una splendida opera di ingegneria dell’epoca; iniziata nel 1946, l’enorme costruzione si protrasse per 10 anni, dovendo fare i conti con la esigua rete stradale, tanto che tutto il materiale per la costruzione, dovette essere trasportato qui con una lunghissima teleferica di 37 Km suddivisa in 8 stazioni, proveniente dal porto sul Navia dove giungeva il materiale! I pellegrini, anteriormente a quella data, scesi al fondo della valle, dovevano attraversare il Río Navia su due ponti, dei quali uno in legno, paurosamente alto ed instabile…Camminando sulla grande diga, guardo le case degli operai addetti a quella opera, vuote occhiaie di cemento che deturpano gli scoscesi dirupi, ancora caparbiamente abbarbicate alle pareti di roccia. Da qui, punto più basso della tappa odierna, la carretera riprende a salire contornando l’altra sponda del fiume, raggiungendo la grande costruzione dell’Hotel “Las Grandas”, trovandolo chiuso, quasi abbandonato al decadimento. Proseguo apprezzando l’ombra della densa pineta, stando attento a trovare il segnale che mi dovrebbe portare a sinistra in un sentiero tra i pini, lasciando la carretera. Un “mojon”, lo segnala in forte salita stretto ed infido per la terra umidissima e le radici sporgenti tra le alte felci che ricoprono la scarpata, ricongiungendosi 1Km dopo, alla carretera che mi porta in Grandas. Proveniendo dalla Avenida del “Ferreiro”, dove è il Museo Etnografico della città, mantenuto vivo da José Navieras detto Pepe el Ferreiro, trovo la stazione della Policia, ospitante il piccolo rifugio, situata proprio davanti alla magnifica Iglesia de San Salvador, antico centro monastico già nel XII° secolo, cinta da una splendido porticato ad archi. Certo non brilla per pulizia questo piccolo rifugio ingombrato dagli alti letti a castello, non per colpa dell’Ayuntamiemto, ma per la maleducazione dei pellegrini che qui hanno sostato, così, prima di apprezzare la calda doccia, avendo tutto il pomeriggio a completa disposizione, mi incarico di ripulire per bene l’ambiente. Una prima passeggiata sotto uno sfolgorante solleone, è per gli acquisti ad un supermercato a poca distanza, poi con Antonio, nel frattempo arrivato assieme a Manolo ed a tutti gli altri, vado al Polideportivo, dove sono alloggiati tutti i ragazzi del gruppo, per salutarli. Allegri sebbene stanchi, ci dicono che stanotte hanno sofferto parecchio freddo nella chiesetta di La Mesa, nonostante fossero tutti ben pigiati e coperti, quanto al cane ululante alla luna, avevano provato, senza alcun esito, a farlo scappare tirandogli dei sassi; una notte da dimenticare! Attendiamo l’apertura del Museo Etnografico per la doverosa visita (raccomandata dalla guida), ed alle 16 entriamo in un Museo da far invidia ai sopraintendenti di molti Musei delle nostre più grandi città; vastissime raccolte di strumenti, di utensili, di prodotti del tempo che fu, scupolosamente ordinati e catalogati, il tutto tenuto in grande pulizia e diligentemente spiegato dalla ragazza che ci guida lungo l’arco dei tempi andati, ospitati in ciascuna stanza. Vi è anche uno splendido “Horreo” con il tetto di stoppie, una antica forgia, ed un mulino per cereali, entrambi azionati dalla forza dell’acqua. La Iglesia del Salvador, aperta, mostra il bel Portale solo residuo risalente al XII° secolo, ma l’interno è inagibile per via di lavori di restauro ai dipinti che parecchi giovani arrampicati sulle impalcature, stanno eseguendo. A sera, ceno con Teresa e Lionel seduto su una panchina all’esterno del rifugio, notando l’ingresso di due ragazze pellegrine Portoricane, mentre tutti gli altri pellegrini, hanno cenato in un restaurante a pochi passi. Domani ci attende un’altra dura tappa, dovendo risalire l’Alto di El Acebo alla quota di 1050 metri, per una distanza di 26 Km…Che Santiago, non avendo l’autorizzazione abbassare il monte, ci mandi almeno il sole…
Giovedì 21-07-05. 57ª Tappa. Grandas de Salime -– Fonsagrada. Km 26 . Albergue de peregrinos. In Padrón a 1,7 Km, dopo Fonsagrada, Chiave presso Protección Civil.
La sveglia stavolta è alle 6,15 e la partenza, dopo la colazione consumata sotto i portici della Iglesia, è alle 6,45; non che cambi molto rispetto agli altri giorni, ma vi è nebbia che rende tutto oscuro ed evanescente. La pista di cemento che porta fuori l’abitato, ben presto diviene di erba bagnata allagandomi i piedi fino all’entrata di Cereijeira, dove proseguo sull’asfalto alternato a piste e sentieri verso Castro, una aldea di case sparse attorno agli allevamenti di bovini. Mi fermo poco dopo alla Capilla di San Lázaro, solo resto di un antico lebbrosario, nella quale fotografo il prezioso retablo barocco posto dietro l’altare. Sempre in tollerabile salita tra boschi e tratti deforestati, entro in Peñafuente, poi su tratti di sentieri in pineta o sulla già caldissima e frequentata carretera, arrivo ad El Acebo, incontrando il primo “Mojon” jacobeo Galiziano, che a differenza di quello Asturiano, ha la conchiglia rivolta in senso contrario…Campanilismi regionali che neanche il Camino riesce ad appianare, per cui, bisogna stare attenti al nuovo senso indicatore della conchiglia…Già in Galizia, raggiungo la sommità, scorgendo il biancore delle case della lontanissima Fonsagrada, poi in discesa per carretera o sentiero, raggiungo Fonfria quindi Silvela, sostando alla area di pic-nic, accanto alla sua piccola Ermita dal campanile orfano della campanella; nel portico, sopra la porta di entrata, vi è un bel cartiglio in pietra raffigurante la croce dei Cavalieri di Malta inscritta in una conchiglia, un bordone con la zucca, e la spada dall’impugnatura fiorita dei Cavalieri di San Giovanni. Scendo verso Paradonova, l’ultimo pueblo prima di entrare a Fonsagrada in forte salita, seguendo un segnale che mi porterebbe direttamente al rifugio. Troppo tardi mi accorgo che non mi conduce verso il centro della città (per i necessari acquisti di provviste in un supermercato), dovendo così ritornare indietro. Con lo zaino appesantito dalle provviste, riprendo l’attraversamento della città diretto al rifugio indicatomi a 2 Km, sempre seguendo la carretera. Sembra non arrivare mai, dovendo chiedere di nuovo informazioni presso una gasolinera, poi al termine di una discesa, ecco all’interno di un muricciolo il bell’edificio che mi accoglie oggi. Cinque minuti dopo aver telefonato al numero scritto sulla porta, giunge una jeep della Protección Civil, ed un cordialissimo e robusto Señor dice che mi ha visto scendere lungo la carretera, ma ha aspettato a raggiungermi, poiché non sapeva se mi sarei fermato qui. Se all’esterno il rifugio è bello, l’interno lascia a bocca aperta; molto ben tenuto con spaziose camerette anche al piano superiore, e letti ottimi, conta anche un ampio salone ed una grande cucina, ma attualmente, le docce sono sprovviste di acqua calda essendo in ristrutturazione. Il tutto è mantenuto dalla comunità e dalla Protección Civil che lo gestisce, poiché il Parroco, innamorato del Camino, non può più seguirne la gestione a causa dell’età avanzata. Anche se all’esterno il sole è sfolgorante, la temperatura dell’acqua della doccia mi fa temere un infarto talmente è ghiacciata, riuscendo, tra un urlaccio ed un altro, a levarmi il sapone prima che arrivino gli altri pellegrini, spaventandoli…Vi è anche un ampio prato e dei fili su cui appendere il bucato di oggi e di ieri, restando poi a crogiolarmi al sole dopo aver medicato le vesciche di Antonio e Teresa. Alle 19, ritornato in Fonsagrada, assisto alla S. Messa nella Iglesia di Santa Maria, concelebrata in spagnolo ed in gallego da tre sacerdoti, ritornando poi di corsa all’Albergue dopo aver salutato il Parroco Don Ramón. Vi ritrovo anche la coppia di tedeschi Peter e Frida, decidendo di riunire i tavoli nell’ampio prato, per cenare tutti insieme. Alle 21,30 confermando l’estrema variabilità del clima della Galizia, vediamo la nebbia risalire il declivio della vallata a spron battuto, portando con sé un freddo pungente, al quale poniamo rimedio rientrando sveltamente a scrivere le nostre dediche sul libro dell’Albergue, infilandoci poi nei sacchi a pelo per addormentarci del sonno dei giusti, pensando che tra una settimana saremo a Santiago de Compostella…
Venerdì 22-07-05. 58ª Tappa. A Fonsagrada – Cádavo Baleira. Km 24 . Albergue de peregrinos. Tel. Leandro: 982 35 40 57 / 636 02 02 92.
