Facciamo il Camino de Santiago
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Facciamo il Camino de Santiago.
774 km a Santiago Saint Jean Pied de Port 774 km | Roncisvalle 749 km | Zubiri 726 KM
Il Camino inizia nei Pirenei tra la nebbia, l’acqua e una pendenza infernale che sfida i pellegrini.
Un racconto di: SERGIO GARCÍA Domenica, 18 luglio 2021, 10:48
ll primo passo è sempre il più difficile da fare. E chi decide di iniziare il Cammino di Santiago a Saint Jean Pied de Port, sul lato nord dei Pirenei della Navarra, non ci mette molto a dimostrarlo. Migliaia di pellegrini di tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Germania, alla Cina o alla Svizzera, desiderosi di intraprendere questo “road movie” in stile spagnolo che affonda le sue radici nel Medioevo, scoprono camminate faticose, vesciche che richiedono la loro attenzione o umidità che non si asciuga mai del tutto. E la rigidità, che ha la facoltà di rivelarci muscoli che non sapevamo nemmeno esistessero.
La tela su cui si svolgerà questa avventura è stata disegnata più di mille anni fa e in tutto questo tempo il copione non è praticamente cambiato: le tappe che alternano boschi frondosi lasciano il posto ad autentiche terre aride dove il giallo dei campi di cereali avvolge sia cattedrali che umili eremi con la loro accecante luminosità, valli cullate dal silenzio e città vivaci allo stesso modo. Si scopre negli Albergues e nelle mense che, sebbene siamo noi i padroni dei nostri passi, essi seguono uno spartito dove non c’è spazio per la fretta, guidati da costellazioni di stelle e da una forza tellurica sempre orientata a ovest. Quest’anno è Xacobeo e i rigori della pandemia hanno trattenuto per mesi questa corrente che ora si riversa, incontenibile, con affluenti da tutta Europa e oltre.
Tutti arrivano fiduciosi delle loro forze fino a quando le prime rampe mettono tutti al loro posto. “Ma è tutto qui?” si sente mormorare tra un sussulto e l’altro nelle prime fasi della marcia. Chi aspettava una fase di transizione si accorge del suo errore non appena la nebbia lo avviluppa e il “sirimiri” o”ciribiri” (nebbiolina estremamente umida ..NDR), si mescola al sudore che copre braccia e fronti. Il corteo si dispone in maniera che quella che sembrava una catena solida disegna ora una dilatazione di ritardatari.
Un cartello ci informa che il “pendio” si chiama “Ruta Napoleón” e uno si chiede chi vorrebbe ancora invadere un paese dopo aver scalato questi ripidi pendii circondati da prati dove pascolano mandrie di pecore Manex dalla testa nera, mucche pirenaiche e bianche, e cavalli robusti, incuranti della pioggia che a volte scende copiosa. Ed è lì, quando il respiro comincia a mancare, che si forgiano le prime alleanze. Persone che hai visto vagare per Saint Jean il giorno prima, ma la cui biografia è a un passo dall’intrecciarsi con la tua.
Questo è il caso di Manuel e Mariano, due persone di Alicante che hanno lavorato a Zurigo per anni – uno come falegname, l’altro come cementista, e che, stufi della pandemia, hanno deciso di riprovarci. “Ho passato la mia vita a rimandare, ma è finita. Ora ho il tempo, il denaro e il desiderio. Andrò fino in fondo”, riassume Manuel, mentre maledice i 13 chili che ha portato nello zaino. O Blake, un seminarista dell’Oklahoma di un metro e ottantadue, che ancora non conosce la differenza tra pinchos e tapas, o il fatto che gli spagnoli non cenano fino alle nove di sera. O Luc, da Bordeaux, che ha superato Thierry, suo padre, e sta lasciando minuzie di cioccolato ad ogni pietra miliare lungo la strada per incoraggiarlo.
Agguato al passo: Dopo 15 chilometri di salita ininterrotta, appare la pietra miliare di Roncisvalle attraverso la nebbia, e noi usciamo dalla strada per continuare a salire la montagna fino al passo di Bentarte e da lì al passo di Lepoeder, dove la tradizione vuole che i baschi sconfissero la retroguardia di Carlo Magno dopo l’attacco di Pamplona. Chiudi gli occhi e pensi per un momento di poter sentire le grida degli imboscati che accoltellano i migliori dell’esercito dell’imperatore. Da lì, la strada si immerge quasi verticalmente in un bosco di faggi verso Roncisvalle e la sua Collegiata, la prima oasi di un percorso che ha ancora 750 chilometri da percorrere.
Lì il priore Bibiano Esparza e altri quattro religiosi si occupano delle necessità spirituali di una trentina di villaggi, officiano la messa in cui vengono benedetti i pellegrini e curano il Santuario che custodisce i resti di Sancho VII, l’architetto della vittoria di Las Navas de Tolosa, le cui catene portano lo stemma navarrese. Bibiano ha trascorso tre anni tra Mattutino, Lodi e Vespri, assistendo con stupore a questo flusso di pellegrini, che stanno intraprendendo “un viaggio interiore che tira fuori il meglio dalle persone”.
Queste montagne non sono un luogo facile, per quanto Hemingway abbia passato del tempo nella vicina Burguete, sognando le trote del fiume Irati o all’ombra di Sorginaritzaga, il querceto delle streghe. I pellegrini riprendono la strada e si lasciano alle spalle villaggi pittoreschi come Espinal o Bizkarreta, per entrare in un mare di faggi, bossi e felci, dove la rugiada del mattino, la ‘rosada’, sembra scolpire gioielli nelle ragnatele che esplodono al tocco di un dito.
C’è un carosello di salite e discese, di case blasonate e allevamenti di bestiame, che ci porta in cima a Erro, dove un furgone alimentato da pannelli solari vende di tutto, dalle banane alla Red Bull e alle barrette energetiche. Dopo la batosta del giorno precedente, la camminata di oggi è un gioco da ragazzi. Quando il gorgheggiare del fiume Arga che scorre sotto il ponte di pietra arriva alle nostre orecchie, siamo già a Zubiri e Pamplona sembra a portata di mano. Accendo il cellulare per avere le ultime notizie e siamo tutti sbalorditi: hanno appena arrestato un pellegrino di Palencia ricercato dall’Interpol per un triplice omicidio in Brasile! “Diavolo, siamo tutti brava gente qui, vero?
Adattamento e libera traduzione Mauro Sala