Ieri sera poco prima di rientrare nel rifugio per la nebbia, erano arrivati due altri pellegrini, nativi di Las Palmas nelle Canarie; il padre Juan, ed il figlio Dante, scoprendo che erano loro i due pellegrini, visti davanti a me, prendere il “Camino de los Hospitales” nella tappa da Pola de Allande a Tineo. Un cammino scelto per una dubbia valutazione avuta da un abitante alcuni giorni prima, confermandola come una tappa da evitare, non apportando nulla al Camino jacobeo, essendo principalmente un percorso per “senderisti” (escursionisti). Delle gustose e zuccherose ciambelle con un litro di latte caldo scaldato sulle piastre elettriche in cucina, mi permettono di partire ben zavorrato e carburato in quest’altra dura tappa, che a differenza di quella di ieri, perlomeno inizia nel bosco con dei saliscendi, permettendoti di riscaldarti senza dannarti le gambe. Il primo forte strappo conduce all’Alto de Montouto, arrivandovi assieme ai due “Canarios” che mi hanno seguito a ruota, sostando ai resti all’ex Hospital de peregrinos de Montouto, uno dei luoghi mitici di questo Camino del Norte. Le rovine sono ora in fase di avanzato restauro, con la antica Ermita già terminata, come buona parte della pavimentazione e fondamenta in pietra dell’hospital. La guida dice che fu fondato nel 1357 dal Re PedroI° “el Cruel”, per dare ospitalità ai viandanti e pellegrini in questo tratto estremamente solitario e periglioso; quasi un paradosso, visto il nomignolo affibiato al Re..! Brividi di emozione mi corrono lungo la schiena, mentre mi aggiro tra questi antichi resti, pensando quanta gioia provavano quegli antichi pellegrini, sapendo che da qui in avanti, vi sarebbe stata solo discesa verso la tanto agognata meta..! Una bella pista forestale, dapprima di tagliafuoco, poi sentiero che si restringe tra pruni e felci terminante sulla carretera, mi porta nella aldea di Paradevella, trovandovi ben due bar aperti! Altra sosta per chiacchierare con l’accogliente dueño in attesa di una tazza di caffelatte, poi avute indicazioni di prendere il ripido sentiero che poco più avanti lascia la carretera, riparto apprezzando il caldo sole che mitiga la brezza di questo “Puerto” (passo). Il sentiero, a volte fangoso essendo pista di passo dei bovini, attraversa un ruscelletto discendendo dopo 500m alla carretera, dove scorgo il “mojon” dall’altro lato, giusto all’imboccatura di un sentiero in leggera discesa che mi conduce tra altissime felci ed erba non falciata, alle poche case di Degolada, incontrando un anziano Señor che passeggia nell’ombra delle piante fiancheggianti la pista. Già da lontano mi saluta per primo comprendendo così che vorrebbe chiacchierare un poco ( visto che da queste parti non ci capita nessuno se non il pellegrino…); ci sediamo su un paio di grossi ceppi, poi, dopo le consuete domande di rito al pellegrino, gli racconto che il sentiero dal quale sono disceso, è quasi impossibile da transitare, ponendo molta cura a scansare pietre, rami, erba e felci, chiedendo come mai non lo tengono pulito. Con un sorriso mesto, mi dice che questo sentiero non è il vero “Camino Real”, poiché il vero ed antico “Camino Real”, è quello sotterrato dall’asfalto della attuale Carretera C-630, come sempre detto dai suoi nonni! Una decina di anni addietro, qui era venuta un gruppo del Concejo di Fonsagrada, cercando un sentiero che evitasse la carretera, trovandolo ancora più in basso di questo, poi circa quattro anni fa, decisero che era questo il sentiero adatto, inaugurandolo con “fiestas y fuegos pirotécnicos”, e che la parte più “desgraciada y desagradable”, comincia più avanti! Riprendendo ognuno il suo cammino, lo saluto, ringraziandolo con una calorosa stretta di mano, pensando alle sue parole; se già questo sentiero sarebbe da sconsiderati percorrerlo in caso di pioggia, come sarà mai la parte ancora più disgraziata che sarebbe davanti a me? In capo ad un Km di boscosi saliscendi, passando accanto ad una piccola Iglesia, raggiungo l’aldea di Couto, dove la freccia mi indirizza a destra in ripida salita. Aveva assolutamente ragione l’anziano Señor! Il sentiero, o per meglio dire, il profondo incavo, sale stretto e ripidissimo nel fianco del monte, dal fondo ingombro di piccole e grosse pietre messe a nudo dal ruscellamento della pioggia che ha scavato e portato via la terra appiccicosa. Dopo circa 500 metri di questo sentiero assurdo e scellerato, raggiungo la carretera pensando che se oggi fosse stato un giorno di intensa pioggia, ne sarei uscito (con fortuna), con il fango fino al sedere, tirando improperi verso quegli sconsiderati di Fonsagrada! La doverosa sosta per asciugarmi e riposarmi un attimo, serve anche a vedere che i “Canarios”( i due pellegrini delle Canarie), stanno arrivando camminando sulla carretera, essendo stati avvertiti, nell’altro bar di Paradevella, di non prendere quel sentiero orribile. In breve raggiungo Lastra, lasciando poi padre e figlio al bar “Casa Miranda” per un’altra cerveza, incamminandomi in forte ma corta salita, in una splendida pista forestale tra i pini, raggiungendo ancora la carretera all’Alto de Fontaneira. Da qui comincia la lunga discesa sempre per carretera, dominante la valle fino ad entrare in Cádavo Baleira, vedendola solo all’ultimo momento. L’Albergue, accanto alle prime case della moderna cittadina, è uno dei più belli del Camino, ed il Señor Leandro, che ne cura la gestione, risponde subito alla mia telefonata arrivando in un attimo a bordo di una scassata Renault R4. Cordialissimo ed alla mano mi mostra l’Albergue con evidente orgoglio, e ne ha ben donde; più che un rifugio per pellegrini, è un Hotel a quattro stelle, e la sola cosa che al momento manca, è il lavabos per il bucato, in fase di installazione (ci sono già i muratori all’opera). Vi è un questionario da riempire, poi ritorna a casa per il pranzo essendo le 13,30, assicurandomi che tornerà più tardi quando saranno giunti tutti gli altri per timbrare le Credenziali. Vedendo, o meglio ascoltando i pellegrini che giungono alla spicciolata, capisco subito chi ha sostato in un bar o l’altro di Paradevella, e di conseguenza preso o meno il terribile sentiero di Couto, sottoponendoci con serena condiscendenza agli sfottò di coloro che hanno seguito la carretera. Cádavo non ha molto da offrire al pellegrino oltre al suo bellissimo Albergue; anche la Iglesia è moderna, come la Plaza. Dopo la spesa nel locale supermercato, il sole sfolgorante sconsiglia di aggirarsi per le strade, restando così a chiacchierare nel salone dell’albergue, venendo raggiunti da altri quattro pellegrini bikers, mentre una giovane coppia di pellegrini di Granada, automuniti, installa la tenda in una area del prato antistante l’Albergue. Alle 17 giunge anche tutto il gruppo dei ragazzi estremamente affaticati (anche loro hanno preso il vituperato sentiero), ricevendo con larghi sorrisi i nostri battimani per l’abnegazione e la volontà dimostrata nel raggiungere il termine della tappa, senza usufruire della vettura, nonostante parecchi di loro abbiano le piante dei piedi malridotte. Loro alloggeranno al Polideportivo poco fuori la cittadina, così, dopo aver sviluppato, con Teresa e Lionel, una idea sul loro percorso finale da Lugo fino a Santiago, passando per Sobrado dos Monxes, li raggiungiamo per saperne di più. Dopo Lugo, il Camino Oficial, porta a San Roman de Redorta, e la tappa dopo a Melide, dove si congiunge con il Camino Francés per le tappe di Arzúa, Arca-O-Pino, e poi finalmente Santiago de Compostella. Volendo confluire il più tardi possibile nel Camino Francés (che sappiamo estremamente affollato), dovremmo prendere una variante che confluirebbe in Santa Irene (poco prima di Arca), per l’ultima tappa di 25 Km a Santiago. Così ci accordiamo per risentirci a Lugo, nel grande Albergue, dove potremmo avere delle cartine con il tracciato ed i luoghi di tappa, approfittando della gradita vicinanza per rinsaldare ancor più i sentimenti di amicizia nati sul Camino. A sera, un Restaurante “barato” (economico), ci vede ancora tutti riuniti per un’ultima festosa tavolata, poiché a Lugo, qualche amico ci lascerà per raggiungere direttamente Santiago, il giorno della sua grande festa; il 25 di Luglio…
Sabato 23-07-05. 59ª Tappa. Cádavo Baleira -– Lugo. Km 31. Albergue de peregrinos. Rúa das Nórias 1 Tel. José Antonio : 660 27 89 26.
Un mattino neghittoso e freddo dà il secondo buongiorno Galiziano ai primi pellegrini che si affacendano in cucina per la colazione; contando di fermarmi in Castroverde, un grosso pueblo a circa 8 Km, parto subito alle 07 avvolto dalla fredda caligine in direzione di Pradera, dapprima in discesa, poi in discreta salita, che mi riscalda convenientemente, raggiungendo l’Alto de Vaqueriza. Tra gli abeti, il sentiero corre parallelo alle carretera, a volte stretto e ricoperto da un tappeto di aghi, oppure in una comoda e larga pista forestale, nel totale silenzio di un mattiniero sabato, dedicato (dagli automobilisti) a qualche gradita ora di sonno in più. Come spiega la guida, al termine di una pista sbuco in una area pic-nic, ombreggiata da grossi roveri, alla Ermita di Nuestra Señora del Carmen; sceso poi alle prime case di Villabade, raggiungo la Iglesia di Santa Maria de Villabade, che la leggenda dice essere stata costruita nel XV° secolo, sui resti di un monastero fondato da San Francesco d’Assisi nel 1207. Lungo la carretera, entro in Castroverde per trovare un bar, girando nella piazza dell’Ayuntamiento ingombra di giostre e tiro a segno, senza trovarne alcuno aperto con mia grande delusione. La semplice Iglesia, dedicata a Santiago, peraltro chiusa, si trova assediata dai furgoni dei giostrai, così come il palazzo dell’Ayuntamiento, mentre la Torre del Castillo di Altamira, è ancora offuscata dalla nebbiolina che si ostina a tenermi compagnia. Sperando che il digiuno non duri fino aLugo, riprendo la marcia seguendo la carretera, ed in prossimità di un tunnel sotto la Lugo-530, un “mojon”, mi invita a sinistra tra fattorie e praterie frequentate da pecore e bovini, in un bel sentiero incanalato da muretti a secco e filo spinato. Ben presto, incontro un avvallamento del sentiero che, correndo accanto ad un limpidissimo torrente, è un’autentico percorso di guerra con fango sudicio e nero, acqua e piccole pietre che non permettono di posare i piedi sopra, pena il ribaltamento dell’incauto pellegrino. Mi pento di non avere con me due grandi sacchetti in plastica per infilarvi dentro le gambe e passare indenne il guado (li avevo buttati giorni prima..), cercando un modo per ovviare. Il filo spinato ed il muretto a secco (instabile), che delimita un prato semiallagato, sono impossibili da passare, temendo di dover ritornare indietro alla carretera dovendola poi seguire per circa 15 Km! 100 metri a ritroso, mi portano ad uno squarcio nel muretto a secco, permettendomi di entrare nel prato semiallagato e avanzare lentamente su dei grossi ciuffi di dura erba tastando con il bastone i punti più solidi e meno profondi nell’acqua, perlomeno pulita, del prato alluvionato. 250 metri da cauto tastatore-sminatore, mi consentono di arrivare ad un’altra breccia nel muretto, all’altro capo del sentiero, ora decente, con i piedi galleggianti nelle scarpe, accompagnandomi poi con un comico ciac-ciac ad ogni passo. Non è malvagio riprendere il cammino così dopo questa allegra parentesi (che tra l’altro ritroveranno anche gli altri amici), ringraziando il cielo quando incontro altri tratti, fangosi, ma percorribili. Va detto che finora ho avuto una fortuna sfacciata, o meglio, è stato San Martino, che non potendo darmi metà del suo mantello (avendo io l’occorrente), non mi ha mai fatto mancare il sole nei tratti dove il fango lo avrebbero reso impossibile…Nel piccolo pueblito di Souto de Torres, trovo una piccola Ermita ed un primo classico “Crucero” con una bellissima scultura di Santiago, proseguendo poi su piccole piste ben guidato dai “mojones” con la conchiglia. Entro in Vilar de Casa, poi in Gondar, alla piccola Iglesia de Santa Maria, camminando su quello che da tempo immemorabile viene chiamato “El Camino Real”, verso Carballido e As Casas da Viña. Come vedo, il Camino, qui in terra di Galizia non è più solitario, conducendomi ad attraversare sempre piccole aldeas, nate ai suoi bordi nel corso dei secoli; il passaggio del pellegrino, è anche alleviato da numerose “fuentes” di buona acqua, spesso recanti simboli o conchiglie, e da una panca in pietra o in legno dove sostare e intrattenersi con gli anziani, i più contenti di scambiare qualche chiacchiera e dare informazioni al pellegrino…In un tratto di largo sentiero tra ombrosi abeti, vengo sorpassato da un gruppetto di ciclisti pellegrini infangati fino all’osso, che, allegrissimi, mi lanciano sonori «Aupa, Aupa peregrino!! Falta poco!!» (Coraggio, forza, manca poco!); domani sicuramente saranno in Santiago visto che corrono a rotta di collo! Accompagnato dal sole appena spuntato dalla grigia nuvolaglia, entro ed esco, in un dedalo di piste, sentieri e tratti in asfalto, da boschi e praterie verdissime punteggiate da case e horreos. Raggiunta ed attraversata Casas da Viña, una lunga e riposante discesa conduce a superare il ponte della Autovía nei pressi di Lugo, in una vasta zona pianeggiante di cespugli e sabbia, dove il Camino, restando alla larga dalla grande periferia industriale, guida il pellegrino verso la antichissima “Lucus Augusti”, edificata su un alto colle. Superato il Río Chanca su un antico puente, una viuzza in salita e poi delle faticose “escaleras”, mi fanno salire (tartarugamente..) fino ad arrivare davanti alla superba Muraglia Romana, che tuttora racchiude la antica Lucus Augusti. Resto a bocca aperta (lasciando scattare cinque volte il semaforo..) davanti ad un simile spettacolo; anche se è raffigurata sulla guida, è estremamente impressionante, e come la vedo io, la vedevano i pellegrini che si recavano a San Martin di Tours nei secoli andati, poiché essa risale al III° secolo. Mi schiodo dal marciapiedi per passare sotto l’arco della Puerta de San Pedro (da qui ora entrano i pellegrini Compostellani, mentre ai tempi, ne uscivano i pellegrini di San Martino), trovando a poche decine di metri, l’accogliente Albergue tenuto da José, hospitalero nativo di Santiago, di inarrivabile cortesia e disponibilità. Dopo le formalità di rito (tra l’altro conosce bene San Nicolás de Puente Fitero), mi mostra l’albergue e le zone dei servizi, dicendomi di tornare da lui, dopo essermi sistemato, per avere le cartine e tutte le delucidazioni per il cammino alternativo fino a Santa Irene. Juan e Dante, padre e figlio (los Canarios), pranzano con me al Mesón Manger, poco fuori la Puerta de Santiago, incaricandomi di salutare tutti gli altri, poiché, avendo trovato due posti su un aereo diretto a Las Palmas per il giorno 27, più tardi prenderanno il treno diretti a Santiago. José, è di parola, fornendomi le cartine e le spiegazioni per il Camino a venire, poi esco di nuovo (mentre tutti gli altri amici, compreso il gruppo parrocchiale di Madrid, prendono posto nell’albergue), per il tour turistico, l’acquisto di carte telefoniche e la S. Messa nella Cattedrale alle 20. Anche se camminare senza lo zaino è molto più umano, la stanchezza si fa sentire, e forse avrei dovuto fare come i pellegrini di secoli fa che, quando giungevano in una città così bella, ci si intrattenevano per più giorni per poterla visitare, ma non si può avere tutto, così, perdendo parecchio tempo per trovare “Estancos”(tabaccherie) aperte, dove comprare le carte telefoniche, vengo a sapere che il sabato pomeriggio essi sono tutti chiusi, compreso quello della stazione ferroviaria! Nella grande Plaza Mayor antistante L’Ayuntamiento e la Oficina de Turismo, ritrovo Manolo e Antonio seduti ai tavolini di un affollato bar, intenti a degustare una cerveza frammisti ai numerosissimi turisti, dando loro una doverosa mano per aumentare il numero di bicchieri vuoti. Illuminata dal sole e di fronte alla Puerta di Santiago, si erge la Romanica Cattedrale di Santa Maria risalente al XII° secolo; essa sarebbe costruita sui resti di una anteriore, ed ha visto migliaia di pellegrini pregare davanti al Santissimo Sacramento qui sempre esposto, grazie ad un privilegio, fin dal XII° secolo, ed alla Capilla che ospita la Virgen de los Ojos Grandes. Dopo uno sfarzoso matrimonio, alle 20 assisto alla S. Messa concelebrata anche qui in lingua Castellana e Gallega da due sacerdoti, ritornando, assieme a tutti gli altri pellegrini “Globali”, al Mesón Manger per la “ultima” cena che ci vede tutti riuniti, poiché domani Antonio ci lascerà poco dopo il ponte sul Rio Miño, per prendere il cammino verso San Román de Redorta (Camino Oficial della guida), mentre Peter e Frida saliranno sul treno per Santiago, assottigliando così il drappello di pellegrini che si avvieranno sulla variante di Sobrado dos Monxes, verso la sempre più vicina ed agognata Santiago de Compostela…
Domenica 24-07-05. 60ª Tappa. Lugo – Friol. Km 26. Pensión “Casa Benigno”. Tel: 982 37 50 01. Plaza Mayor .
Ieri sera, poco prima di infilarsi nel sacco a pelo, Anne ha praticato un bel massaggio ai piedi di Thomas (ripresosi del tutto dal malanno che lo aveva colpito giorni addietro, avendo ora solo delle “normali” dolenzie alle piante dei piedi), spargendo un gradevolissimo profumo di mentolo per tutto l’albergue, tanto che l’abbiamo fraternamente preso in giro, per la sua “personale” infermiera…Un altro mattino caliginoso fa il paio con quello di ieri, mentre con Antonio e Manolo discendo verso la Calle de los Vinos attraversando la Plaza Mayor per raggiungere la Cattedrale e passare sotto la Puerta de Santiago, cosi detta, poiché una formella soprastante il Portone Romano, ospita una statua equestre di Santiago Matamoros. Seguendo la Calle de Santiago in forte discesa, raggiungiamo la calzada del Puente e l’antico Puente medioevale restaurato che scavalca il Rio Miño; costeggiandolo a destra lungo il Barrio da Ponte passiamo accanto alla Ermita de San Lázaro (lo stesso tratto, ora asfaltato, che costituiva l’antica Calzada Romana), fino a raggiungere ad una stretta curva verso destra, la biforcazione segnalata dei due Cammini. Salutiamo Antonio con un sentito abbraccio, ed un arrivederci a Sevilla lungo qualche tappa della Via de La Plata, riprendendo il nostro differente cammino che va in salita su una piccola carreterita segnalata da frecce gialle. Il tempo, come detto, non è bello e ben presto la bruma si trasforma in leggera pioggerella obbligandomi a coprirmi o come Manolo, ad aprire l’ombrello quando il vento smette di soffiare. Non vi è nessuno su questa carreterita, neanche i cani abbaiano quando passiamo accanto alle poche case, quasi che la domenica sia un giorno di riposo anche per loro, solitamente torvi e ringhianti. Attraversiamo le piccole e deserte aldeas di Orzabal, Veral e Vilacha, diretti al pueblo di Boveda, per visitare un Museo tardoromano, stando attenti a non perdere le frecce gialle ai numerosi incroci. Entriamo in Boveda trattenendoci a leggere il grande pannello esplicativo del sito, vedendo che l’apertura festiva ha inizio alle ore 11, troppo tardi per noi, ed ad una signora che si affaccia al terrazzino di casa attirata dal nostro borbottio, chiediamo inutilmente, se non sia lei la custode per poter dare almeno una sbirciatina al sito. Il percorso interamente su asfalto, ci porta a camminare accanto alle prime estese coltivazioni di piante di eucalipto, in zone di rimboschimento con le pianticelle dal bellissimo color verde argenteo, accanto ai giganti, perfettamente diritti, svettanti contro il cielo. Zona di pascolo e di bosco intensivo, alternati a pendici arbustive, scopre ad ogni curva o collinetta, paesaggi nuovi ed angoli suggestivi senza che la mano dell’uomo traspaia, e solamente quando si arriva agli incroci o nelle aldeas, comprendiamo che siamo nel Camino, vedendo i cruceros o i riferimenti al Camino Real. Come ieri, la pioggerellina smette, lasciando il vento a spazzare via le nuvole permettendo che il sole, comunque pigro, riscaldi i pellegrini quando siamo nei pressi di Guimarei, dandoci licenza di sostare alla sua Iglesia Rinascimentale per il parco pranzo, dato che, come spiegatoci da José, su questo tratto vi è la totale assenza di bar, con grande scoramento di Manolo! In località Pardellas, a circa 5 Km da Friol, prestiamo fede ad una indicazione (sbagliata) di una signora, che ci fa camminare 1Km in più, entrando nelle sue prime case alle 13,30. La cittadina, abbastanza grande, è un crocevia di Carreteras dirette ai quattro punti cardinali, ed il traffico di vetture notevole, anche se sarebbe l’orario di pranzo per gli spagnoli…La Pensión Casa Benigno è proprio nella grande Plaza Mayor bordata da alberi e panchine, e cosa ottima per il pellegrino (anche se oggi è domenica e sono le 14), vi è ancora una “Tienda” (negozio) di alimentari aperta, potendo acquistare le provviste per l’indomani. Vi sono numerose camere libere, cosa buona anche per gli altri amici che arriveranno più tardi, sistemandoci per bene in una di queste, poi scendiamo al bar per assistere alla gara di Formula1 trasmessa per televisione. Classica tappa di avvicinamento a Santiago, non vi è nulla di rimarchevole in questa cittadina, anche la Iglesia, moderna, è chiusa, cosi passeggiamo in lungo ed in largo, cercando il Polideportivo, posto nell’immediata periferia, dove si sistemeranno i ragazzi, trovandovi già depositati, gli utensili da cucina e le provviste per pranzo e cena di tutti loro. Teresa e Lionel sono i primi a giungere, seguiti poco dopo da Anne e Thomas, mentre le due ragazze Portoricane giungono molto tardi, poco prima dell’ora di cena. Non avendo notate le frecce gialle, a volte stinte e sbiadite poste ai crocicchi, si sono perse alcune volte. Facciamo del nostro meglio per rincuorarle restando con loro a chiacchierare, convincendole a partire non troppo tardi al mattino, per poter ovviare con più tempo a disposizione, a queste probabili situazioni. Il passeggio serale, vede il restante drappello di pellegrini fare visita ai ragazzi alloggiati al Polideportivo, già alle prese con la colorata e lunga distesa di materassini che li protegge dal pavimento, notando con piacere che l’allegria coinvolgente non manca, cosa che durante un faticoso pellegrinaggio, è sinonimo di grande serenità e senso di appartenenza al gruppo. A volte, sono proprio questi giovani virgulti che rivelano agli adulti il vero senso del pellegrinaggio…
Lunedì 25-07-05. 61ª Tappa. Friol – Sobrado dos Monxes. Km 26. Monasterio Cisterciense de Sobrado dos Monxes. Tel : 981 78 75 09. Tel. Hospedero : 650 24 69 58
Dormito poco questa notte; probabilmente qui a Friol hanno voluto festeggiare Santiago con musica ad alto volume fino alle alle 04, o forse erano ritornati tutti i genitori dei Cresimandi del primo pomeriggio. Manolo decide di poltrire ancora per un poco, così riprendo il cammino alle 07 lungo la Carretera Lu-934 decidendo di seguirla completamente, usando le indicazioni della cartina di José, solo per il tratto in uscita da Friol. Uscendo dalla cittadina, costeggio il bel “Paseo”, al bordo del Rio, luccicante tra gli alberelli del luogo, provvisto di giochi ed aree di pic-nic dotate di numerose panchine,. Non vi sono frecce gialle lungo il percorso, e percepisco la necessità di porre la massima attenzione ai bivi usando la bussola, sempre fedele compagna, ringraziando San Giacomo (oggi è la sua festa…), per il bellissimo giorno di sole che si preannuncia. La carretera è pochissimo frequentata e le rade vetture non pongono alcun problema, permettendomi di arrivare velocemente al bivio con la piccola carreterita che porta al pueblo di Xia, convincendomi a proseguire sulla sicura Lu-934 tra boschi e pascoli brumosi. Nei pressi del bivio che a sinistra porta a Laxe, una decisa salita mi conduce in cima al monte, all’Alto de Mouto, con una stupenda vista dei monti che danno asilo ad argentei aerogeneratori, ed a valli boscose a perdita d’occhio. Quando arrivo a Marco de Pias, ho consumato gli occhi per cercare eventuali frecce gialle che, probabilmente, sono sul percorso ufficiale più a Sud, tra le numerose aldeas e carreteritas; dico probabilmente, poiché ieri non è che ne ho viste a sufficienza, anzi…Gruppi di pellegrini ciclisti vanno come il vento in direzione di Sobrado (da dove prenderanno il bivio per Arca O Pino e quindi a Santiago), lanciandomi sonori saluti; giungeranno a Santiago nel pomeriggio inoltrato, per assistere alla grande festa nella Plaza de Obradoiro. Poco dopo l’aldea di Mesón, in località Codesoso, trovo finalmente un “mojon”, posto ad un bivio dove si innesta la variante del “Camino del Norte por la Costa”, provieniente da Nord, dal luogo di tappa di Baamonde (a 40 Km), o da Miraz (a 25 Km). Da qui in avanti, tratti di pista si alternano alla carretera, permettendomi di scorgere, ancora lontane sopra le punte degli alberi, le alte torri campanarie del Monastero. Poco prima di Sobrado, la carretera corre accanto ad un bellissimo lago frequentato da folaghe e anatre, sorvegliate da due guardie venatorie appostate sul pontile; entro nella cittadina su una pista ombrosa e umida che porta direttamente alle spalle del Monastero ed a scendere nella piazza antistante il portone di entrata. Vedendo che vi sono già numerosi gruppi di pellegrini nel vasto piazzale, entro nell’ampio porticato del chiostro, chiedendo a dei ragazzi se vi sia posto al dormitorio; ricevendo risposta positiva, mi conducono alla porticina dove i monaci accolgono i pellegrini. Fossi arrivato prima, avrei potuto assistere alla S. Messa celebrata ora dai monaci, ma sono arrivato troppo tardi, e devo attendere il Padre Hospedero, dando una sbirciatina alla grande costruzione dell’imponente Monastero dedicato a Santa Maria. Esso risale al X° secolo con il nome di San Salvador, ed alla fine del XI° si trova già abbandonato, venendo riaperto circa 50 anni dopo da monaci cistercensi inviati da Clairvaux (Francia), da San Bernardo, periodo che dura fino alla fine del XIII° sec. Decadenze e nuovi sviluppi, ritmano i suoi lunghi anni, fino a quando il Cardinal Quiroga, Arcivescovo di Santiago de Compostela, nel 1954 affida l’opera di ricostruzione ai monaci cistercensi della Abbazia di Viaceli di Cóbreces, inaugurando la nuova vita monastica cistercense di Sobrado, il 25 di luglio 1966, festa di San Giacomo. Sono passati 40 anni da allora, e le vecchissime pietre annerite dall’umidità e dai licheni, le vedo costrette a cedere spazio persino a cespugli che si incuneano tra di esse, scardinandole e corrodendole. Anche l’ampio chiostro, è invaso dall’erba, mentre la grande Navata della Iglesia, la trovo estremamente spoglia; solo il Chiostro detto dei “Modiglioni”, è molto più ben tenuto, ospitante una Cappella dove, al momento, vi è un gruppo di persone in preghiera, sperando in cuor mio, che elevino suppliche e preghiere anche a chi tiene la borsa del “Dinero” alle Belle Arti della Galizia…Il giovane Padre Hospedero, mi registra come unico italiano da un bel po’ di tempo a questa parte, accompagnandomi al dormitorio, in cucina, ed alla zona dei servizi; mi informa che alle 22 di sera, il Monastero chiude improrogabilmente il portone (e chi c’è, c’è..), mentre per la Santa Messa, bisognerà attendere che qualche sacerdote la celebri. L’ampio dormitorio (dai buoni letti), ha il piano superiore occupato da un numeroso gruppo, anch’esso dotato di un grosso furgone di appoggio, mentre vi sono parecchi posti liberi al piano terra. A differenza di ieri, il tempo sta cambiando in peggio, affrettandomi a stendere il bucato in un posticino riparato ma esposto al vento, simile alle bandiere di preghiere tibetane, per la grande esposizione di ogni genere di vestiario pellegrinesco… Manolo, Teresa e Lionel giungono più tardi, così come Anne e Thomas, trovando comunque posto in questo “vero rifugio” del Camino. I ragazzi della parrocchia di Madrid, per una serie di equivoci telefonici, non hanno potuto avere spazio nel Monastero, dovendo alloggiare nel Polideportivo a 500 metri da qui, costretti a dormire ancora sul duro pavimento assieme ad un altro folto gruppo giunto da Miraz. Il Cura Jesus, mi dice che celebrerà la S. Messa alle 18,30 nella Capilla, e di passare parola agli altri amigos, cosa che mi fa piacere, essendo oggi la festa del Santo verso la cui Tomba siamo tutti diretti, sia pure spinti dalle differenti motivazioni che, giorno dopo giorno, si evidenziano. La partecipata celebrazione alla S. Messa, dà il suggello ad un giorno speciale per il pellegrino Compostellano, ed anche se non c’è il “Botafumeiro” che oscilla sopra le nostre teste, quando usciamo siamo come un’unica comunità, tanto è l’afflato che ci unisce a questo gruppo parrocchiale, ed i saluti con tutti loro, li sentiamo come e più che tra fratelli costretti a lasciarsi, poiché questo può essere l’ultimo saluto tra tutti noi, visto che loro domani si fermeranno in Oines, una piccola aldea dove il parroco ha messo a loro disposizione un grande locale, mentre il nostro piccolo gruppetto raggiungerà in ordine sparso il rifugio di Santa Irene, a soli 25 Km da Santiago, per l’ultimo balzo finale del giorno 27, contando, se Dio vorrà, di ritrovarci nella Plaza de Obradoiro per partecipare, tutti assieme, alla S. Messa del Pellegrino… Ultreya..Ultreya…
Martedì 26-07-05. 62ª Tappa. Sobrado dos Monxes – Santa Irene. Km 34. Refugio de Peregrinos. Xunta de Galicia.
Ieri sera, il nostro piccolo gruppetto ha quasi saltato la cena, poiché tra la S. Messa ed i saluti, avevamo tirato le 21,30, dimenticando che il Monastero chiudeva improrogabilmente il portone alle 22, affrettandoci in un bar della cittadina per acquistare almeno dei boccadillos, sotto l’occhio indulgente del Padre Guardiano…Notte tranquilla nel rifugio al completo, ed alle 07, avvertendo Manolo che mi seguirà più tardi, prendo il cammino sulla carretera, verso l’edificio del Correo (Posta), seguendo un segnale insulso che, portandomi a contornare il Polideportivo (già illuminato), mi riaccompagna alla carretera C-232 lasciata poco prima. Non vedo più segnali ai suoi bordi, finchè giunto ad un ulteriore bivio, chiedo informazioni ad un automobilista di passaggio venendo rassicurato. Il giorno che si preannuncia, è sul nuvoloso-stabile, oscurato ancor più dai profondi boschi di querce ed altissimi eucalipti che la carretera fende.Un gradito cartello dice che entro in Castro sul giusto cammino, prendendo al suo termine una pista lastricata ed una piccola carreterita verso Badelos. Ne esco su un sentiero anticipatore della carretera C-232, arrivando all’importante e trafficato incrocio di Corredoiras, dove ho la sorpresa di trovare ben due bar aperti per la gioia del pellegrino. Una timida ragazza mi serve il necessario cafè con leche, preparandomi anche due bocadillos per il pranzo, dandomi poi dei ragguagli sul percorso verso Boimorto, località dove la maggior parte dei pellegrini prende la direzione di Arzúa. In capo ad un paio di Km, raggiungo Boimorto, un esteso pueblo, attraversandolo lungo il centro diretto al barrio di Gandara, dove la carretera forma un bivio. Una grossa freccia gialla indica a sinistra la via per Arzúa, mentre l’altra che sale a destra non ha alcuna indicazione, lasciandomi perplesso sulla direzione da prendere. Mi avvicino a dei giardinieri intenti a sistemare le aiuole, chiedendo loro le informazioni; cortesissimi, mollano subito le zappette sommergendomi di notizie riguardanti Gandara, indicandomi un edificio che sarebbe l’Albergue de peregrinos (del quale José non ci aveva informati), e le varie Tiendas e bar dove forniscono il pranzo. “Por fin”, mi assicurano che la carreterita di destra, è quella che sto cercando, e di proseguire sempre diritto senza prenderne altre che vanno a destra o a sinistra, anche quando incontrerò l’indicazione per O Xen ed Arca O Pino, poiché si innesterebbero sul Camino Francés circa 4 Km prima di Santa Irene. Li ringrazio ripartendo molto rinfrancato e contento, quando mai avrei potuto trovare migliori indicazioni..? Dopo una discreta salita, la carretera si restringe serrata tra gli altissimi e profumati eucalipti, arrivando dopo una ora e mezzo di solitario cammino, all’inizio di una lunga discesa con spettacolari ondulazioni della rettilinea carretera, fendente i boschi di eucalipto e le alte felci che rivestono il sottobosco, simili a una coltre verde. La Ermita de La Mota mi accoglie incastonata in un vasta radura di grosse querce; provvista anche di una piccola fuente risorgiva che sgorga tra gli alberi ad una decina di metri dal grande porticato, provvidenziale riparo per più di un pellegrino. Di forma semplice ed allungata, ha due silenti campanelle appese all’alto campanile a vela che orna la sobria facciata; una vera oasi di pace per i pellegrini con tenda al seguito…Riprendo a macinare Kilometri raggiungendo il crocevia di Orxal, scorgendo su un muretto una freccia che indica il cammino a sinistra su una più larga carretera; lo seguo per circa 500m, poi un’altra freccia mi manda a destra su una piccola carreterita indicante Oines. É con evidente sollievo che rivedo le indicazioni, e quando non ci sono, il pellegrino ha sempre l’ansia latente di aver tralasciato un qualunque tipo di segnale per la retta via… Manolo mi raggiunge poco prima di arrivare in Oines, dove i ragazzi del gruppo si fermeranno oggi, ma a ben guardare, non ci sembra ci sia tanto spazio in quella ex casa parrocchiale…Un’altra bella discesa ci nasconde l’impressionante e lunga salita che vi è subito dopo; sembra non abbia mai termine, giungendo al culmine con la lingua penzoloni, ma è l’ultimo sacrificio che il Camino del Norte ci chiede…Poco dopo entriamo in Brea, vedendo folti gruppi di pellegrini che, attraversando la Carretera, si incamminano sul sentiero!! Alzando le braccia al cielo, come due ragazzini al primo pellegrinaggio, ci scambiamo un forte abbraccio liberatorio, quasi fossimo già a Monte do Gozo sbirciando le guglie della Cattedrale. Una esplosione di contentezza a cui credo sia difficile per tutti sottrarsi, sapendo che “manca poco, sempre più poco..”. Da qui in avanti il cammino lo conosciamo benissimo, ed il rivedere luoghi e sentieri conosciuti, riporta alla memoria altri anni, altri amici ed altre situazioni! Ormai non seguiamo più i “mojones”, ci basta seguire il torrente di vivacità ed il cicaleccio dei pellegrini che ci precedono, arrivando finalmente al rifugio di Santa Irene alle 13,30. Paghi per aver trovato posto, conveniamo che abbiamo fatto una bella sgambata, necessaria per essere sempre più vicini a Santiago… Siamo nel Camino Francés, ed in capo ad un paio d’ore il rifugio è al completo, così come le nuvole sopra la testa che non potendone più, scaricano acqua per essere ridotte a brandelli subito dopo dal vento che riporta il sole a tratti, assistendo al divertente dentro-fuori dei pellegrini alloggiati nel rifugio. Mi ritrovo con una intera famigliola di italiani, genitori con due giovanissimi figli provenienti da Verona; mi raccontano della loro bellissima esperienza e della grande pazienza a cui il Camino li ha costretti, rimanendone appagati (a casa non sarebbe stato assolutamente così, mi confidano contenti), assicurandomi che ci ritorneranno prima o poi.. Un’altra signora abitante dalle parti di Alessandria, mi sommerge di domande sull’Hospital di San Nicolás, dove è stata accolta molto bene, ed in cui vorrebbe fare l’hospitalera per ripagare adeguatamente le sensazioni che vi ha vissuto. Quante cose che il Camino trasmette a tutte queste differenti persone, ognuna di esse ha avuto il suo dono, volendone farne partecipe coloro i quali sono disposti ad ascoltarle…Manolo, contento come una pasqua, è sopraffatto dall’allegria siedendo alla scrivania della hospitalera (tanto non vi è più posto nel rifugio), gigioneggiando da par suo. Catalano purosangue, intrattiene una coorte di bikers ed altri pellegrini spagnoli con divertenti siparietti contagiosi; mai l’ho visto così allegro e gioioso, forse anche per lui, malinconico pellegrino di tante strade, Santiago ha portato un dono…
Mercoledì 27-07-05. 63ª Tappa. Santa Irene – Santiago de Compostela. Km 25. Seminario Menor. Convento de Belvis. Tel : 981 58 92 00.
Teresa, Lionel, Anne e Thomas, e le due ragazze di Portorico, arrivati nel tardo pomeriggio, avevano trovato posto per dormire su dei buoni materassi posti nel saloncino, poco prima che anch’essi venissero esauriti, felicitandosi per la scelta di scendere al Camino Francés all’ultimo giorno. Come temevamo, al mattino la sveglia di tutti i pellegrini è attorno alle 05, ed alle 06 tutto il rifugio è completamente vuoto! Per noi pellegrini del Camino del Norte, abituati a partire tardi (il più mattiniero, partendo alle 07, sono io), la cosa è divertente; sembrerebbe un esodo, se non ci fosse quella attesa febbrile colma di emozione che sottolinea momenti importanti della vita…Con gli altri amici ci eravamo accordati di rivederci alla Plaza de Obradoiro, o nei suoi pressi, e comunque alla Santa Messa del Pellegrino di domani 28 luglio. Con Manolo, riprendo il cammino per l’ultima tappa, sotto il cielo buio ed imbronciato minacciante pioggia, avviandoci sulla carretera verso Arca O Pino di buon passo, vedendo gruppetti di pellegrini provenienti dal sentiero. Nei pressi di Amenal mi trovo a camminare con una signora di Trieste con accanto il figlioletto di circa 9 anni, contenti di essere agli ultimi Kilometri di un desiderio avverato per entrambi, e come per incanto, o per darci un toccante e spettacolare «Benvenuti a Santiago!», nel cielo appare uno splendido arcobaleno a tutto sesto, sovrastandoci nel grigiore del mattino. Superbo ed ammaliante, domina la scena, con tutti i pellegrini strabiliati che lo mitragliano di flash fino a farlo svanire, silenzioso e repentino come era apparso. Forse San Giacomo oggi ci vuole tralasciare, avendo avuto troppi impegni in questi giorni, o forse è la Galizia che vuole imporre il suo clima, fatto stà che la pioggia inizia a cadere in maniera continua e forte mentre entriamo in Lavacolla, proprio il luogo dove gli antichi pellegrini si lavavano per bene prima di presentarsi nella Cattedrale al cospetto di San Giacomo. Costringendoci ad avvilupparci nelle mantelle ed a procedere con attenzione nei sentieri allagati, risaliamo lentamente i 7 Km che ci dividono da Monte do Gozo, incontrando in uno dei rari momenti di tregua dei piovaschi, due bikers pellegrini italiani provenienti da Trieste, e da Trapani, felici di poter concludere il Camino, ma delusi per le accoglienze nei rifugi, che hanno obbligo di accogliere per primi i pellegrini a piedi, poi i bikers, trovandosi costretti a cercare alloggio negli hostal, però mi assicurano, la prossima volta ci verranno a piedi, poiché la bici va troppo veloce e si riesce a vedere solo molta carretera…Il Monte do Gozo ci accoglie già deserto, con la città sotto la bruma, accodandoci ai folti gruppi di pellegrini che risalgono la periferia diretti alla Porta do Camino. Un tremendo piovasco ci flagella mentre camminiamo nella Rúa de San Pedro, allagandoci completamente, così, dando appuntamento a Manolo in Plaza de Obradoiro per il pomeriggio, mi dirigo immediatamente al Seminario Menor per cambiarmi e scendere poi alla Cattedrale per abbracciare il busto dell’Apostolo e visitarne la cripta. La doccia bollente mi rinfranca, ed alle 12,30 sono alla Oficina del Peregrino per timbrare la Credenziale ed avere la Compostella, documento che testimonia il compimento della mia “Peregrinatio Devotionis Causa”, alla casa dell’Apostolo Giacomo. Con grande sorpresa, vi incontro Paolo (Paolo Caucci Von Sauken, Rettore della Confraternita di San Jacopo di Compostella a cui appartengo), con Robert Plötz, (con Paolo, uno dei maggiori studiosi al mondo di Cammini e letteratura Compostellana), intrattenendomi a conversare circa questo Camino del Norte che inizia ad essere ogni anno sempre più frequentato. San Giacomo che mi ha annaffiato per bene, non mi ha lasciato del tutto, e questo incontro sorprendente e propizio è sicuramente opera sua…Nella Cattedrale abbraccio il busto dell’Apostolo Giacomo anche per l’Amico Rino, a due mesi dalla sua repentina scomparsa; a lui è dedicato questo pellegrinaggio, sapendo di averlo sempre avuto al mio fianco.. dall’altro lato del Cammino…In Cattedrale, attendo poi alle opere ed ai riti che tutti i pellegrini devono compiere quando raggiungono la meta del loro Cammino. Risorgendone più tardi, nella grande Plaza de Obradoiro incontro Teresa con Lionel e Manolo, scattandoci le doverose foto di rito, documenti che, a distanza di anni, riporteranno alla memoria istanti e situazioni vissute insieme straordinariamente, dandoci poi appuntamento per la Santa Messa di domani. Le prenotazioni sui treni per il viaggio di ritorno all’indomani, mi occupano parecchio tempo, ma la Provvidenza non mi lascia ancora, poiché alle 16, mentre sono in Plaza de las Platerias, incontro tutto il gruppo dei ragazzi di Madrid che arrivano nello stesso momento. Con grande commozione, abbracci e strette di mano per aver portato a termine brillantemente i rispettivi pellegrinaggi, mi invitano, presso il loro acquartieramento al Polideportivo del Convento de la Salle, per la cena comunitaria, invito che accetto con grande contentezza. Prima di rientrare di corsa al Seminario per recuperare la mantella (sotto la pioggia..), mi parcheggio in un ottimo bar per assaggiare “tapas y vinos”, e scrivere le numerose cartoline, due incombenze a cui nessun “vero” pellegrino deve sottrarsi, ed alle 21 sono con i ragazzi al Polideportivo de la Salle, portando due tipiche “Tartas de Santiago”, imprescindibili dolci di fine pellegrinaggio, mio piccolo contributo alla fiesta, cenando in semplicità, allegria e grande amicizia con questo stupendo gruppo di ragazzi ed educatori, dei quali porterò sempre con me il ricordo; un ulteriore splendido dono che San Giacomo e San Martino hanno tenuto in serbo solo per me…
Giovedì 28-07-05. Santiago de Compostela
Come in tutti i pellegrinaggi e per tutti i pellegrini, giunge l’inevitabile ed invisa ora del distacco da ciò che per giorni, settimane e mesi è stato una scelta di vita divenuta consueta, fatta propria ed accettata per raggiungere il fine o la meta, ed a cui si era dedicato ogni sforzo e sacrificio, con adattamenti fisici ed intellettuali e spirituali, che provocano, o provocheranno, trasformazioni, a volte sensibili ed immediate, altre volte più lontane nel tempo. Mitigata dall’inesprimibile percezione di essere entrati in un’altra fase della propria vita, si è consapevoli di aver compiuto forse più di un passo decisivo in qualche direzione più o meno prevista, certamente non calcolata; forse abbiamo trovato ciò che si cercava, o forse, “siamo stati trovati”, contenti per l’uno, od angustiati per il secondo, poiché essere stati “trovati”, presuppone che eravamo “persi”, ma, realtà oggettiva che provoca fremiti di turbamento, “persi” non certo fisicamente od intellettualmente… È con questi pensieri che prendo posto nella grande Cattedrale di Santiago per assistere alla Santa Messa del Pellegrino che ogni giorno è concelebrata per loro da molti sacerdoti; l’emozione e la commozione sono palpabili nell’aria e sui volti dei pellegrini che lentamente prendono posto nella grande navata. È il coronamento del pellegrinaggio compiuto, San Giacomo è stato onorato, ed a lui abbiamo affidato preghiere ed intercessioni per noi ed i nostri cari, da rivolgere a Colui al quale oggi ci uniremo nella comunione del pane e del vino. Vicino a me, sono gli amici tutti, il gruppo di ragazzi con Jesus, il Cura che concelebrerà la Santa Messa, ed uno di loro prenderà parte alle Letture. Come sempre è molto partecipata, e la cerimonia del “Botafumeiro”, il grande incensiere che viene magistralmente fatto oscillare nella navata laterale, pervade con dense volute di incenso gli odierni ed estasiati pellegrini, la stessa cerimonia che estasiava i pellegrini secoli fà. Vi è commozione e timidi applausi, quando il celebrante enumera la nazionalità dei pellegrini arrivati in mattinata e già registrati alla Oficina del Peregrino, poi alla Comunione, numerosissimi sacerdoti, scendono tra i fedeli per comunicarli. Dopo la Benedizione, al termine della Messa, vi è una sfilata di diversi gruppi musicali in costumi regionali che suonano, sfilando davanti all’altare, in onore di Santiago, aggiungendo un tocco di musica arcaica, qui in Galizia ben radicata, alla devozione dell’Apostolo Giacomo. Nella grande Plaza de Obradoiro, ci ritroviamo ancora tutti per l’ultima volta; emozionati, ma ben decisi a contenere le latenti lacrime, è un mare di abbracci che suggella queste amicizie sorte lungo il Camino, l’apoteosi finale che mitiga gli addii, con il più gioioso…
¡¡Ultreya e Suseya!!